Negli ultimi cinquant’anni si è assistito in Italia, come negli altri paesi Europei, ad una vasta diffusione di quelle che vengono erroneamente denominate medicine alternative, sia per una diffusa moda sia per una continua e costante critica alla medicina ufficiale.
Tale critica viene svolta maggiormente da quella categoria di individui che si aspetta dalla medicina ufficiale un maggior interessamento ai loro problemi. 

I pazienti sono diventati sempre più esigenti nei confronti di una Medicina che si è sempre più aperta al pubblico e che soprattutto ha permesso, attraverso i suoi costanti e continui progressi terapeutici e tecnologici, un benessere psico-fisico ad una popolazione sempre più vasta.  Questo progresso, negli ultimi trent’anni, attraverso una sempre più completa iper-specializzazione tecnologica, ha fatto diminuire il rapporto di umanizzazione tra terapeuta e paziente: infatti sempre più numerosi medici si interessano di una parte specifica del nostro organismo e la costruzione sempre più sofisticata di macchine diagnostiche ed un costante e continuo tecnicismo, li ha sottratti da questo rapporto.  Un contesto, quest’ultimo, dove la ricerca di un continuo benessere materiale da parte di un pubblico sempre più vasto ha permesso alla medicina di interessarsi soltanto di una piccola parte del nostro essere: il corpo fisico inteso come macchina.

Una cospicua parte di popolazione si è rivolta, pertanto, a un approccio diverso della medicina, che fosse più completa, olistica, ossia che avesse una comprensione totale del funzionamento del nostro corpo. Prendendo in toto la problematica di disturbi fisici come parte integrante di un complesso sistema di interazioni corpo-mente, si è raggiunta una meta più comprensiva della malattia.

Di questo gruppo fanno parte tutte quelle tecniche terapeutiche che culturalmente e filosoficamente hanno all’origine una comprensione dell’organismo e dei suoi processi patologici non basata soltanto su di un procedimento matematico (infezione batterica/virale=malattia), ma soprattutto su una motivazione di un deficit di risposta organica e di terreno (costituzione fragile/facilità all’infezione batterica/virale=malattia). Tali tecniche fanno parte sia dell’immensa cultura orientale (agopuntura, shiatzu, reiki, ayurveda, ecc.) sia di quella branca culturale occidentale che ha sviluppato nel corso dei secoli una visione filosofica dell’uomo lontana dal semplice meccanicismo illuminista e più aperta ad una visione medica globale (Paracelso, Hahnemann, Goethe, Steiner, ecc.).

Se la Medicina è intesa come un complesso di atteggiamenti e di studi atti alla conoscenza e alla comprensione dei meccanismi patogenetici delle malattie e come Arte della cura e della guarigione, ogni tecnica terapeutica che è volta a tale comprensione va accettata e sviluppata. Non esistono, quindi, più Medicine, ma un’unica e sola Scienza, atta a conoscere e studiare tutti i meccanismi che conducono ad una malattia e di conseguenza ad una cura o ad una guarigione.

Per molte persone quindi l’omeopatia, la fitoterapia, gli integratori, l’omotossicologia, la medicina antroposofica, la medicina ayurvedica, i fiori di Bach e gli oligoelementi sono la stessa cosa. Occorre quindi fare chiarezza. 

La fitoterapia utilizza prodotti del regno vegetale, quindi le varie parti delle piante in dose chimica ovvero ponderale. 

L’Omeopatia di Hahnemann utilizza i prodotti derivanti dai tre regni della natura: vegetale, animale e minerale, in dose ponderale assai bassa, infinitesimale, ottenuta con diluizioni progressive, fino ad arrivare, in certi casi, all’assenza completa di molecole chimiche, ma dove sembra restare un segnale elettromagnetico.

L’Omeopatia di Reckeweg o Omotossicologia utilizza composti in cui più rimedi omeopatici sono combinati insieme al fine di curare su un principio diverso più sintomatologico: quello delle omeotossine.

La Medicina Antroposofica, elaborata da Rudolf Steiner agli inizi del secolo scorso, utilizza anch’essa rimedi in diluizione omeopatica di solito in decimale bassa (quindi ponderale), ma con un procedimento diverso dall’omeopatia classica, cioè con il principio dell’analogia e non del simillimum.

La grande confusione deriva anche dal fatto che spesso molti medici mescolano queste diverse forme diagnostiche e terapeutiche basandosi su un loro comune denominatore: considerare il corpo come una unità biologica indivisibile, concetto che si è venuto a legare nel tempo al termine greco olos (intero), da cui Medicine Olistiche.
A queste metodologie che vedono l’essere umano come unità biopatografica (raccolta documentata e ordinata di tutti gli eventi patologici che si sono verificati durante la vita del soggetto fino al momento presente) si è di volta in volta dato l’appellativo di Medicine Alternative o ancora Non Convenzionali, come se dovessero contrapporsi alla Medicina Accademica. Poi più saggiamente si è arrivati ad un concetto più vasto di Medicina Complementare e quindi di Medicina Integrata che potesse contenere tutti i principi dell’arte del guarire. Attualmente a livello internazionale si utilizza il termine CAM (Complementary and Alternative Medicine).

È quindi fondamentale uscire dalla confusione generatasi attraverso gli anni e dare a ogni terapia il suo giusto nome e valore, anche se tutte si rifanno al principio olistico dell’essere come unione ed interazione di funzioni biologiche. 

Non è un caso che molte persone deluse dall’approccio sempre più tecnicistico e protocollare della medicina accademica cerchino nella medicina integrata un approccio più umano e globale simile a quello del medico condotto di antica memoria.

Tutto questo è da ricollegarsi anche alla stasi di gran parte della medicina degli ultimi decenni del XX secolo, con un rallentamento evidente nella formulazione di nuovi farmaci chimici ed il contemporaneo svilupparsi di tecniche diagnostiche per immagini che hanno accentuato la frammentazione della medicina, riducendo l’essere umano ad una macchina. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rivalutato il ruolo integrativo delle Medicine Tradizionali in un documento World Health Organization Traditional Medicine Strategy 2014-2023 che dà le linee guida ai vari Stati su come regolamentare la medicina integrata.

In Italia la regione Toscana ha avviato da diversi anni una sperimentazione di medicina integrata nell’Ospedale di Pitigliano. Situazioni simili sono realtà da anni in Germania ed in Svizzera.

Non è raro che in questa ricerca da parte dei pazienti di una medicina meno tecnologica si possano incontrare medici di valore o anche persone impreparate, spesso nemmeno laureate in medicina, che esercitano ai limiti della legalità la medicina complementare, e come tali portino discredito a tutta una categoria di professionisti seri che sono stati capaci di integrare gli studi della medicina accademica con una visione più allargata e complessiva dell’essere umano. Per tutelare i pazienti, da anni molti Ordini dei Medici hanno istituito appositi registri che qualificano la professionalità dei sanitari che esercitano la medicina integrata (omeopatia, fitoterapia, omotossicologia ed agopuntura).

È evidente che occorre dare ad ogni forma medica il suo giusto ruolo: 

·      la medicina accademica è insostituibile per curare alcune patologie acute e protocollari (polmoniti, infarti, ecc.) o patologie in cui è necessario effettuare una terapia sostitutiva (insulina nel diabetico, estratti tiroidei o di altri ormoni nelle carenze organiche dei medesimi);

·      altre forme di medicina sono invece indispensabili per curare tante cronicità che la medicina specialistica non è in grado di capire e di curare se non attenuandone i sintomi, come tante forme di cefalee, di emicranie, di allergie, di predisposizioni infettive nei bambini, di gastriti, di coliti e così via. 

La via maestra è quindi quella dell’integrazione, che necessariamente deve superare il concetto riduzionista del pensiero unico in medicina alimentato dalle correnti scientiste al servizio di big pharma.

A questo proposito è opportuno citare quanto scritto da Luc Montagner premio Nobel per la Medicina: 

“Lo scienziato è in perenne ricerca. La ricerca non si esaurisce mai ed è urgente un nuovo slancio di creatività e di innovazione da parte degli scienziati e dei medici di tutte le specialità. I problemi della salute pubblica di oggi e di domani sono immensi e, per farvi fronte, dobbiamo aprire la nostra cooperazione ad altre discipline, ad altre scuole di pensiero. In verità, si può addirittura parlare, in alcuni ambiti, di castrazione intellettuale o quantomeno di conformismo. Ciò rende necessario sin d’ora un dibattito, uno spirito di apertura che consenta di lasciare spazio a idee più rivoluzionarie. Non c’è, a mio avviso, una medicina detta ‘ufficiale’ ed una medicina di secondo grado detta ‘alternativa’ o ‘integrativa’, ma una sola medicina, quella che guarisce!”

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