E’ stato il messaggio di un mio amico via whatsapp ad informarmi del fatto che Raffaella Carrà non ci fosse più; io ho risposto “ma stai scherzando?”, perché lei non poteva “mancare”, lei non era mai nata, era eterna e per molti di noi c’è sempre stata, non poteva avere una fine, era come un bel quadro, un’installazione, un bel libro o un festival, al massimo si sposta, come un circo itinerante.

Il primo scambio di parole sulla perdita della Carrà con colleghi o amici mi ha colpito perchè tutti rivendicavano la propria vicinanza a lei e al suo stile. Una mia amica a cui ho detto “per noi gay è stata un’icona incredibile” mi ha risposto un pò risentita “ma anche per noi,  per me è stata un punto di riferimento”; insomma la Carrà è di tuttə e al di là di chi abbia avuto la fortuna di conoscerla, anche solo per un autografo, lei è riuscita ad arrivare a chiunque.

Facevamo tuttə la Carrà

Parlando di quel che ha rappresentato per la comunità LGBT non si può negare che sia stata una grande icona, una maschera, un personaggio da interpretare e quel che era divertente è che fosse semplice fare la Carrà, bastava un caschetto biondo e ti sentivi già lei, non era difficile sognare per un attimo di viverla oltre che vederla.

Lei ha rappresentato una valvola di sfogo, la distrazione divertente di un giovane gay che vedeva in lei già l’abito, la performance, l’esibizione da fare nella propria cameretta; non credo che ci sia persona e personaggio italiano più imitato per fare show.

La Carrà non la si può ricondurre solo al ruolo di soubrette o di un’eccellente conduttrice; la fortuna ha aiutato una giovane ragazza a vivere gli anni migliori della televisione con i più grandi talenti creativi della tv che hanno dipinto su di lei una creatura che in natura non esiste. Una creatura di natura femminile che tutto faceva fuorchè ammiccare e giocare alla sensualona di turno, perché non era quello il suo strumento di comunicazione e di conquista.

Mi piace pensare che qualcuno abbia visto a suo tempo una ragazza con un grande potenziale e abbia detto “E’ lei, l’abbiamo trovata, la Carrà”: caschetto biondo, abiti unici che aspettavano solo lei, sigle tv e non solo, coreografie con passi semplici da ricordare.  Insomma prima o poi una Carrà doveva arrivare e lei era predestinata.  

Non era la più brava ballerina e nemmeno la voce più bella e nemmeno la tipica donna mediterranea oggetto dei sogni erotici degli italiani e forse era proprio questo il suo segreto, lei era altro, non incasellabile. Lei è stata come un nuovo colore mai visto in una tavolozza di cui, fino a quel momento, non si immaginava l’esistenza.

Si può desiderare di saper cantare come Mina, sognare di ballare come Roberto Bolle o esser un grande pianista ma non si può sperare di esser la Carrà, è andata bene solo a lei. In quel che faceva, come si poneva, nei vestiti che indossava era unica, non era un personaggio di tendenza, ma di stile e di grande impatto. Un po’ come quando guardi una stella che brilla, non sogni di esser lei, la osservi e basta.

La Carrà, una creatura fantasy e umana

Lo stile CARRA’ infatti esiste: in una movenza, in un abito, in un taglio di capelli o in una risata.
A differenza di altre soubrette che mettono davanti a tutto la loro persona, la loro fisicità, il loro ego, lei dava vita a questa creatura fantasy da un lato ed estremamente umano dall’altro. Forse è questa dicotomia tra successo e umiltà, tra maschera e semplicità che incantava. Anche il suo linguaggio era oggettivamente semplice, non era un linguaggio colto, forbito ma era un linguaggio emotivo, di quelle persone che si emozionano per prime e trascinano tutti gli altri.

Nonostante la grande popolarità mai un pettegolezzo, una foto che facesse parlare, un gossip. Chi ha la mia età la ricorda a fatica nella tv in bianco e nero ma lei già in quegli anni osò, sfidò tabù e tra una balletto e un bel po’ di carattere si impose fino ad arrivare ai giorni nostri in un crescendo di consensi e popolarità.

Adesso le persone a lei davvero vicine, i familiari, gli amici stretti, sentiranno un vuoto incredibile ma noi, noi sognatori, soubrette nell’anima che attendevamo solo la sua prossima sigla o ballo, possiamo onorarla e ricordarla con una parrucca, ballando fino a che #scoppiamiscoppiailcuor. Ecco l’omaggio di The Gender Queen, e ballare comincia tu!

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