Patti educativi di comunità, un’alleanza territoriale per fare tutti la nostra parte
E' tempo di investire in educazione, per guardare verso un cammino di sviluppo inclusivo e sostenibile. E' ora di riprendere i Patti Educativi di Comunità.
E' tempo di investire in educazione, per guardare verso un cammino di sviluppo inclusivo e sostenibile. E' ora di riprendere i Patti Educativi di Comunità.
Ho incontrato Patrizio Bianchi, il nuovo ministro dell’istruzione, durante la trasmissione radiofonica tutti in classe di Paola Guarnieri e in quell’occasione il Prof (come l’ho sentito chiamare più volte) era stato appena nominato presidente della task force MIUR e da quelle frequenze lanciò l’appello per una costituente della scuola. Lui che aveva guidato la ricostruzione delle scuole nell’Emilia Romagna post terremoto sentiva che era il momento di ascoltare e coinvolgere tutti per affrontare la pandemia che ci aveva colpito.
Per sostenere quella visione insieme a Giulia Minoli e Nicola Martinelli ho voluto fondare un movimento per sostenere quell’appello che è poi sfociato nella maratona social dove sono intervenute numerose personalità delle istituzioni, del terzo settore, del mondo dello spettacolo, dei genitori, per dare un’immagine di unità e voglia di collaborare.
Il lavoro della task force fu prezioso, incentrandosi sul tema dei Patti Educativi di Comunità. Purtroppo quel lavoro rimase solo sulla carta diventando per fortuna almeno un libro Nello specchio della scuola. Quale sviluppo per l’Italia edito da Il Mulino.
“È tempo di investire in educazione, non solo per superare l’emergenza Covid, ma per guardare oltre, per ritrovare quel cammino di sviluppo che sembra essersi perduto nei lunghi anni in cui hanno prevalso individualismo e populismo e che deve fondarsi sui valori definiti nella nostra Costituzione. Il nuovo secolo della connessione continua ha bisogno di cittadini portatori, oltre che di contenuti, di creatività, lavoro di squadra, capacità di astrazione e di sperimentazione, senso di orientamento per poter navigare in mari aperti. La scuola deve rispondere a queste esigenze e muoversi, insieme al Paese, nel senso di marcia di uno sviluppo inclusivo e sostenibile.”
Ora possiamo pensare di poter tornare al tempo dell’azione. Voglio sperare (ma ne sono certo) che il professore diventato ministro riprenderà con vigore la strada che aveva intrapreso, sui Patti Educativi di Comunità, avendo adesso anche il potere di poter assegnare risorse e indirizzare le politiche. Se sarà così allora saremo tutti chiamati a fare la nostra parte, a parlare, ad ascoltare, a proporre e mediare tra le esigenze e le aspettative di tutta la comunità educante.
Per continuare a parafrasare il pensiero di Bianchi, la scuola dovrà andare ancora di più nella direzione dell’autonomia, una strada intrapresa sin dagli anni novanta. Questa autonomia dovrà essere accompagnata dalla responsabilità, principio equilibratore della libertà. La scuola tornerà dentro le aule ma si svolgerà tanto anche fuori, e per realizzare l’outdoor education a me così cara, ci sarà bisogno del sostegno del volontariato, delle associazioni, delle cooperative.
Il nuovo ministro mi ha raccontato più volte che una delle iniziative di cui andava più orgoglioso durante il suo operato come assessore era quello di aver promosso la musica nelle scuole. Speriamo davvero che nel suo operato politico sarà capace di dirigere l’orchestra delle comunità educanti. Così come in un concerto, bisognerà equilibrare i suoni di tutti gli strumenti affinché gli studenti possano tornare a far vibrare i loro cuori, le loro menti, i loro corpi.
Gli archi (insegnanti, dirigenti, personale amministrativo, collaboratori) che hanno il maggior peso nell’orchestra, avranno bisogno di formazione, stabilizzazione, strumenti e tanta voglia di mettersi in discussione e in gioco perché questa pandemia ha sconvolto gli equilibri del sistema educativo. Il digitale e l’outdoor sono stati fortemente promossi dalle istituzioni ma sono ancora all’inizio del loro cammino, c’è molta strada da fare (fino ad oggi molti si sono scontrati con i limiti propri e del mezzo in sé) per comprenderne appieno le potenzialità e fare pratica. Vorrei anche qualche arpa (psicologi) che ci aiuti a lenire le fragilità che si sono manifestate durante quest’ultimo difficile anno. Violoncelli (educatori) e contrabassi (pedagogisti) dovrebbero sedere in pianta stabile nell’orchestra perché il loro agire e le loro sensibilità sono ormai fondamentali in un sistema scolastico che necessita sempre più di educazione oltre che di istruzione.
Gli ottoni (i genitori) stanno dietro agli archi, sia perché il loro suono è più potente, sia perché la loro funzione nell’orchestra prevede una partecipazione diversa. In DAD e in questo periodo ibrido sono stati investiti di grandi responsabilità e non sempre sono riusciti a sorreggere il peso, è stata dura per molti, in diversi casi è andata anche molto male. Dobbiamo riscrivere un patto scuola famiglia, una corresponsabilità in educando, siamo ancora a poco più del titolo ma potrebbe uscire un romanzo avvincente!
Le percussioni (il terzo settore) sono gli strumenti posizionati più lontano, sono meno numerosi ma, se vogliono, assolutamente fragorosi. Strategici nello 0/6, fondamentali nel contrasto delle povertà educative e a servizio delle fragilità, mi auguro che saranno invitati a far parte in maniera più organica all’interno delle istituzioni scolastiche. Co-progettare per essere sempre più corresponsabili del percorso educativo.
Vorrei poi un coro di artisti e sportivi, perché la scuola non può più sostenere una frattura tra sapere accademico e vocazionale, tra mente e corpo.
Ci auguriamo che questa fase costituente sia la rinascita di un paradigma educativo più sostenibile e felice.
Buon lavoro a tuti Noi.