“Costruire ponti per pace”. Si apre il pontificato di Papa Leone XIV
Robert Francis Prevost, è noto per la sua visione aperta e inclusiva della Chiesa. La benedizione Urbi et Orbi, e i "ponti per la pace".

Robert Francis Prevost, è noto per la sua visione aperta e inclusiva della Chiesa. La benedizione Urbi et Orbi, e i "ponti per la pace".
Il mondo cattolico è in festa, da oggi c’è un nuovo Papa alla sua guida. Dopo una elezione giunta in tempi record alla 4a votazione, la fumata bianca dal comignolo più osservato del mondo ha aperto un nuovo pontificato, quello di Robert Francis Prevost, che ha scelto il nome di Leone XIV, 267esimo Papa della storia.
Statunitense, 69 anni, con origini francesi, spagnole e italiane, Leone XIV succede a Papa Francesco I, cui era profondamente legato. Ad accoglierlo al Soglio Pontificio le campane a festa della Basilica di San Pietro, e oltre centomila fedeli in piazza.
Missionario in Perù, poi vescovo, cardinale e prefetto in Vaticano, è noto per la sua visione aperta e inclusiva della leadership nella Chiesa. Nel 2023 Prevost aveva affrontato il tema di genere interno alla Chiesa:
«Bisogna guardare ad una concezione diversa della leadership e del servizio della Chiesa, che possono essere portati avanti sia dagli uomini che dalle donne», aveva dichiarato.
Il nuovo Vescovo di Roma nasce il 14 settembre 1955 a Chicago, nell’Illinois, da Louis Marius Prevost, di origini francesi e italiane, e Mildred Martínez, di origini spagnole. Ha due fratelli, Louis Martín e John Joseph.
Primo Papa agostiniano, Leone XIV è il secondo Pontefice americano, dopo Francesco, ma a differenza di Bergoglio, il 69enne statunitense Robert Francis Prevost è nato nel nord del continente ed è stato pastore nel sud dello stesso, prima di essere chiamato dal Predecessore alla guida del Dicastero per i vescovi e della Ponteficia Commissione per l’America Latina.
La sua benedizione Urbi et Orbi, tra emozione e solennità, segna dunque l’inizio di un nuovo pontificato che si fa strada parlando di ponti per la pace, e parlando più volte di “tutti” dando la sensazione che il suo lavoro di pastore inizierà proprio laddove Papa Francesco si era interrotto.
Chi lo conosce lo descrive come uomo di profonda spiritualità, ma anche amministratore capace e pragmatico. La sua lunga esperienza pastorale in America Latina gli ha donato quella sensibilità per i poveri e gli emarginati che caratterizzò anche il pontificato di Francesco. Ma la sua formazione americana gli ha conferito anche un pragmatismo che potrebbe rivelarsi decisivo in questa fase turbolenta della storia ecclesiale.
Con Francesco il rapporto è stato di profonda sintonia. Prevost ha sostenuto con convinzione la riforma curiale avviata dal predecessore, mostrandosi fedele interprete di quella “Chiesa in uscita” tanto cara al pontefice argentino. Non a caso, Francesco lo aveva scelto per un dicastero chiave come quello dei Vescovi, affidandogli il delicato compito di selezionare i pastori per le diocesi di tutto il mondo.
Sulla comunità LGBTQ+, Prevost aveva inizialmente posizioni piuttosto conservatrici e chiuse, salvo poi allinearsi nell’ultimo decennio all’apertura di Bergoglio. Ha sostenuto la dichiarazione “Fiducia supplicans”, che apre alla possibilità di benedizioni pastorali per le coppie omosessuali, pur mostrato cautela nell’approccio di apertura totale alla comunità LGBTQ+. Questa posizione riflette l’equilibrio cercato da Francesco: innovatore nelle dichiarazioni, conservatore nella dottrina.
Bergoglio ha camminato su una linea sottile per tutto il suo pontificato. Sebbene non abbia modificato la posizione dogmatica della Chiesa sul matrimonio e sul genere biologico, la sua enfasi sulla misericordia, sull’inclusione e sulla dignità intrinseca di ogni persona ha ridefinito l’approccio pastorale nei confronti delle persone LGBTQ+, mostrando un’apertura inedita nella storia millenaria del cattolicesimo.
Riguardo al ruolo delle donne nella Chiesa, Prevost ha più volte sostenuto la necessità di valorizzarne la presenza nei ruoli decisionali, pur senza sostenere il diaconato femminile. Durante il suo mandato al Dicastero per i Vescovi, ha incrementato la presenza femminile nelle commissioni per la selezione episcopale, seguendo la linea tracciata da Francesco.