Nonostante i progressi degli ultimi anni, le mutilazioni genitali femminili continuano a minacciare milioni di donne e bambine in tutto il mondo. Un problema che riguarda anche l’Italia e che, secondo le stime, è destinato a peggiorare.

Non c’è nulla di più sconvolgente del trovarsi di fronte a pratiche antiche e disumane che ancora resistono nel XXI secolo. Tra queste, le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono forse uno degli esempi più eclatanti di come la tradizione, mascherata da cultura o religione, possa diventare il mezzo attraverso cui si perpetuano violenze indicibili contro donne e bambine. Sì, perché la MGF non è altro che una violenza fisica e psicologica legalizzata da un sistema che, in molti paesi, si rifiuta di ammettere l’orrore a cui sottopone metà della sua popolazione.

Mutilazioni genitali femminili, i numeri

Parliamo di cifre spaventose: oltre 200 milioni di donne nel mondo hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale, una procedura che va dalla rimozione parziale o totale dei genitali esterni fino all’infibulazione, che consiste nella cucitura quasi totale dell’apertura vaginale. Numeri che spaventano, numeri che dovrebbero far sollevare il mondo intero in un coro unanime di condanna. Eppure, accade l’esatto contrario. In oltre 30 Paesi, la maggior parte situati in Africa, le MGF sono non solo diffuse, ma persino giustificate.

MGF: la violenza patriarcale mascherata
da tradizione

Come è possibile che nel 2024, in un mondo che si professa civilizzato, esistano angoli del pianeta in cui mutilare una donna venga considerato un atto di normalità? La risposta è complessa, ma non per questo accettabile.

Anzitutto, va detto che la mutilazione genitale femminile non ha alcuna giustificazione medica. Non c’è un singolo beneficio sanitario per chi subisce questa pratica. Anzi, le conseguenze sono devastanti: infezioni croniche, dolori lancinanti, complicazioni durante il parto, e un impatto psicologico devastante che spesso accompagna le vittime per tutta la vita. Eppure, nonostante questo, le MGF continuano a essere praticate sotto il mantello di motivazioni che con la medicina non hanno nulla a che fare.

La cultura e la religione vengono spesso chiamate in causa per giustificare l’ingiustificabile. Si parla di rito di passaggio, di purezza, di onore. Si crea un immaginario in cui una donna non mutilata è impura, non degna, non presentabile alla società, condannata a una vita di emarginazione. Ma la verità è che si tratta di un atto di sottomissione, una forma di patriarcato primitivo travestito da rito di passaggio.

Un crimine umano che il mondo
non può ignorare

Ogni anno, oltre tre milioni di giovani donne, spesso bambine, subiscono una violenza indicibile: la mutilazione genitale femminile (MGF). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si tratta di una pratica che riguarda prevalentemente le ragazze tra l’infanzia e i 15 anni. Una cifra che da sola dovrebbe bastare a scuotere le coscienze globali, ma che, se contestualizzata, diventa ancora più inquietante. Nel 2023, in Italia, una ricerca condotta dall’Università Bicocca di Milano ha rivelato che quasi 88.000 donne vivono le conseguenze di questa barbarie sul proprio corpo.

Eppure, nonostante i proclami, le risoluzioni e le promesse di progresso, la strada verso l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili appare ancora lunga e tortuosa. Se da un lato ci sono stati dei timidi avanzamenti, dall’altro i numeri raccontano una storia diversa. Come riportato da OnuItalia, entro il 2030, la cifra delle donne e bambine sottoposte a questa violenza crescerà fino a raggiungere i 4,6 milioni. Un aumento che contraddice ogni promessa di tutela dei diritti umani, della salute delle donne e della parità di genere, obiettivi centrali dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Il dottor Ian Askew, direttore del Dipartimento per la salute e la ricerca sessuale e riproduttiva dell’OMS, ha espresso con chiarezza il problema:

Le mutilazioni genitali femminili non rappresentano solo un catastrofico abuso dei diritti umani, che danneggia in modo significativo la salute fisica e mentale di milioni di ragazze e donne; sono anche un prosciugamento delle risorse economiche vitali di un paese”.

L’abolizione della mutilazione genitale femminile non è un obiettivo irraggiungibile. È una questione di priorità. Fino a quando le vite di milioni di donne continueranno a essere sacrificate in nome di tradizioni e ignoranza, la nostra società non potrà dirsi davvero civile. Ogni anno che passa, ogni bambina che subisce questa violenza, rappresenta un fallimento collettivo che nessuna agenda internazionale potrà mai cancellare.

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