Chiedersi perché rileggere Alba de Céspedes è, in realtà, una non domanda. Una di quelle fastidiose tendenze editoriali che, in un Paese dove le donne fanno ancora fatica ad affermarsi senza dover giustificare nulla, prendono piede e bisogna pure esser felici.

Come disse Alba de Céspedes rispondendo al celebre articolo di Natalia Ginzburg pubblicato sulla rivista Mercurio ho grande e antica pratica di pozzi. E proprio in un pozzo era caduta, dimenticata per anni prima che le sue parole facessero quel che sempre fanno le parole, cioè intromettersi e fare rumore.

Alba de Céspedes e il suo “Quaderno proibito”

Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto“.

26 novembre 1950. Inizia così il racconto di come con un gesto totalmente impulsivo Valeria Cossati decida di dare un nuovo slancio alla sua vita. Una calda domenica di sole, dei fiori tra le mani, la voglia di avere qualcosa che sia solo suo. Ecco che prende e compra un quaderno, il Quaderno proibito. Forse per il desiderio di essere di nuovo se stessa e non solo mammà, per il bisogno di raccontarsi e mettere per iscritto i suoi pensieri o, chissà, per quale inconfessabile capriccio.

La scrittura, però, non è mai una fedele compagna. Sguscia via per territori imprevisti, tira fuori gli artigli e inizia a graffiare, in definitiva sceglie sempre lei come far andare le cose. Ecco che, allora, una volta fissati sulla pagina, gli eventi quotidiani paiono insulsi, la tranquilla esistenza borghese messa su con tanta buona volontà una monotonia asfissiante, la famiglia stessa costruita con tanta perseveranza una prigione in cui lei, Valeria, non è padrona di nulla. Come fuggire? Cosa fare? Chi legge non può non divorare le pagine di questo diario, seguendo con tensione crescente lo scontro tra vita esteriore e vita intima. 

“Nessuno torna indietro”: il racconto corale

Un collegio, il pensionato per studentesse Grimaldi di Roma. Otto ragazze provenienti da vari contesti sociali che si ritrovano insieme tra l’autunno del 1934 e l’estate del 1936. Questo il punto di partenza di Nessuno torna indietro di Alba de Céspedes.

Un racconto corale in cui si entra poco a poco nella vita di otto giovani donne diverse per gusti e interessi, sogni e aspirazioni. La loro nel collegio è una condizione transitoria, una parentesi dalla realtà. Quella che sembra una gabbia fatta di rigide regole e consuetudini ripetitive si rivelerà ben presto un’occasione per essere veramente libere. Lontane da casa e da tutto ciò che già conoscono, per la prima volta si chiederanno cosa vogliono. 

È come se fossimo su un ponte. Siamo già partite da una sponda e non siamo ancora giunte all’altra. Quella che abbiamo lasciato alle nostre spalle, nemmeno ci voltiamo a guardarla. Quella che ci attende è ancora avvolta nella nebbia. Non sappiamo che cosa scopriremo quando la nebbia si dissiperà. Qualcuna si sporge troppo per meglio vedere il fiume, cade e affoga. Qualcuna, stanca, si siede in terra e resta lì, sul ponte. Le altre, quale bene quale male, passano all’altra riva”.

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