Il 30 giugno 2022 è la nuova data simbolo per i lavoratori e le lavoratrici agili in Italia: sono state infatti prorogate dal Governo le procedure semplificate per la gestione dello smart working in azienda.

Il decreto dello scorso 17 marzo allunga di ben tre mesi le deroghe inizialmente previste fino al termine dell’emergenza sanitaria da Covid19, che decadrà ufficialmente dal prossimo 1 aprile, e tiene aperte le porte al Testo Unico sul Lavoro Agile recentemente approvato in Commissione Lavoro della Camera, che potrebbe essere discusso in Aula entro maggio.

Una pratica largamente dibattuta quella dello smart working, anche a causa dei due anni di restrizioni che ci lasciamo alle spalle. Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sono 4 milioni gli smart worker attualmente in forze in Italia e, nonostante una temporanea battuta d’arresto, sono destinati a crescere in futuro.

La stima racconta che il lavoro agile rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, nel 62% delle Pubbliche Amministrazioni e nel 35% delle piccole medie imprese (PMI).

Smart working? Non per tutti

Aziende private, dipendenti pubblici: vale la pena ricordarci che non tutta la forza lavoro ha le caratteristiche per accedere allo smart working. Chi ad esempio svolge attività produttive, chi lavora nei servizi essenziali, nella logistica o nel commercio, chi è impiegato d’ufficio ma impossibilitato a gestire le proprie mansioni e rapporti aziendali solo con telefono e computer alla mano, non può pensare di reinventare il suo lavoro da remoto.

Non solo: vanno considerati anche coloro che, pur avendone i requisiti, preferiscono la propria scrivania in ufficio ad una postazione sì personalizzata, ma inevitabilmente più isolata. Una varietà corposa di esigenze che ha come risultato un divergente senso d’urgenza verso questo cambiamento.

Perchè, se la scelta di proseguire con lo smart working dopo giugno è motivata dai benefici riscontrati da lavoratori e aziende (maggior equilibrio fra lavoro e vita privata, su tutti) è anche vero che l’incremento del lavoro da remoto in combinazione con la pandemia ha portato anche conseguenze negative: il 28% del campione analizzato dallo studio del Politecnico di Milano afferma di aver sofferto di tecnostress, il 17% di overworking.

Più libertà quindi, ma anche più frequenza di straordinari o di contatti fuori dalle canoniche ore di lavoro, che hanno aperto nuovi interrogativi e richieste di regolamentazione più attuali.

Come capire se lo smart working
può funzionare per te

Al netto della tipologia di lavoro, se hai maturato la convinzione che il lavoro in azienda e la felicità personale viaggino su due binari paralleli ma sia anche possibile conciliarli, se l’idea di guidare per minuti interminabili verso l’ufficio ti atterrisce oppure se sei alla ricerca di un modo gestire meglio il tuo tempo, forse lo smart working è la soluzione.

Attenzione però, non si tratta solo di un discorso di quantità: inutile concordare con il datore di lavoro settimane corte o veloci capatine in ufficio, se sei già cosciente che la tua produttività ne risentirà.

Smart working significa soprattutto ottimizzazione, quindi sarà sicuramente importante la qualità del tuo lavoro remoto, oltre che la tua capacità di mantenere vive ed efficaci le relazioni con i colleghi.

Arianna Visentini e
la sua idea di smart working

Lo spiega molto efficacemente Arianna Visentini, pioniera del lavoro agile in Italia e autrice insieme a Stefania Cazzarolli del libro Smart Working: mai più senza, nel suo TEDx Smart Working: l’unico modo di lavorare possibile.

In questo intervento di settembre 2021, Arianna Visentini affronta l’argomento in maniera esaustiva, a partire dalla prima vera legge di regolamentazione del lavoro da remoto, la 81/2017, fino alle prospettive attuali.

“Innanzitutto, la legge dice che il lavoro agile ha un duplice scopo: di incrementare la competitività, e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; e che la prestazione può essere eseguita in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro. È semplice. Andate a leggere l’originale. Non è una legge complicata: obbliga? Vieta? No, mette in sicurezza una possibilità, la possibilità di scegliere dove e quando lavorare“.

Arianna Visentini, a proposito della legge 81/2017

Ovviamente la decisione di intraprendere questo cambio di prospettiva va presa di comune accordo tra datore di lavoro e collaboratori ma è innegabile che, soprattutto negli ultimi anni, si sia fatta strada l’idea che un’altra impostazione di vita sia possibile, se la desideriamo.

Questo non vuole affermare che lo smart working, dove applicabile, non abbia difetti: non funziona automaticamente, non è perfetto, il suo successo dipende da come viene strutturato e dalla trasparenza dei soggetti coinvolti.

Però si tratta di uno strumento a disposizione dei lavoratori e delle lavoratrici, che inizia ad essere concretamente utilizzato e che speriamo possa avvicinare ulteriormente aziende e forza lavoro. Perché l’unico modo possibile di lavorare bene, a lungo termine, è quello che ci rende sereni e soddisfatti.

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