Quell’auto divina per viaggi tra lusso e avventure

English translation below

Fantomas spinge a tavoletta l’acceleratore e per far perdere le sue traccia compie un colpo da scena che nemmeno James Bond: dalla sua elegante auto escono delle ali e poi dei reattori che le permettono di decollare, allontanandosi con nonchalance nel cielo. Solo una tra le vetture diventate mito potrebbe osare tanta trasformazione in aeroplano: non il Maggiolino, non la Jeep, non la 500, e nemmeno la scattante Duetto, ma la Citroen “DS”, allungata come un disco volante, sottile e aerodinamica come un jet, e con un nome che è una promessa:  “de-esse”, ovvero in francese “déesse”, “divinità” femminile.

Per i cultori del viaggio, la “DS” è la macchina equivalente ai bauli di Louis Vuitton, l’apoteosi di uno spostamento nel lusso e nella solidità, un feticcio della creazione europea, dell’art de vivre francese a cui l’Autoworld di Bruxelles sta dedicando un retrospettiva, con tanto di alcuni modelli rari: la versione cabrio, l’ambulanza, quella posseduta dal nababbo marocchino, la “raccourci” per i rally… – e peccato che non ci sia davvero la metamorfosi aerea di Fantomas.

Come si addice a una “divinità”, c’è del mistero in un’auto così

Progetta in segreto, apparve nel 1956 come una macchina mai vista, enigmatica, e presto vinse il premio del miglior design alla Triennale di Milano. Un design da palazzo delle meraviglie: le luci posteriori montate come due preziosi orecchini alle estremità del tetto, una forma aerodinamica perfetta, i fanali anteriori collocati come due occhi dall’espressione assertiva, un sistema di sospensioni incredibile che fa alzare l’auto all’accensione del motore e la abbassa quasi nascondendo le ruote posteriori al suo spengimento (e ricordo lo stupore quando da piccolo ne vedevo una che si accucciava o si stirava).

All’interno le soluzioni furono subito all’avanguardia, e non smisero di essere aggiornate nei venti anni di vita della DS: i fari direzionali che girano insieme alle ruote, l’iniezione elettronica, i freni a disco anteriori, un centro di gravità molto basso che conferisce una tenuta di strada da “aderenza”, la ripartizione delle sospensioni idropneumatiche combinate con una centrale di energia idraulica che addolcisce frenate, sterzo, cambio delle marce.

E poi gli interni, con i materiali pregiati, i sedili che sono poltrone davanti e divano dietro, il volante a mo’ di piccolo timone, gli specchietti, quelle attenzioni meticolose che offrono il piacere della guida e del viaggio “in prima classe”.

Non un auto facile da parcheggiare nelle città congestionate di oggi, ma nemmeno un’auto da snob, ma che anzi è divenuta icona dei fumettisti e dei film gialli e di azione, dei grandi amanti, delle muse.

È durata vent’anni e non ha lasciato eredi, come accade alle cose uniche. Una nuova “DS presidenziale” fu presentata qualche anno fa per Macron, con l’aspetto di un suv massiccio e dotata di alcune rifiniture in oro. Roba un po’ pacchiana, la “dea” non avrebbe mai avuto bisogno.

ENGLISH VERSION

That divine car for luxurious and adventurous journeys

Fantomas pushes his foot on the accelerator and pulls off a coup that not even James Bond could: his elegant car comes out with wings and then jet engines and to takes off, nonchalantly flying away into the sky. Only one of the cars that have become legends could dare to transform into an airplane like this: not the Beetle, not the Jeep, not the 500, and not even the fast Duetto, but the Citroen “DS”, elongated like a flying saucer, thin and aerodynamic like a jet, and with a name that is a promise: “de-esse”, or in French “déesse”, the female “divinity”. For travel enthusiasts, the “DS” is the equivalent of Louis Vuitton’s trunks, the pinnacle of luxury and solidity, a fetish of European creation, of French art de vivre to which the Autoworld in Brussels is dedicating a retrospective, complete with some rare models: the cabrio version, the ambulance, the one owned by the Moroccan nabob, the “raccourci” for rallies… – and it’s a shame that there isn’t the aerial metamorphosis of Fantomas.

As typical of a “divinity”, there is mystery in a car like this. Designed in secret, it appeared in 1956 as an enigmatic, never-before-seen machine, and soon won the award for best design at the Milan Triennale. A design worthy of a palace of wonders: the rear lights mounted like two precious earrings at the ends of the roof, a perfect aerodynamic shape, the front lights positioned like two eyes with an assertive expression, an incredible suspension system that raises the car when the engine is started and lowers it almost hiding the rear wheels when it is turned off (and I remember the amazement when as a child I saw one crouching or stretching).

Inside, the solutions were immediately cutting edge, and did not stop being updated in the twenty years of life of the DS: the directional headlights that turn together with the wheels, the electronic injection, the front disc brakes, a very low center of gravity that gives a “grip” road holding, the distribution of the hydropneumatic suspension combined with a hydraulic power plant that softens braking, steering, gear changes.

And then the interior, with its fine materials, the seats that are armchairs in front and a sofa in the back, the steering wheel like a small rudder, the mirrors, those meticulous attentions that offer the pleasure of driving and traveling “in first class”.

Not an easy car to park in today’s congested cities, but not a car for snobs either, but rather it has become an icon of cartoonists and crime and action films, of great lovers, of muses.

It lasted twenty years and left no heirs, as happens with unique things. A new “presidential DS” was presented a few years ago for Macron, with the appearance of a massive SUV and equipped with some gold finishes. A bit tacky stuff, the “goddess” would never have needed it.