Un giorno di oltre 60 anni fa l’americana Ruth Handler guardava la figlia giocare con delle bambole di carta, figurine ritagliate dalle foto delle riviste. Si accorse di quanto, alla piccola, piacesse dare alle bambole dei ruoli da adulti. Dovete sapere, infatti, che negli anni Cinquanta tutte le bambole avevano un corpo da bambina: la figlia di Ruth, con i suoi ritagli, stava capovolgendo completamente i ruoli. E così, a mamma Ruth venne l’idea di creare una bambola con il corpo da adulta: le bambine avrebbero potuto giocare a fare le grandi, non più le bambine. Sua figlia Barbara, dal cui nomignolo è poi derivato il nome di Barbie, giocava proiettata nel futuro. Una bambola adulta avrebbe funzionato. E così è stato: alzi la mano chi non ha mai giocato con una Barbie da piccola!

Melisa Wallack, nominata all’Oscar per Dallas Buyers Club, ha scritto poi la sceneggiatura del biopic dedicato alla donna inventrice della Barbie, tratto dal suo libro di memorie Dream Doll: The Ruth Handler Story.

Ma dietro a questa bambola adulta non ci sono solo donne, dietro la Barbie c’è molto di più. La sua immagine irreale e perfetta ha incarnato i sogni e le aspirazioni di intere generazioni e ha saputo rivoluzionare a 360° i criteri performativi e sociali della femminilità. Alta, bella, bionda, curvilinea, capace di ogni impresa. Iconica. Eternamente giovane. Imperfetta per la realtà, ideale per i sogni. Allo stesso tempo però per quelle stesse caratteristiche che la rendevano — e rendono — iconica, Barbie negli anni è stata oggetto di molteplici accuse e proteste di molti, soprattutto molte, che hanno visto nella sua immagine quella di una donna schiava di un immaginario maschile, costretta a essere perfetta per appagare le richieste della società. È stata celebrata attraverso alcune pagine del libro scritto da Valeria Arnaldi Barbie, la Venere di plastica che smonta la narrazione di modello di femminilità schiava di un immaginario maschile, per rovesciarla in una lettura che rimette la donna al centro di tutte le nuove narrazioni.

Barbie è nata dal desiderio di una madre di proporre un giocattolo diverso alla figlia per permetterle di immaginare il suo futuro. Non si diverte più giocando a farsi mamma di un bambolotto, le piace immaginarsi grande, bella, di successo. Felice. Ecco cosa Ruth vede nel gioco della figlia ed ecco cosa offre alle bambine della sua generazione e, in realtà, poi a molte più di quelle: la possibilità di inventarsi un domani differente da quello che la società suggerisce, di fatto impone, loro. Non dovranno necessariamente diventare mogli e madri, potranno crearsi una carriera e, a giudicare dalle infinite professioni che intraprenderà Barbie, potranno seguire sogni, ambizioni e fantasie, certe che, come suggerisce quella felicità di plastica rosa, saranno sempre coronati da successo. Normale che le bambine se ne lascino conquistare. Normale che adolescenti e giovani cerchino di somigliarle.

Per estirpare il pregiudizio dall’immaginario collettivo occorre però lavorare sui più giovani. Raccontando loro una realtà alternativa, mondata da pregiudizi e luoghi comuni. Ed ecco che anche l’universo del gioco si fa strategico. Nel 2017 Barbie Shero lancia la collezione Inspiring Women in occasione della Giornata Internazionale della Donna. Grandi donne del passato, come l’aviatrice Amelia Earhart, prima pilota ad attraversare l’Oceano Atlantico in solitaria e prima donna ad attraversare prima gli Stati Uniti prima e poi l’Oceano Pacifico; oppure Katherine Johnson, matematica, informatica e fisica che ha abbattuto le barriere di genere all’interno della NASA. Ma anche grandi modelli del presente che continuano ad ispirarci e a farci sognare, come Chloe Kim, medaglia d’oro olimpica nello snowboard ad appena 17 anni, la campionessa di boxe Nicola Adams, l’ambientalista Bindi Irwin, la regista di Wonder Woman Patty Jenkins, o l’italiana Sara Gama capitano della Juventus e della nazionale di calcio femminile.

Infine, menzione speciale va a Samantha Cristoforetti, la grande donna che ha portato l’Italia tra le stelle. Lo scorso anno, in occasione della Giornata internazionale delle Bambine e delle Ragazze, Barbie ha scelto lei come rappresentante e modello d’ispirazione, dedicandole la Barbie Ooak (One of a kind). Samantha è stata scelta per far accrescere la consapevolezza nelle future donne che possono essere tutto ciò che vogliono. Cristoforetti è pilota e ingegnere ed è la prima donna italiana ad essere presente negli equipaggi dell’ESA.

E allora, se vostro figlio giocherà con queste Barbie, non preoccupatevi, anzi. Siatene fiere. In America hanno già trovato una definizione ad hoc: bambini di genere non conforme. Un po’ asettica, ma rende l’idea del fenomeno. Alcune aziende di giocattoli hanno affrontato il problema: nel 2015 Target ha smesso di etichettare i giocattoli a seconda del genere e nel Regno Unito c’è la campagna let toys be toys che chiede ai rivenditori di levare le categorizzazioni. Lasciare che i ragazzi giochino con le bambole aiuta a rompere le limitazioni di genere. Molti genitori pensano che i loro figli diventeranno effemminati giocando con le bambole in tenera età, ma non è così. Invece di tormentare i ragazzi con giocattoli che promuovono l’aggressività (come ad esempio pistole, fucili e giochi che simulano la guerra e le attività dei soldati) limitando la loro esposizione ai giocattoli che promuovono la cura e la costruzione di relazioni, perché non dargli la possibilità di fare entrambe le cose? Se lo facciamo, forse dopo un paio di generazioni vedremo ragazzi e ragazze che possono essere chiunque e qualunque cosa vogliano essere, forti adulti equilibrati e allo stesso tempo gentili educatori.

Ora bisogna solo dirlo a Ken.

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