Finite le feste si mettono via le decorazioni, si smontano gli alberi, si archiviano nelle scatole le statuine del presepi. A queste ultime, in tempi di così tante quarantene e isolamenti, è stata affidata la possibilità di viaggiare perché pur nella sua staticità plastica, il presepe è un viaggio, e accedendo a questo mondo in movimento (la nascita è la più gloriosa messa in movimento, è l’avvio di un lungo cammino) siamo possibilmente migliori, e sicuramente più liberi. 

È una possibilità che non si elide con il Natale, perché la cultura del presepio dura tutto l’anno, distendendosi per tutta l’Italia – ma oltre confine pure. Esiste una associazione che è a suo modo un socio di Rewirters: si chiama Associazione Italiana Amici del Presepio, ed è un movimento culturale che a suo modo riscrive la realtà interpretandola come un sincretismo di artigianato popolare, viaggio fermo, teatro in miniatura, e fede. Sul suo sito, vi è una rassegna regione per regione di tutti i musei locali dedicati al presepio, delle collezioni private accessibili, e sorprenderà l’estensione e l’apertura tutto l’anno di una passione che molti credono solo privata e natalizia. Incontrare altri presepi nel corso dell’anno sarà una strada per proseguire la festa, e per conoscere un aspetto rivelatore di paesi e tradizioni locali, sempre nel quadro di un meta-progetto trans-culturale come il presepio. 

Incontreremo anche i veri eroi ai quali il popolo ha tributato l’estremo onore: ottenere una propria statuina nella natività, come è accaduto anche a Maradona, come ricorda Silvia Guzzetta su Rewriters, così come a Totò o a Eduardo. 

Ma ciascuno di noi è accolto nel presepe, attraverso di esso viaggia nel tempo e nella geografia – ne scrissi un anno fa su Rewriters. E anche se non abbiano la nostra statuina, La magia di queste scene è di illuminare con una cometa celeste il nostro quotidiano – la taverna, il mercato, il teatrino di Pulcinella, la pescheria… – e di lasciarci entrare nei suoi spostamenti – la peregrinazione alla capanna, il viaggio dei Magi, lo stesso movimento astrale della stella con coda.

Per questo il presepe è un sempreverde e continua a incantare ben oltre la chiusura del natale. Con ogni materiale o stile, dalle natività peruviane a quelle ambientate nel Sahara, dal Tirolo ai personaggi del Balcani, troveremo una boccata d’ossigeno e di libertà al cospetto dei recinti di ogni genere – mentali, economici, storici, che questi personaggi offrono. 

Tuttavia, i tempi minacciano anche la serenità dell’umile arte del presepio e delle sue regole costitutive. Un osceno esempio lo abbiamo visto nelle scorse settimane sul sagrato di San Lorenzo a Firenze, con una vera capanna con personaggi in dimensioni reali, che trasformano Betlemme in un reparto covid. Non manca nulla: la dottoressa stremata, il lettino del reparto che accoglie il Bambin Gesù, la fleboclisi. E, guardiano dell’ordine, l’angelo con mascherina.

Non abbiamo bisogno dello stile iper-realistico del più osceno dei presepi, per conoscere bene i dettagli dei luoghi della pandemia; ancor meno per manifestare solidarietà al sacrificio degli operatori sanitari per i quali occorrono piuttosto stabilità contrattuali, adeguamento salariale sui livelli europei, e un ruolo maggiore in un dibattuto nazional/mediatico che pare premiare invece esperti di ogni denominazione e a volte competenti solo nell’arte degli slogan in un senso o nell’altro.

Questo presepio, che nella cura dei dettagli, in questo bianco-bianco color morte, punta all’impatto emotivo, non solo è brutto, ma è profondamente sbagliato e perfino blasfemo: non ci fa sentire migliori, anzi ci spaventa. Da vaccinato, non mi sfugge nemmeno l’implicito rimprovero – diciamo così – che esso rivolge a coloro che percorrono un’altra scelta, e così viene negato anche il primo dei doni del presepio: la sua inclusività. 

Sempre a Firenze ha fatto discutere un altro presepio (ma guardate quanti guai può combinare questa apparentemente innocua tradizione), una natività ai piedi di uno sventrato ponte Morandi. Hanno protestato i parenti delle vittime e il modellino è stato ritirato, nonostante la buona intenzione di quell’omaggio. 

Nel presepio che tradisce se stesso in piazza San Lorenzo a Firenze, invece assistiamo a un dramma in diretta, chiuso in una stanza isolata. Se non ci siamo già stati, se non ci siamo già dentro, ecco l’ultima trovata: il lockdown e l’isolamento, la mascherina, l’angoscia hanno compromesso la redenzione del presepio, l’hanno conquistato. Opera di una qualche benemerita associazione cattolica, la covid-natività chiude le porte dell’inferno, dall’interno, e non ci fa uscire. 

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