La liberazione animale, soprattutto nei primi anni duemila, ha vissuto una stagione di intensa azione diretta. Le azioni dell’Animal Liberation Front erano all’ordine del giorno: danneggiamenti e sabotaggi ai danni di strutture legale allo sfruttamento animale, come laboratori di sperimentazione, circhi, zoo, allevamenti di animali da pelliccia, allevamenti di animali da carne e mattatoi. E, soprattutto, liberazione di animali prigionieri.

Talvolta queste azioni avvenivano in supporto a campagne di contrasto alle industrie dello specismo, come SHAC, altre volte avevano come fine quello di salvare delle vite altrimenti senza speranza, di mostrare all’opinione pubblica la realtà della violenza sui non umani e di danneggiare concretamente le imprese che su queste vite lucrano. Ma sempre ispirate al rifiuto della violenza su persone o animali, ammettendo invece il danneggiamento di oggetti inanimati. E in ogni caso condotte all’insegna dell’organizzazione informale. Quella dell’ALF è sempre stata, infatti, una sigla-non-sigla, più che un’organizzazione un metodo utilizzabile da chiunque ne condividesse i principi base. E questo aspetto, oltre a testimoniare di un forte legame con i movimenti anarchici, ha impedito per lungo tempo di incorrere nella repressione, nonostante l’accusa di “terrorismo” sia stata utilizzata in diversi paesi, con tanto di leggi speciali, e nonostante non siano mancati processi e condanne molto severe.

Questo tipo di attivismo non è mai scemato del tutto, anche se in quegli anni una vera e propria onda di azioni dirette è partita dai paesi anglosassoni per dilagare anche altrove. Ne è testimone, in Italia, il libro di Antonio Roberto Budini, Il salto. Spunti di analisi e critica sulla tematica animalista (edizioni Anarchismo). L’impatto dell’azione diretta è stato tutt’altro che trascurabile. Per esempio, se adesso gli allevamenti di visoni nel nostro paese sono sostanzialmente un ricordo del passato, lo si deve soprattutto a un ciclo di liberazioni che ha messo in ginocchio i principali siti di questa terribile attività.

copertina de Il salto

In questo contesto in cui questo tipo di azione diretta non è più il cardine dell’attivismo antispecista, esistono comunque esempi promettenti, come quello del gruppo 269 che nei giorni vicini a Pasqua ha occupato un mattatoio in provincia di Viterbo, liberando diversi agnelli destinati alla morte e bloccando per oltre otto ore le attività del centro di uccisione e smembramento.

Azione diretta a fumetti!

L’azione diretta può essere un discorso incredibilmente semplice da comprendere, una modalità di agire senza mediazioni di fronte all’ingiustizia, e al tempo stesso una serie di pratiche con implicazioni tremendamente complesse. Un fumetto uscito di recente ne racconta i punti più interessanti in modo chiaro e coinvolgente. Nessun dorma. La rivolta arriva dal bosco è stato scritto da Violinoviola per Bookabook nel 2024.

copertina di Nessun dorma

Nessun dorma narra la storia di un gruppo di liberatori/trici, prendendo le mosse da quel particolare momento che moltə di noi hanno vissuto in prima persona che costituisce il passaggio dall’indignazione all’azione. Nella parole della protagonista, che ha appena visto un filmato sulla violenza dell’industria dello sfruttamento animale:

A me non va più bene.

Non voglio più fare finta di niente

p. 8

Parole semplice, dirette, che segnano l’inizio della mobilitazione, che da individuale si fa rapidamente collettiva e, da umana, si fa interspecie. Violinoviola, infatti, riesce a rappresentare la resistenza animale in modo immediato, immaginando un collettivo costituito da individui di varie specie oppresse, in cui gli umani presenti sono semplicemente animali fra gli altri. Accomunati dalla volontà di reagire a un’ingiustizia.

Le implicazioni delle azioni progettate e portate a termine da questo gruppo toccano diversi piani, mettendo a nudo le dinamiche del sistema specista.

Lo specismo come ideologia

In particolare, gli animali non umani rinchiusi negli allevamenti non sono tenuti prigionieri soltanto dalle gabbie materiali. Quando Jane, Achab, Loki, Maria e lə altrə irrompono nella notte in questi lager devono affrontare anche la pervasività del discorso specista, un’ideologia che agisce su più fronti.

In primo luogo, chi, come l’ALF nella realtà degli ultimi decenni, si ribella concretamente alla violenza, viene tacciato di “estremismo” o, peggio, di essere “terrorista”. E la macchina della propaganda è potente, convincente, dotata di enormi risorse finanziare e retoriche. Fra queste, emerge – anche in questo caso in modo semplice ma non banale – il discorso della “carne felice”. L’espediente retorico del “benessere animale”, degli allevatori che amano le loro bestie, della vita di campagna, e così via si rivela un’arma davvero pericolosa, come parte del movimento antispecista denuncia da diversi anni.

Un’altra strategia propagandistica messa in luce in modo magistrale è quella del ricatto occupazionale: i “terroristi” mettono in pericolo migliaia di posti di lavoro. In generale, tutte le strategie discorsive dell’industria della carne emergono con una certa amarezza: ciò che sembra una palese ingiustizia – uccidere e smembrare i corpi di qualcunə che non ha fornito il proprio consenso – diventa un diritto reso sacro dal sistema capitalista, una forma del diritto d’impresa.

Un messaggio di lotta

E allora, accanto agli strumenti della propaganda, si scatena la repressione più brutale, che il gruppo dovrà affrontare costringendo chi legge a riflettere sulla tragica somiglianza fra le gabbie di un allevamento e le sbarre di una prigione.

Pur nelle difficoltà qui evidenziate, il messaggio di lotta di Violinviola lascia aperte molte prospettive, mettendo in scena anche la mobilitazione pubblica, la solidarietà di piazza, la presa di parola a fianco di azioni che, di fronte a leggi ingiuste, non possono che essere illegali. L’azione diretta esprime dunque le sue mille facce: atto di liberazione concreta di singoli individui, ma anche propaganda col fatto, in grado di risvegliare le coscienze e il senso critico.

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