Presso il Teatro Fontana di Milano il 1 giugno alle 19.30 e il 2 alle 16.00 va in scena per la rassegna Itaca, Radici, una drammaturgia tratta dai verbali del collettivo femminista di Enna del ’75. Ne parliamo con la regista: Alba Maria Porto.

Cosa è per lei oggi il femminismo?
Il femminismo è per me una posizione ideologica e pratica. Rivendica i diritti delle minoranze, che siano di genere, classe e  orientamento. Un approccio etico al nostro vivere che  permette alle donne e agli uomini  la possibilità di esprimersi liberamente, di esprimere senza paure e vergogne la propria identità, la propria storia, contro i pregiudizi e le imposizioni del pensiero unilaterale e impalpabile del patriarcato. Sono figlia di una femminista, e nonostante abbia sempre pensato che questo approccio mi appartenesse, solo adesso sto riuscendo a compiere un percorso di autentica consapevolezza. Che purtroppo è ancora in salita.

“Radici”. il lavoro sulla storia, le fonti

Come ha lavorato rispetto alla Storia ufficiale?
Io e Giulia Ottaviano, coautrice del testo, abbiamo lavorato ricostruendo le tappe dei verbali racchiusi nel diario. Che hanno facilitato anche la ricostruzione e  la storia dei movimenti femministi in Italia del ‘75. Abbiamo raccolto testimonianze viventi dalle “ragazze” del collettivo del ‘75 e delle femministe che operano presso l’Archivio delle Donne in Piemonte di Torino, circa le pratiche di aborto clandestino che venivano praticate e la nascita dei primi consultori.

Che fonti documentarie ha utilizzato?
La fonte documentale principale è il diario del Coordinamento Femminista di Enna, appartenente alla mia famiglia, in cui sono racchiusi i verbali di un gruppo di giovani donne ( poco più che 20enni) che si riunivano a Enna, cittadina nell’entroterra siciliano, per praticare l’autocoscienza e costruire insieme un percorso di maggiore consapevolezza rispetto al ruolo ricoperto nella società.

Attraverso la lettura dei verbali delle riunioni , ci siamo fortemente riconosciute nelle ragazze del coordinamento del ‘75, che affrontavano temi per noi attuali  e condividevano  le proprie storie personali mettendole a servizio di una causa politica: il proprio corpo e il proprio ruolo.
Il resto della storia è stato costruito da me e Giulia, mettendo in dialogo due generazioni, quella delle madri e quella dei figli, fotografate in un momento di cambiamento e di ricerca della propria identità.

Ci racconti di come ha lavorato sull’interpretazione…
Il lavoro sull’interpretazione è stato semplice e la scelta di lavorare con attrici siciliane è stata sicuramente un punto di forza. Le attrici Giorgia Coco, Lydia Giordano, Adele Tirante e Federica D’Angelo, hanno incarnato la storia del collettivo rendendo la recitazione assolutamente fluida e credibile e hanno fortemente sentito i temi trattati. Ci siamo subito capite!

La reazione del pubblico maschile

Come reagisce il pubblico maschile?
Il pubblico maschile è contemplato e accolto all’interno della storia in qualità di spettatore. In fondo lo spettacolo è scritto per parlare a tutto il pubblico, nessuno è escluso. La storia ha un suo arco e sviluppo, diciamo proprio una trama e si seguono volentieri la vicenda e le storie dei personaggi.
Nello spettacolo “Radici” è presente anche un ruolo maschile interpretato da Mauro Bernardi, che affronta, insieme a Lydia Giordano, il tema dell’intergenerazionalità e la ferita per un passato che pesa come un macigno.

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