Caro Babbo Natale,

Per questo Natale, il regalo migliore che si possa ricevere è di poter sognare, che è una declinazione del viaggio: ci spostiamo in un altrove nudi davanti al destino, in un luogo dove le convenienze cadono, e viviamo come i nostri antenati, soli e puri.

Sogniamo circa il 20% del nostro sonno, ovvero fra una e due ore. Se siamo disturbati durante questa fase, diveniamo nervosi. Il sogno è il segno della nostra predisposizione espressiva e artistica, a immaginare, a essere registi di una storia inventata.

Natale, sogniamo a occhi aperti

Sogniamo anche a occhi aperti: davanti a una piazza di De Chirico o a un paradosso di Magritte.

O davanti a un ghiacciaio, sulle rocce in alta quota, o in un abisso marino: su questa terra, ma in un paesaggio sovrannaturale, privo dei riferimenti abituali.

Sogniamo anche a occhi chiusi ma svegli, lucidi, razionali e pianificatori: il sogno della preparazione dell’alpinista: “La prima fase preparatoria di una salita è quella del sogno”. Come il titolo del libro di Mario Fantin, membro e cronista della spedizione italiana: “K2/Sogno vissuto”. O la Venezia oscura di Brodskij:

In notti simili è difficile addormentarsi, perché c’è troppa luce e perché ogni sogno sarà inferiore a questa realtà. Dove un uomo non fa più ombra, come l’acqua.”  

O

“Il contrasto fra il sogno e la realtà che non è affatto dannoso se chi sogna crede davvero al suo sogno, se osserva attentamente la realtà, se confronta le sue osservazioni con le sue fantasticherie, se, in una parola, lavora coscienziosamente per attuare il suo sogno. Quando vi è un contatto fra il sogno e la vita, tutto va per il meglio”.  Lenin!

O come la prosaica lattina di Coca Cola, composta di un 10% di liquido scuro e di un 90% d’immagine immateriale: il poter partecipare per qualche istante al sogno americano.

O come la forma estrema del sogno per Guido Ceronetti, che altro non è che la Donna.

Quella donna, o forse era il suo amante uomo, alla quale Shakespeare ha dedicato il miracoloso 43° sonetto:

Più chiudo gli occhi e più ti vedo bene
perché per tutto il giorno vedono senza amore
ma quando dormo nei sogni guardano te”
“ogni giorno è una notte a scrutare per vederti
ogni notte un giorno luminoso quando il sogno ti svela.”

Letteratura, un sogno guidato

Del resto, anche la letteratura non è che un sogno guidato. Ovvero: leggere un libro è una variante del sogno. 

Anzi, potrei chiederti in regalo un album di fotografie, perché per Proust

Non c’è grande differenza fra memoria di un sogno e memoria di una realtà.”

Quello che non ti chiedo Babbo Natale è di parlarti dei miei sogni, e nemmeno che altri condividano i loro. Ascoltare i sogni è una delle cose più noiose che possano capitare – ha detto qualcuno.

Eppure, non è sempre così. Ci sono sogni strani che mi sono stati raccontati in viaggio. 

Il sogno raccontatomi da un indiano: al quale appare un protettore che gli dice di andare alla stazione e prendere il primo treno, ciò che fa; arriva in una città dove per caso c’è un raduno religioso e chiede informazioni a un signore che ha proprio l’aspetto della persona in sogno. Si aggrega al gruppo, e diventa novizio nella setta. L’ho incontrato nel loro monastero.

Il sogno di un internato a Montelupo, OPG:

“Io la notte mi sogno di stare nei luoghi ove sono nato. Mi sogno delle belle ragazze, di fare dei viaggi in treno, di volare su un aeroplano. Non ho altro da dire”.

Il sogno di un afghano in Nuristan: incontrare Charlie Chaplin e avere la sua opinione sullo stato del mondo, per poi diventare attore in un’altra società e in un’altra lingua.

È che con i sogni non siamo mai sicuri. Come i veneziani che ridono e prendono in giro Marco Polo quando lui raccontava che i cinesi usavano denaro di carta:

“Figurati, con un pezzo di carta ci poi comprare qualcosa giusto in sogno”.

Siamo noi che sogniamo, o sono altri che creano i nostri sogni?

I morti, ad esempio, che li abitano, che entrano nel sogno come in una delle poche stanze che gli è permesso ancora di frequentare.

Sogno di mia moglie Paola: vede Bob, uno dei miei migliori amici e padrino della mia primogenita, che volando arriva da lei e la abbraccia. La mattina si sveglia e poche ore dopo apprende, da me, che Bob era appena morto a casa sua, a Key West, in Florida.

Oppure i sogni letterari.

Montale:

Una volta un vegliardo mi raccontò
di aver dormito lunghi anni accanto
a un cestino di fichi nella speranza
di ritrovarli freschi al suo risveglio.
Ma il sonno non durò anni 66
e il record dell’asino della leggenda
non fu certo battuto. nel cestino
più nulla di appetibile, formiche.
Ritenterò, mi disse di sospendere il tempo.
e scomparve nel sogno (se fu sogno
o realtà me lo sto chiedendo ancora).

Sogno di Borges: un uomo ordina a una cairota che abita in una casa con giardino, fontana e clessidra, di andare a Isphan perché troverà la fortuna. Dopo molte peripezie arriva a Isphan dove sveglia dei mercanti di notte e viene arrestato e picchiato dalle guardie. Al capitano dice: sono venuto perché un sogno mi aveva detto che qui avrei trovato la fortuna, e invece guardate cosa mi fate. E lui risponde che è uno stupido, che anche lui aveva sognato di andare al Cairo in una casa con un giardino una fontana e una clessidra, dove sottoterra avrebbe trovato un tesoro, ma che non dava reta a queste sciocchezze. Lui torna al Cairo, e nel giardino di casa sua trova il tesoro.

O il sogno dello Scimmiotto cinese, che ha un’incredibile serie di avventure mentre sogna: un lungo viaggio attraverso l’Himalaya, durante il quale uccide dei giovani che lo infastidiscono, per farsi perdonare salva dei pellegrini tuffandosi nelle  cascate più profonde, finisce in un palazzo da diecimila specchi ciascuno dei quali contiene altri specchi a immagine di tutto ciò che è contenuto nel mondo, si fa asceta e guerriero, burlone e badante dell’anziano monaco che accompagna, e molto altro. E tutto questo nel suo sogno, che dura il battito di due mani.

Insomma, l’antico sogno asiatico – e slavo – dell’interruzione del tempo.

Che è anche quello mistico del viaggio di Maometto nell’aldilà, raccontato nel sacro Libro della Scala: un viaggio in sogno che riempie di avventure un intero poema, ma che, ci assicura il profeta, è durato il tempo dell’acqua che cade dalla caraffa vicino al suo giaciglio.

I sogni sono un mondo talmente complicato che alla fine il tavolo si rovescia, lo specchio ci rimanda indietro: e non è importante quel che sogniamo, ma che quando non sogniamo è come se sognassimo.

Forever dreaming.

La vita è sogno – quindi. Come in Calderon de la Barca:

Il vivere non è che sognare. L’esperienza mi ha insegnato che l’uomo che vive sogna di essere quel che è, fino a quando si desta. Il re sogna di esser re, e così vive comandando, disponendo e governando; e l’applauso che riceve in prestito lo scrive nel vento, e la morte lo muta in cenere. Sventura immensa! È possibile che ci sia chi cerca di regnare, se sa che poi dovrà ridestarsi nel sogno della morte? Il ricco sogna le sue ricchezze che gli procurano affanni; il povero sogna di soffrire la sua miserabile povertà; sogna chi comincia a prosperare; sogna chi s’affanna a correre dietro agli onori; sogna chi insulta e offende. Tutti nel mondo sognano di essere quel che sono, anche se ne nessuno se ne rende conto. Che è la vita? Una frenesia. Che è la vita? Un’illusione, un’ombra, una finzione. E il più grande dei beni è poca cosa, perché tutta la vita è sogno, e i sogni sono sogni.

Prigionieri dei sogni? Da svegli e nel sonno?

Allora come l’angoscia di un altro sogno di Borges: il killer lo raggiunge dopo un inseguimento angoscioso. – Ora vi uccido, non avete la possibilità di sfuggirmi. – Si, un mezzo ce l’ho. – Quale? – Svegliarmi.

Svegliarsi – appunto.

Questo momento magico, lungo o istantaneo, del risveglio, del passaggio dal sogno alla realtà. Proust si chiedeva perché approfittando del sogno, “cercando il nostro pensiero, la nostra personalità, come si cerca un oggetto smarrito, finiamo col ritrovare proprio il nostro “io”, piuttosto d’un altro? Perché, quando ci rimettiamo a pensare, non accade mai che un’altra personalità diversa dalla prima si incarni in noi? Non si capisce che cosa guidi la nostra mano, e perché, fra i milioni di esseri umani che potremmo essere, mettiamo la mano esattamente su quello che eravamo prima. Che cos’è che ci guida, quando c’è stata una vera interruzione (sia per sonno assolutamente completo, che per sogni completamente diversi da noi)? C’è stata forse una vera morte, come quando un cuore ha cessato di battere e vien poi rianimato.

La risurrezione, al risveglio, dopo quel beneficio di alienazione mentale che è il sonno, deve somigliare in fondo a ciò che accade quando ritroviamo un nome, un verso, un motivo dimenticato. Forse la resurrezione dell’anima dopo la morte è concepibile come un fenomeno di memoria.”

Caro Babbo Natale. Perso tra questi viaggi onirici, ti chiedo allora la libertà del sogno, quella libertà che si apprende con una particolare difficile forma di meditazione indiana, accessibile solo ai più eletti, e che permette di raggiungere la facoltà di avere i sogni che si vuole.

Ma a quel punto, è ancora un sogno?

Il sogno che si vuole avere, non è più il sogno nostro malgrado, nel quale siamo innocenti.

Babbo Natale, tu che arrivi sempre nella notte,
lasciaci nella notte. Noi formati come gli attori della identica sostanza dei sogni, perché la nostra vita, non essendo che una parentesi tra un sogno e l’altro si può dire circondata dal sonno.

Lasciaci evitare le luci dell’alba.

Lasciaci che come Puck nel Sogno

inseguiamo, questo buio come un sogno, ché così ora siamo felici e contenti”.

Ma noi babbo natale i sogni spesso ce li scordiamo. Come accade a Nabucodenesor, che, ci racconta il Libro di Daniele,

sogna un sogno, che gli cade dalla mente, onde egli chiama gl’indovini, acciocché gliel tornino a memoria, e’ lo interpretino: ma essi non possono farlo, onde son da lui sentenziati a crudel supplicio.”

Siccome penso che neanche te sarai in grado di farmi tornare in mente i sogni fatti e dimenticati, Babbo Natale, non è questo che ti chiedo.

Meglio così.

Come il sogno di Pedro Henriquez Urena, che mai ricorderà il suo sogno perché il suo oblio è necessario affinché si compiano i fatti.

O come la poesia di una detenuta di Rebibbia:

Sogno o son desto?

Forse stamane ho aperto

Gli occhi troppo presto!

Sono sicura qualcosa ho sognato.

Ma ora che ci penso l’ho già

Dimenticato.

I veri sogni, sono quelli

Che faccio ad occhi aperti…

Allora Babbo Natale, il regalo che ti chiedo è di farmi sognare sogni che non ricordo, dunque di continuare a farmi sognare sogni che continuo a non ricordare. Solo così resteranno sogni.

Perché per realizzare un sogno è necessario dimenticarlo. Che equivale a non sognare.

Perché realizzare è non realizzare. Come chiedere un regalo a te, Babbo Natale, che non esisti, che sei a tua volta una declinazione del sogno.

Perché la vita – svegli o dormienti – è piena di paradossi, come le rose di spine.

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