Rapper in anonimo, che ha reso fashion le mascherine senza saperlo, Disco d’Oro 2022 con Finimondo, tormentone campionato di una delle primissime hit di Edoardo Vianello, Myss Keta torna a far cantare e ballare i fan con questa nuova data nella sua stessa città (biglietti disponibili qui). Il 2 giugno, invece, sarà a Como e il 15 luglio a Bergamo, mentre l’11 agosto volerà ad Amburgo, al Festivalgelände.

Icona del femminismo queer, parla in terza persona, perchè Myss Keta è un progetto artistico e lei l’artista performer. Scrive versi dissacrante e provocatori, ha uno stile tra il pop, il punk e l’hard. Paradossale, controversa, compromessa – dice di se stessa – e il dissenso fa parte della sua natura.

I testi irriverenti di Myss Keta

L’immaginario è quello del clubbing e, anche per questo, sesso, droga e techno sono le tre direttrici che spesso ritornano nei suoi testi: ma i role-model sono completamente riscritti. Nel suo modo irriverente, di fatto fa politica, declinata come nuova sostenibilità sociale: le sue performance mettono in scena femminismo e lotta al patriarcato, queerness, uniqueness, body shaming, e il linguaggio è un punk rivisitato in chiave pop.

Amatissima dal pubblico ma anche dai colleghi, nel suo secondo album, Paprika, pubblicato nel 2019, di ispirazione trap, ha invitato a collaborare Gué Pequeno, Wayne Santana della Dark Polo Gang, Elodie, Gabry Ponte e Mahmood: interessante anche la sua esibizione lesbo a Sanremo 2020 (dove ha condotto L’altro Festival), con Elettra Lamborghini, nella cover del cult Non succederà più, di Claudia Mori e Adriano Celentano.

Subito dopo, tra il 2020 e il 2021 arriva un EP, Il cielo non è un limite, mentre nel maggio scorso esce l’album Djungle di TY1, che raggiunge la sesta posizione della classifica FIMI.

A giugno 2021 è uscita la seconda stagione del programma televisivo Celebrity Hunted: Caccia all’uomo (Prime Video), di cui Myss Keta è stata concorrente e vincitrice insieme alla collega e amica Elodie.

Quello che potremmo definire il manifesto dell’artista è racchiuso nel suo primo album (2018), Una vita in capslock, dove le tematiche sociali sono già esplicite e anche la sua ribellione al sistema:

«Myss Keta parla, scrive e vive in capslock. La titletrack è una vera e propria dichiarazione. Un testamento per sfuggire alla quotidianità dell’era post-moderna».

Usando suggestioni estetiche anni ’90 e allusioni al pop, dal punk e alla trap, ma anche al cabaret, al trash, al camp e al kitch, insieme al registro satirico, ironico e sarcastico, emerge un’artista unica nel suo genere, paragonabile forse al primo Andy Warhol o Lindsay Kemp, in salsa Loredana Bertè, che l’artista infatti ammira.

Adoro questa xenofemminista, come la chiama Eugenia Romanelli nel suo articolo, di statura culturale robusta, tanto che Massimo Bray e Nicola Lagioia l’hanno ospitata in Treccani riconoscendo ai suoi testi ironici, alla sua capacità di rompere i luoghi comuni, la forza di rappresentare una fra gli artisti più importanti di questo decennio.

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