Quando mi chiedono perché dieci anni fa ho coniato l’espressione antispecismo politico rispondo che l’antispecismo – o, come si diceva più frequentemente allora l’animalismo – era un movimento morale, anzi moralistico, fatto di persone molto ben intenzionate verso gli animali ma che poco o nulla si curavano degli umani sfruttati e oppressi.

A me la cosa è sempre parsa sciocca: la società attuale non opprime gli animali per egoismo o cattiveria, ma per il profitto delle classi dominanti e a fare le spese di questo profitto sono anche gli ultimi, le classi lavoratrici, le donne, i migranti, i fragili, i marginali.

Quando a vent’anni andavo a protestare davanti agli zoo per me era chiaro che quella lotta fosse una lotta per la giustizia globale e che quella protesta non poteva finire né compiersi lì.

Emancipazione umana e animale

Mi è sempre parso ovvio che l’emancipazione degli animali non umani potesse compiersi solo in una società solidale anche tra umani. Per questo mi sono sempre definito un antispecista politico o, che è lo stesso, un socialista e marxista antispecista. All’epoca questa idea fu attaccata come strampalata e pericolosa.

Quando parlavo del capitale che avvolge le nostre vite e condiziona in modo occulto ma matematicamente determinabile tutte le nostre inclinazioni venivo guardato con sospetto da chi pensava che il problema fosse la bistecca nel piatto del carnivoro e non anche il seitan nel suo.

Lo stesso accadeva quando dicevo che il problema era la forma di merce e il modo in cui la nostra vita viene sussunta e si sublima nel processo di autovalorizzazione del capitale. Sapevo infatti che il marxismo si voleva socialismo scientifico perché, come la scienza, ci costringe a confrontarci con una realtà che è indipendente dai nostri desideri, anzi è ostile ad essi.  

Le leggi del capitale scoperte da Marx a prima vista ci fanno sentire impotenti ma in realtà sono un colpo assestato al nostro narcisismo: come quelle di Copernico, di Darwin e di Freud.

Eppure insegnandoci a guardare dove veramente si costruisce la realtà sociale, aiutandoci a distogliere lo sguardo incantato dal soggetto che ci trastulla con l’illusione di possedere le chiavi dell’esistente, ci offre gli strumenti per cambiare quella realtà.

Perché era, è e sarà sempre più facile parlare di cattiveria e indifferenza morale degli altri mentre il mondo è tenacemente governato da una legge impersonale e inumana. Così come era, è e sarà più facile parlare di antropocene che di capitalocene, pensando che la soluzione sia nella sfera immediata del consumo invece che in quella complessa e astratta della produzione.

Immaginare che gli individui siano al centro della riproduzione sociale ci consola e ci fa sentire importanti, perché ci convince che se desiderassimo in modo diverso la realtà cambierebbe: che è un po’ l’essenza del pensiero magico.

L’antispecismo al di là delle mode

Oggi l’espressione antispecismo politico è diventata quasi di moda e ovviamente di questo sono contento, ma non possiamo dire che le cose siano davvero cambiate. Perché oggi la parola politica è svaporata e ha perso mordente.

Si parla di atto politico quando l’individuo espone in qualsiasi modo il proprio sentire soggettivo e si finisce per definire politico anche l’andare a fare la spesa, il vestirsi in un certo modo o, addirittura, andare in vacanza, come è accaduto con Giorgia Soleri n un suo post su Instagram. E c’è chi ancora oggi parla di privilegio dell’umanità insultando così tutte le soggettività subalterne mentre si nobilita innalzandosi a protettore degli animali non umani.

Al lettore che guarda perplesso la galassia antispecista e le sue fissazioni sulle diete, gli stili di vita alternativi, il suo linguaggio sempre più oscuro e incomprensibile va tutta la mia solidarietà e il mio invito a non mollare. C’è molto di più serio nella lotta per la liberazione animale.

Bisogna solo andare a cercarlo. Consiglio la lettura delle 18 Tesi su Marxismo e Liberazione Animale del gruppo tedesco Bündnis Marxismus & Tierbefreiung. Ai miei lettori antispecisti che volessero iniziare a farsi davvero un’idea di cosa è il capitalismo e perché non è possibile lottare per gli animali senza tornare ad occuparsi dello sfruttamento dei lavoratori propongo il magistrale saggio di Riccardo Bellofiore Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica. Una lettura impegnativa ma da cui si guadagna veramente, finalmente, un altro sguardo sul reale.

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