Il 3 luglio 2021 Tom Cruise ha compiuto 59 anni. Dio, come passa il tempo. Tom Cruise ha una sequela infinita di peculiarità. Una su tutte, che sarebbe meglio definire come una contraddizione, mi ha sempre colpito: pur essendo sempre stato una garanzia di risultati dall’ottimo allo stratosferico fino al box office (con pochissime eccezioni) non ha mai riscosso una popolarità sconfinata e indiscutibile. Negli anni ’90, nel periodo in cui Tom Cruise era il Re incontrastato del botteghino, appariva troppo vincente e perfetto. Dalla metà degli anni 2000 in poi si è aggiunta tutta la questione (molto più che legittima) legata a Scientology e al suo rapporto con Katie Holmes. Lui però, nonostante alcuni colpi d’arresto che avrebbero messo a rischio la carriera di chiunque, è sempre riuscito a mantenersi su standard cinematografici elevatissimi, con un amore e una passione per ciò che fa spesso al di fuori di ogni logica e razionalità (notare alcuni stunt a cui ha preso parte).

Oltre alla passione, è complice l’eccezionale capacità di scegliersi ruoli e registi con cui collaborare. Per citare solo alcuni di quest’ultimi: Franco Zeffirelli, Francis Ford Coppola, Ridley Scott, Tony Scott, Martin Scorsese, Brian De Palma, Paul Thomas Anderson, Steven Spielberg, Oliver Stone, Sidney Pollack, Stanley Kubrick, Rob Reiner, John Woo, Robert Redford. E con diversi di loro anche più di una volta. Non dimentichiamo poi che in pratica possiede ed è il volto di una delle proprietà intellettuali più longeve e redditizie di Hollywood, la saga di Mission: Impossible.

Un personaggio unico, controverso, una delle ultime vere icone di Hollywood. Inizialmente non sapevo bene come rendere omaggio alla carriera di Tom Cruise, poi ho pensato al metodo più semplice ed esplicativo. Parlarvi di lui attraverso un percorso di 5 ruoli che descrivono la sua carriera ormai quarantennale.

1 – L’ascesa: Maverick in Top Gun

Semplicemente Maverick

All’esordio nel 1981 in Amore senza fine di Zeffirelli seguono varie parti che non lasciano particolarmente il segno. Questo fino a Ricky Business (1983), dove ottiene un successo e una popolarità del tutto inaspettata. Sembra destinato a un semplice percorso da star per le teenager. Cerca di sviare prima facendo un film (Legend) con Ridley Scott, che veniva dal successo di critica di Alien e Blade Runner, fallendo miseramente. L’anno successivo collabora invece con il fratello, Tony Scott, in un progetto apparentemente sbilenco e senza chissà quali pretese. Il film in questione è Top Gun, vero e proprio cult che sfonderà l’immaginario collettivo proiettando in ottica planetaria l’immagine di Tom Cruise e del suo Maverick. Tra l’altro a breve arriverà anche un secondo capitolo di cui abbiamo da tempo il trailer.

Una domanda a parte per voi: quanto ci metterà il mondo a capire l’importanza e la grandezza di Tony Scott?

2 – L’attore impegnato: Frank in Magnolia

In Magnolia, Tom Cruise offre una delle performance migliori della sua carriera

Dopo Top Gun Tom Cruise, invece di accontentarsi di essere il nuovo volto di Hollywood, si concentra su collaborazioni con grandi registi in ruoli estremamente diversi tra loro. È il periodo in cui il nostro eroe vuole imporsi come attore impegnato (qualunque cosa questo significhi), gli anni in cui cerca di aggiudicarsi i favori della critica e i principali premi. In questa fase della sua carriera la stampa inizia anche a parlare di ossessione Oscar per Tom Cruise. A prescindere che quest’ultima considerazione sia vera o no, arrivano molti ruoli splendidi in grandi film: da Rain Man a Nato il 4 luglio, da Codice d’Onore a Jerry Maguire. Il 1999 è un anno particolarmente rilevante, arrivano due tappe fondamentali del suo percorso cinematografico. Una è il suo ruolo di protagonista nell’ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut. L’altro è la parte di Frank all’interno di Magnolia, capolavoro di Paul Thomas Anderson e personaggio che ho scelto come simbolo di questa parte della sua carriera, principalmente per due motivi.
Il primo è la particolarità del ruolo, un personaggio sfaccettato e fuori le righe, uno dei più belli descritti da Anderson e tra le migliori interpretazioni della carriera di Tom Cruise. Il secondo è perché corrisponde anche alla sua ultima candidatura ai premi Oscar (nel 2000, come attore non protagonista), una sorta di punto di arrivo del percorso appena descritto.

3 – Cambio di prospettiva: Vincent in Collateral

Collateral o anche “un Tom Cruise come non lo avete mai visto prima”

Con l’inizio del nuovo secolo comincia anche una nuova fase della carriera di Tom Cruise. Si nota subito un progressivo avvicinamento al cinema di genere, senza però rinunciare alle collaborazioni con i grandi autori. Abbiamo due progetti fantascientifici con Steven Spielberg che lo vedono protagonista, lo splendido Minority Report e il leggermente meno riuscito La Guerra dei Mondi. Non dimentichiamoci poi de L’ultimo dei Samurai, un film magari più classico ma con parti che strizzano l’occhio al cinema di genere. Soprattutto abbiamo però la collaborazione con Michael Mann, l’autore principe del cinema americano quando si parla di legame tra cinema action e autorialità. Il risultato è Collateral, capolavoro del 2004 che vede Tom Cruise in un inedito (anche nel look) ruolo di villain. L’interpretazione è semplicemente impeccabile, Tom rende al meglio le sfaccettature del personaggio riuscendo a mantenere credibilità nel portare in scena un cattivo a tutti gli effetti. Un perfetto simbolo della trasformazione che sta subendo la carriera dell’attore.

4 – La fondamentale operazione simpatia: Les Grossman in Tropic Thunder

L'irriverente interpretazione di Tom Cruise in Tropic Thunder
Les Grossman fa obiettivamente troppo ridere

A metà anni 2000 Tom Cruise è in una posizione apparentemente inattaccabile. Viene da diversi successi di critica e di pubblico, la sua saga (Mission: Impossible, ci torneremo ovviamente) va a gonfie vele. Abbastanza improvvisamente però inizia ad andare tutto a rotoli, vari contratti vengono recisi e si crea una vera e propria frattura tra Tom e tutto il mondo di Hollywood. I motivi sono vari e li abbiamo accennati nell’introduzione: c’è il rapporto con Scientology, organizzazione religiosa osteggiata giustamente da tutti, le sue interviste nei talk che oggi sono diventati veri e propri meme ma che all’epoca facevano genuinamente timore, infine il suo rapporto con la moglie dell’epoca Katie Holmes. In una situazione di enorme difficoltà, Tom Cruise riesce a uscirne prima trovando ancora una volta collaborazioni di alto livello (come in Leoni per Agnelli di Redford) investendo molto in veste di produttore. In secondo luogo si ritaglia una parte in Tropic Thunder nel ruolo macchiettistico e sopra le righe del manager Les Grossman. Badate bene, quest’ultimo punto fu fondamentale. La parte nel film di Ben Stiller divenne un primo biglietto da visita per una nuova versione di un Tom Cruise che si prende meno sul serio, un tentativo di ripulirsi l’immagine a suon di simpatia incredibilmente andato in porto. Les Grossman è un personaggio fondamentale nella sua carriera, in più fa genuinamente ridere. Provare per credere.

5 – Semplicemente Tom Cruise: Ethan Hunt nella Mission: Impossible saga

Il James Bond americano

Arriviamo alla nostra ultima tappa di questo percorso lungo la carriera di Tom Cruise con un personaggio che ovviamente non poteva mancare: Ethan Hunt, il protagonista della saga Mission: Impossible. Tutto nasce a metà degli anni ’90 ovvero come abbiamo visto nel periodo più impegnato dell’attore. Tom decide di investire molto (anche in qualità di produttore) nel remake di una vecchia serie televisiva, Mission: Impossible per l’appunto. Lo fa perché comprende, prima di molti altri divi, l’importanza di essere il volto imprescindibile di una saga ovvero di essere il padrone di una proprietà intellettuale, una sorta di garanzia per il futuro. Il primo capitolo viene diretto da Brian De Palma e tutti gli stilemi che renderanno grande la serie vengono già fissati: la colonna sonora, la/le scene d’azioni centrali e memorabili, l’alta tensione e ovviamente il personaggio di Ethan.

Il successo è notevole e ovviamente porta in carico dei sequel. Il primo arriva nel 2000 (quindi nella fase di trasformazione) e viene diretto da John Woo che porta all’estremo tutto il suo stile e regala quello che, per chi scrive, è il capitolo preferito. Il terzo capitolo arriva immediatamente prima del tracollo d’immagine, è diretto da un (all’epoca) emergente J. J. Abrams e ha il merito di alleggerire i toni della serie introducendo vari personaggi che poi diventeranno funzionali alla saga. Per il capitolo seguente a causa appunto del periodo buio di Tom bisogna aspettare un po’ di tempo. Siamo nel 2012, Tom si è ripulito l’immagine, trova fondi sufficienti per realizzare un nuovo episodio del franchise ed ecco che arriva Mission: Impossible – Protocollo Fantasma, diretto da Brad Bird (al suo esordio in live action dopo vari progetti Pixar). Il quarto capitolo segna il nuovo record di incassi della saga e soprattutto riporta sulla bocca di tutti Tom Cruise.

Da qua inizia un periodo nuovamente roseo per Tom che lo vede protagonista con buoni risultati in Jack Reacher (dove inizierà il sodalizio con McQuarrie), Edge of Tomorrow e Oblivion. Nel 2015 è ora di ritornare nei panni di Ethan Hunt in M:I – Rogue Nation (appunto diretto da McQuarrie), tanta spettacolarità, ritmo forsennato e risultati straordinari al box office. Seguono però un paio di delusioni come il secondo capitolo di Jack Reacher e de La Mummia a cui Tom reagisce ovviamente andandosi a rifugiare nel suo alter ego preferito in Mission: Impossible – Fallout (sempre di McQuarrie). Il successo questa volta è addirittura superiore ai precedenti, in più arrivano tanti elogi dalla critica per la grandiosità delle scene action.

Tutto questo paragrafo sulla storia della Mission: Impossible saga per dire quello che vi starete chiedendo. Semplicemente per mostrarvi come Tom Cruise da un certo punto della sua carriera in poi ha utilizzato Ethan Hunt e il franchise come un luogo in cui rifugiarsi. Il tutto senza però risparmiarsi una singola volta, anzi spingendosi sempre oltre, creando in ogni capitolo stunt assurdi che lo vedono protagonista senza alcuna controfigura. Il tutto tanto dal portare Tom Cruise a essere sempre più l’alter ego di Ethan Hunt e non il contrario. E a noi, in fin dei conti, va bene così.

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