‘Mai, raramente, a volte, sempre’: il film che indaga il tema dei movimenti pro-life
Vi racconto il pluripremiato film di Eliza Hittman, uno spaccato sulla vita delle adolescenti statunitensi nell'epoca dei movimenti pro-life.
Vi racconto il pluripremiato film di Eliza Hittman, uno spaccato sulla vita delle adolescenti statunitensi nell'epoca dei movimenti pro-life.
Negli ultimi anni la legge sull’aborto ha subito attacchi feroci sia in Italia sia all’estero.
Tra le democrazie occidentali, spicca il caso degli Stati Uniti, dove in molti Stati si rischia persino la galera, anche in caso di stupro e pericolo per la madre.
Il giornalista John Oliver, nella sua trasmissione The Last Week aveva spesso denunciato questo problema, mostrando come le cliniche pro-life si spaccino sugli elenchi telefonici e in rete, come cliniche pro aborto.
Nelle ultime settimane, poi, è trapelata la notizia secondo la quale la corte costituzionale intende cancellare l’aborto e dare libertà ad ogni singolo Stato degli Usa. Il che significa, che se si vive in uno Stato con amministrazione democratica, allora si può abortire. Se invece si vive in uno Stato con amministrazione repubblicana, no.
Ne parla molto bene il film Mai, Raramente, A Volte, Sempre, uscito nel 2020, scritto e diretto da Eliza Hittman. Questa delicata pellicola vinse l’Orso D’Argento per il premio della Giuria al Festival di Berlino 2020, oltre ad una valanga di altri premi.
Ambientata nella rurale Pennsylvania, che pare uscita da un documentario dell’ottocento, narra di due adolescenti, Autumn e Skylar, alle prese con i primi amori e le prime esperienze sessuali.
Autumn ha il volto dell’esordiente Sidney Flanigan, che colpisce con i suoi grandi occhi, verdi e malinconici, che paiono cercare comprensione e abbracci e spesso, invece, ricevono porte in faccia e giudizi.
La ragazzina si presenta in piccolo bar locale a cantare – dimostrando di avere pure una bella voce – solo che il testo osa raccontare le molestie subite. E quindi? Quindi dal pubblico si eleva il maschietto moralista che le lancia un epiteto molto volgare. Perché se subisci molestie è colpa tua, ovviamente.
Basta questo per farci capire in che tipo di atmosfera sono costrette ancora a vivere le adolescenti in certi Stati.
La scrittura di Eliza Hittman è sferzante eppure il suo film non è mai prolisso né pedante, anzi, questo perché il suo tocco è delicato, leggero eppure brutale.
Le due attrici protagoniste, poi, l’aiutano non poco, sia la già citata Sidney Flanigan, che Talia Rider, interprete della cugina di Autumn, Skylar.
La loro chimica, infatti, è perfetta e ci mostra la vera sorellanza tra donne in circostanze durissime.
Autumn scopre di essere incinta così telefona alla clinica vicino a casa sua, nella speranza di poter ricevere aiuto. Purtroppo per la ragazza questa clinica è una delle migliaia prolife che si spaccia per pro aborto.
Ora tralasciamo anche il fatto che ci vuole un bello stomaco a definirsi pro-life, quando, rifiutando di far abortire le donne, spesso le si condanna a morte.
Non dimentichiamo che questi soggetti hanno spesso messo bombe alle cliniche pro aborto. Sempre per la storia che sono a favore della vita.
Arrivare a spacciarsi per cliniche pro aborto, per poi ossessionare le donne, facendole sentire degli escrementi umani, se osano anche solo pensare di abortire, è a dir poco ributtante.
Come si vede anche nel film, Autumn viene letteralmente stalkerizzata dalla dottoressa della clinica, che continua a tempestarla di chiamate nella speranza che non “commetta un omicidio”. Disgustoso a dir poco.
Skylar, invece, rendendosi conto della situazione di Autumn, arriva a rubare parte dell’incasso del fastfood dove entrambe lavorano, per pagarsi il viaggio fino a New York, dove è possibile abortire.
Il viaggio in pullman è relativamente breve, i problemi sorgeranno una volta arrivate nella Grande Mela. Skylar e Autumn saranno infatti costrette a pernottare nella metropoli, cosa non prevista, perché solo alcuni ambulatori specifici consentono l’anonimato.
Le due passeranno due notti sulla metro, cercando di ridere e scherzare, tirando fuori la forza tipica dell’adolescenza mentre la madre di Autumn la cerca disperatamente.
All’ambulatorio la ginecologa farà ad Autumn alcune domande, le cui possibili risposte sono proprio il titolo del film. Le domande sono sulle molestie ricevute.
Autumn risponderà in maniera dolorosa, arrivando a piangere, dimostrando che finora, nessuno, si è occupato di darle piacere ma solo di usarla come oggetto di piacere.
Vogliamo essere soggetti e non oggetti, ma perché noi donne siamo troppo spesso oggetti e mai soggetti?
Perché è così difficile capire che anche noi siamo esseri pensanti, pieni di emozioni, desideri e passioni e non siamo al servizio del maschietto di turno?
Vedere l’empatia della dottoressa e di Skylar mi ha fatto pensare che, malgrado tutto, nonostante abbiamo chi ci riesce a capire e farci sentire amate per quello che siamo.
Abbiamo tutte bisogno di dottoresse come quella dell’ambulatorio e per fortuna esistono.
Abbiamo tutte bisogno di amiche come Skylar e la sorellanza tra donne esiste.
Abbiamo bisogno di avere vicino a noi un partner, maschio o femmina non importa, che ci faccia sentire amate, che ci faccia sentire soggetti e non oggetti.
E voglio credere, come lo crede Autumn, che esistano persone così. Potete vedere il film di Eliza Hittman qui sotto: