In un mondo in cui perseguire la propria passione come missione di vita pare la diretta alternativa a certezze e stabilità economica, chi intraprende questa via e sceglie di farlo contando solo sulle proprie forze appare senza dubbio un folle da ammirare.

Sappiamo tutti che la realtà della musica elettronica, così come della musica in generale, per quanto attraente, è precaria e affollata e, come ogni mercato che si rispetti, sottostà a delle logiche per cui i compromessi sono il pane quotidiano.

È una scala a pioli in cui ogni asse va condiviso con altri matti pieni d’audacia che cercano di salire, ma più ci si avvicina alla meta più i pioli sono stretti e, divorati dalle termiti, spesso si sbriciolano sotto il peso di chi rischia. Qualcuno cade qualcuno resta; ma cos’è a determinare chi?

Senza rifletterci troppo verrebbe da dire che resta chi sa vendersi. D’altronde nell’era dei social media esisti se ti mostri, nell’ombra fai ben poco, anzi devi cercare di essere appariscente, così prima sarai visto, prima sarai ascoltato e quindi ricordato.

Svariati sono gli esempi di dj oggi affermati, preparati e di talento, che hanno saputo farsi strada puntando sull’immagine, basti pensare a Peggy Gou, di gran bella presenza e dagli abiti dai mille colori, a Nina Kraviz o Amelie Lens, due ex modelle che sono approdate in consolle tenendo testa con grande determinazione ad un mercato tipicamente maschile, o anche l’etichetta Afterlife, che ha puntato sul simbolo del corpo umano appeso a testa in giù, al punto che ormai è un marchio di riconoscimento, vedi quell’immagine e stai sereno, già sai cosa ti aspetta.

Quello dell’apparenza visiva è un canale lecito per inserirsi nel mercato, che richiede a ognuno di sfoderare le proprie armi. Se però non si volesse puntare sull’immagine? Anche questo è lecito, ma la strada si fa più irta, i pioli della scala iniziano a sbriciolarsi già dai primi passi.

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Eppure c’è chi questa scelta l’ha fatto e ha optato per un’integrità e una coerenza di percorso molto anacronistica per i tempi che corrono.

Si tratta dei 999999999, da pronunciare Nine Times Nine. Sono due ragazzi italiani, Carlo B. e Giovanni C., che producono principalmente hard techno ormai dal 2016, anno in cui è uscito il loro primo EP 000000002.

Il loro sound spazia dalle sonorità della musica rave anni ’90 a quelle dell’acid techno old school, e X0001000X ne è la prova.

La loro filosofia come artisti è quella di far parlare la musica. Hanno dichiarato in un’intervista di qualche anno fa di aver preferito l’ombra all’esporsi in prima persona.

Non hanno mai usato campagne social e per i primi anni hanno puntato tutto sulla loro label NTN (NineTimesNine), mentre solo ultimamente hanno prodotto alcune tracce per altre etichette e collaborato con altri artisti.

Credono nella loro musica e nella loro passione, non come mezzo per raggiungere il successo, ma come entità che esiste da sé e per sé. Vogliono condividere ciò che creano, mantenendo un’umiltà di fondo non tanto comune, e i risultati continuano ad arrivare.

I 999999999 sono infatti tra gli artisti techno italiani che più velocemente stanno conquistando palchi nel panorama elettronico europeo e mondiale. Sono passati con rapidità sconvolgente dal suonare in piccoli club underground ai grandi festival europei, fino a spopolare anche oltreoceano.

Stando alle dichiarazioni di qualche anno fa, tutto ciò sembrava un sogno e non avendo scelto il percorso convenzionale che si impone solitamente a due artisti emergenti, nonostante la loro dedizione, la vetta da raggiungere poteva apparire un miraggio.

E invece sono stati l’esempio vivente di come le logiche del mercato odierno non sempre abbiano la meglio. Con determinazione, hanno mantenuto i loro ideali, la loro personalità e indipendenza, che nell’ambito dell’elettronica è merce rara, e stanno procedendo nella scalata a tutta birra.

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Le produzioni su vinile ammontano a una manciata di EP, dal 2020 sono passati anche al release digitale, forse dovuto all’impennata della domanda.

Ad ogni modo l’ambiente naturale dei 999999999 è il live, sempre, dentro e fuori dallo studio. Le parole d’ordine sono improvvisazione, spontaneità, irriproducibilità. Ogni esperienza che offrono è singolare, sembra proprio l’opposto della mentalità social di oggi, un inno all’immanenza.

Per quanto riguarda i loro eventi live è tutt’altra storia, altro che una manciata, hanno un’agenda fittissima. Domenica 17 aprile saranno sul palco dell’Awakenings Easter, ad Amsterdam.

Il 24 aprile sarà la volta del Cocoricò di Riccione che li ospiterà live all’interno del Galactica Festival.

A fine maggio volano in America, da El Paso a Detroit per partecipare al Movement Festival. Poi a Londra, al Junction Festival. Ne ho indicati solamente alcuni, ma in realtà ogni giorno sono in uno Stato diverso, in una città diversa, in un club diverso.

Nonostante siano molto richiesti in eventi di grande portata, i 999999999 restano comunque fedeli alla club culture e si esibiscono anche in locali più piccoli o meno noti, come il Rashõmon a Roma, uno dei pochi locali underground rimasti nella scena notturna romana, dove hanno suonato venerdì 8 aprile.

Io purtroppo non ho potuto partecipare, ma so da alcuni fortunati amici che erano lì, che quei due “hanno tirato giù i muri”, hanno dato vita a una gran festa, facendo ballare forte tutti e riempiendo quel piccolo bunker di una carica indicibile… Evviva la spontaneità, evviva la condivisione, evviva la musica techno, evviva i 999999999!

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