Chi sono i logoumoristi ? E se i giochi di parole non rendono in traduzione? Quando è che un bambino inizia a capire l’ironia? Il mondo potrebbe essere più eco-sostenibile se riuscissimo ad empatizzare con il proto-umorismo delle balene?

Solo qualche goccia di una pioggia di domande assurde ad una conferenza di umoristi, tenutasi a Ravenna.

C’è chi va a Ravenna per la festa dell’Unitá o per la tomba di Dante, per la piadina o per la fama che precede i nomi degli Ostrogoti, una storia che unisce onomastica sfortunata a governi instabili, quelli della famiglia dell’ultimo imperatore romano, la cui povera nipote chiamata Pulcheria, guarda caso, fece voto di castità, e il figlio Graziano morì quando era bambino.

L’unica che si salva con il nome è Galla Placidia, la quale nella leggenda del naufragio di Ravenna era riuscita a non annegare in una città nata su una rava, una frana prodotta dallo scorrere dell’acqua; si sarebbe così aggiudicata un mausoleo con la volta stellata che ispirerà la canzone Night and Day del famoso jazzista Cole Porter, chi l’avrebbe mai detto.

Ravenna, città dell’umorismo

Insomma, dopo varie sfortune onomastiche, toponomastiche e, perché no, ambientalistiche, riesumata dai fanghi della recente alluvione, Ravenna si è scoperta esser anche una ridente cittadina, solare, da quando i portici, (im)portanti solo perché sono diventati patrimonio dell’Unesco, hanno indicato le Vie dell’umorismo in direzione di un gruppo di pensiero che ha avuto luogo in Via Berlinguer. Mi piace pensare all’intersezione delle vie e degli eventi casuali; quello era il nome di un leader di uno dei piú grandi partiti italiani di massa, nato da un gruppo delle Frattocchie. Ecco, con simili ambizioni e nomi bizzarri da un nucleare think tank poteva nascere anche un’associazione italiana di studi umoristici ?

Ma cosa sono gli humor studies ? Esistono meglio in versione inglese, sono interdisciplinari e flessibili, qualità che per ora in Italia suonano male e basse come ‘O Sarracino in versione polka di una fisarmonica in metro.  

Gli humor studies. Cosa sono e cosa studiano

Lo studioso di humor studies, una categoria la cui ambiguità, però, sinceramente, mi sconvolge meno di un influencer culturale ospite da Fazio, è un fuoricorso solo perché non ne ha uno; prende i treni in ritardo e arriva ai campus universitari lontani; curioso e aperto come un posto vacante, si lascia varie porte aperte, quando tutti gliele chiudono in faccia; non ha punti di riferimento nè più connotati, la sua facoltà umana è dislocata in varie sedi del corpo accademico, corre e si applica alla medicina, alla linguistica, alla giurisprudenza, alla filosofia, alla letteratura, alla psicologia, fino all’economia.

Per fortuna trova altri membri nell’ISHS, International Society of humor studies , un’organizzazione, luogo fisico e mentale che riunisce ricercatori di tutto il mondo (che, attenzione, non sono necessariamente umoristi, anche se sicuramente è più facile trovane di simpatici).

Io mi sono sentita membro (persona che appartiene ad un’associazione) perché al femminile, in quanto parte di un corpo, ne ho capito la funzione da quando l’ho unito agli altri e altre arti.

Photo by Arek Socha on Pixabay

Lo scorso 13 aprile, a Ravenna, l’altisonante Giovannantonio Forabosco, rigoglioso fuoriclasse ’88, ideatore della rivista RISU (Rivista Italiana di Studi sull’Umorismo) e direttore del CRU (Centro Ricerca Umorismo) ha promosso una giornata di incontro e di riflessione sulla ricerca e le applicazioni in materia di humor e dei suoi tipi, che cambiano sotto al sole o alla pelle dei popoli, ai colori della bile e agli altri fluidi che secondo la teoria ippocratica degli umori determinavano malattie e temperamenti umani e quindi, poi, lo spirito umoristico, che si può allenare. Con questi spiriti ho ritrovato il senso di quel nervo vago fondamentale alla regolazione di tanti importanti organi anche Istituzionali.

Con il patrocinio del Comune l’iniziativa è stata presentata e sostenuta anche dall’Assessore alla cultura Fabio Sbaraglia, anche qui, nome evocativo di chi vuole migliorare il mondo dai conflitti e dalle disgrazie ridendo e schierando psicologi, ricercatori, linguisti e professori (s)moderati dallo psicologo e clown dottore Alberto Dionigi, in un bell’Unesco.

Queste persone fanno capo ad un sistema nervoso che, con l’umorismo vuole essere meno irascibile, allentare i bulloni della seriosa Accademia per aprire al modello idraulico (plumbing humor) attraverso cui si liberava l’energia psichica in tensione. Lo humor è acqua, può servire a bere, (e in questo caso è vitale) ma può anche essere usata per lavarsi, dipende dalle funzioni più o meno importanti; lo psicologo Lorenzo Recanatini ha scoperto la sua potenzialità informativa e divulgativa sui banchi dell’università perchè fare vignette umoristiche sulle cose che studiava (e che ora potete vedere sulla sua pagina), era l’unico modo per fissare il contenuto e non distrarsi dalla lezione.

Carla Canestrari, professoressa di psicologia Generale all’Università di Macerata apre un corso accademico ad hoc sulla psicologia dell’umorismo e sulle sue traiettorie terapeutiche; la psicologa Linda Battilani studia la sua funzione nell’attaccamento e nella perdita, la professoressa di psicologia dello sviluppo e dell’educazione dell’Università del Sacro cuore di Milano, Annalisa Valle, chiarisce la percezione dell’ironia nei bambini rispetto agli adulti, come e quando si sviluppa.

Per non perdere l’utilità sociale e il suo potere comunicativo subentra il progetto ambizioso di Matteo Andreone, tra i fondatori dell’Accademia del Comico, come una balena gigante da installare nel porto di Mantova e nella quale le persone possano entrare come Pinocchio, in contatto profondo con la pancia di un animale che muore mangiando le nostre plastiche in mare. Le megattere e le balene grigie hanno un senso del gioco simile al nostro e coltivare la complicità con un animale per molto tempo temuto come il mostro marino del Leviatano, forse è la chiave per migliorare primo fra tutti l’ambiente e lo stato di natura dei rapporti tra esseri viventi prima di quello lavorativo di tutti noi colleghi nello stesso spazio grigio di cervelli strizzati?

Andreone, con Rino Cerritelli, scrittore e docente di humor terapia e businness, ha scritto il manuale: Una risata vi promuoverà, che fornisce le strategie creative dello humor nel mondo aziendale anche per i dirigenti, perché si sa, il rapporto tra colleghi e la capacità di stemperare i conflitti sono forse più importanti del lavoro stesso…

Il riso tradizionalmente fa ancora fatica a passare liscio; fin da Platone e Aristotele la risata era sintomo di sregolatezza o di prevaricazione sull’altro, e la disgrazia faceva ridere nella misura in cui dimostrava l’inferiorità di uno rispetto ad un altro (teoria della superiorità, ripresa da Hobbes). Le nuove teorie cognitive scoprono aspetti anche adattivi e benevoli dell’umorismo per la salute mentale. L’umorismo come meccanismo di autodifesa che ho scoperto doversi chiamare autoregolazione emotiva, come specifica la psicologa Evelina Savini, nei momenti stressanti (coping humor) allunga la vita perché la secrezione di endorfine sottrae alla depressione e al lento processo di una malattia. E la malattia del corpo come qualcosa di organico non si può continuare a concepire scissa dalla mente che ne fa parte e che lo influenza.

E i logumoristi ? Ho scoperto con la psicologa Paola Versari che  attraverso il senso dell’umorismo cercano il loro significato soggettivo di vita e sofferenza seguendo la scuola esistenzialista Frankliana. Frankl era uno psicologo sopravvissuto ai campi di concentramento che nel suo saggio Uno psicologo nei lagher ha teorizzato l’autotrascendenza come modo di realizzarsi uscendo da se stessi e l’autodistanziamento per ridere di se stessi, anche nella pagina più traumatica della Storia umana, causata dalla degenerante condizione di chi non trova la sua identità e pensa di costruirla con l’annullamento di quella dell’altro.

Le parole hanno un peso tanto quanto i jokes, il black humor e il gallows humor, (l’umorismo da patibolo), ma la questione è troppo complessa per dirla in un articolo e nel gioco dell’impiccato basta una lettera di troppo. Delia Chiaro, docente di Lingua e Tradizione all’Università di Bologna ed ex presidente dell’international society of humor studies si interroga su come si possa tradurre, ad esempio, il termine inglese entitled con uno che se la tira o uno sborone, e se non c’è una corrispondenza che renda l’idea con la lingua… allora è meglio occuparsi del più sensato ruolo di questo muscolo… assaporare il cibo e il disgust humor

Ma rimaniamo figli del Logos e del rapporto tra l’Io e l’Ex di Freud? L’oralità passa oggi grazie a Iliad l’operatore telefonico di Omero o le persone si ritrovano meglio fisicamente nell’Alloggio alla follia di Erasmo da Rotterdam?

Questi solo alcuni titoli delle copertine farlocche che potete trovare nella pagine Facebook di La mascherina di Godot, creata da Paolo Vanini e altri amici nel lontano marzo d.C, dopo il Covid che ha rivoluzionato la nostra Era e altri dei, che a mali estremi si ubriacano con un alcol di bassa lega, fatto di buon spirito di patate.

Così a Ravenna ho potuto dare un nome a questi umoristi meno anonimi, e ho dato un volto a persone serie la cui estrema competenza non era aderente a un’espressione infelice per definire chi è esperto e affidabile nel suo campo, senza considerare il valore aggiunto di chi è anche solare, oltre che pieno d’acqua e bile.

Energici e carichi come pannelli, pronti a irradiare tanti raggi d’azione in iniziative, eventi e nuove prospettive umoristiche, siamo pronti ad uscire vivi e vegeti da una balena autoironica.

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