Glass ceiling significa, letteralmente, soffitto di cristallo e indica, simbolicamente, il limite oltre il quale una lavoratrice non può spingere la propria carriera.
Raggiunto un determinato livello nel proprio lavoro, infatti, la lavoratrice si trova bloccata: la sua carriera non potrà progredire oltre.

La nota espressione soffitto di cristallo, tetto di vetro, glass ceiling viene utilizzata per indicare la segregazione verticale che impedisce alle donne di raggiungere posizioni di vertice e responsabilità in ambito professionale, si riferisce dunque a tutte quelle barriere invisibili che impediscono o complicano la crescita in ambito professionale delle lavoratrici. Nel corso del tempo, tale metafora è stata utilizzata in maniera estensiva, includendo categorie sociali come disabili, anziani e minoranze razziali o sessuali.

A introdurre tale metafora fu la scrittrice francese femminista George Sand, pseudonimo maschile di Amantine Aurore Lucile Dupin, che utilizzò l’espressione une voûte de cristal impénétrable in Gabriel per descrivere il sogno dell’eroina di librarsi con le ali, interpretata come l’ambizione di una sorta di donna-Icaro che tenta di elevarsi al di sopra del suo ruolo accettato.

L’espressione fu ufficialmente coniata nel 1978 da Marilyn Loden in un’intervista e poi usata nel marzo 1984 da Gay Bryant, fondatrice ed ex-direttrice della rivista Working Woman, allora in procinto di assumere la direzione di Family Circle, in un’intervista nella quale dichiarava:

«Le donne hanno raggiunto… il soffitto di cristallo, sono nella parte superiore del management intermedio, si sono fermate e rimangono bloccate. Non c’è abbastanza spazio per tutte quelle donne ai vertici. Alcune si stanno orientando verso il lavoro autonomo. Altre stanno uscendo e mettono su famiglia».

Nel corso degli anni (l’8 marzo 2013) il glass ceiling è diventato anche il nome di un indicatore che in 29 paesi misura il grado di disuguaglianza attraverso i dati provenienti da organizzazioni quali la Commissione europea, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e l’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di istruzione superiore, partecipazione alla forza lavoro, retribuzioni, costi per l’accudimento dei bambini, diritti di maternità e paternità e presenza in posti di lavoro di alto livello.

Il 24 maggio ricorre l’anniversario dell’espressione glass ceiling che, nel 2022, compirà i suoi primi 183 anni.

Qual è lo stato dell’arte nel mondo dello sport per quanto riguarda il gender gap? Dal punto di vista degli stipendi e della visibilità degli atleti, dei ruoli apicali la distanza da colmare ancora troppa.

Una donna, così, non potrà mai raggiungere i vertici e avere un ruolo di prestigio.

Si parla di soffitto di cristallo in quanto la differenza di trattamento è sotto gli occhi di tutti: chi si trova ad un livello superiore può vedere la condizione di chi si trova ad un livello inferiore, e viceversa, ma la barriera rimane, granitica.
Tale situazione si verifica a causa di vincoli discriminatori di natura culturale, sociale e psicologica: a livello di legislazione, infatti, è una condizione che non dovrebbe verificarsi.

Culturalmente, ciò avviene perché le donne vengono associate alla cura, al supporto familiare, sono legate al welfare; quando una donna si discosta da questa visione, quindi, non viene vista di buon occhio, anzi, il più delle volte viene osteggiata.
Le ultime statistiche a riguardo, sottolineano come, nei ruoli dirigenziali, vengano preferiti gli uomini, tanto che tali posizioni sono rivestire, solamente, dal 3% delle donne.

Ma è opportuno parlare oggi
di glass ceiling?

In altre parole, esiste ancora una condizione di svantaggio per le donne che vogliono progredire nel mondo del lavoro? La risposta sembra purtroppo essere affermativa, sebbene dei margini di miglioramento siano effettivamente ravvisabili. Nel marzo 2021 il settimanale inglese The Economist ha pubblicato il glass-ceiling index, riportando i Paesi al mondo dove sembrerebbe più facile essere una donna in carriera, sulla base di una serie di parametri che vanno dal livello di istruzione al grado di rappresentanza femminile nelle posizioni manageriali.

È possibile affermare che i progressi, mediamente, siano stati lenti ma costanti e che abbiano interessato soprattutto un aumento della forza lavoro femminile: i Paesi del Nord Europa sono in vetta alla classifica, con la Svezia che primeggia attestandosi su un livello superiore all’80%, mentre Paesi come la Corea del sud, il Giappone e la Turchia arrancano notevolmente.

Ciononostante, è bene sottolineare come in Corea del sud il movimento #metoo, che ha portato alla ribalta lo spinoso tema degli abusi subiti dalle donne sul posto di lavoro, sembri riscuotere un grande successo, segno (e speranza) che nel lungo periodo si possa ritrovare il Paese in una posizione più alta della classifica.

D’altronde, il New York Times ha già messo in evidenza come negli Stati Uniti, a un anno dallo scoppio del caso Weinstein e del conseguente successo del movimento #metoo, ben il 43% degli uomini allontanati dal posto di lavoro in seguito ad accuse di molestie e violenze sessuali sia stato rimpiazzato, udite udite, proprio da donne.

Le donne continuano dunque ad avere un invisibile soffitto di cristallo sopra le loro teste, che preclude loro ambizioni, sogni e soprattutto il riconoscimento dei propri meriti. Se poi la nostra lente di ingrandimento si focalizzasse su determinate aree del mondo, più lontane da noi per latitudine e costumi, la situazione non migliorerebbe di certo, anzi, pensiamo al fatto che in molte realtà del nostro pianeta le donne non possono neanche accedere a un’istruzione superiore. Eppur si muove: anche se il movimento è impercettibile, quel soffitto di vetro sta iniziando a scricchiolare, e chi sa che un giorno non possa precipitare in frantumi rovinosamente ai nostri piedi.

Premesso che l’asimmetria di genere nel mondo del lavoro è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto complesso, di seguito alcuni spunti di riflessione e suggerimenti su quello che si può fare per favorire un clima paritario all’interno di un’azienda:

Cultura aziendale: valorizzare, a livello dirigenziale, la diversità delle risorse umane e promuovere un cambiamento di prospettiva e cultura che si rifletta a tutti i livelli dell’organizzazione;

Work-life balance: adottare misure orientate alla conciliazione vita-lavoro e misure family friendly, rendendo attrattiva l’azienda per lavoratrici e lavoratori;

Monitoraggio: definire i comportamenti virtuosi e misurare quelli reali adottando degli indicatori specifici ed obiettivi che siano liberi da pregiudizi legati al genere;

Flessibilità e smart working: riconoscere nella flessibilità un valore e non un pericolo. Promuovere una modalità di esecuzione del lavoro contraddistinta dall’assenza di vincoli di orari e di spazio, e da un’organizzazione per obiettivi;

Approccio tecnologico: utilizzare sapientemente i vantaggi che la tecnologia offre. Garantire la disponibilità di strumentazione e device innovativi e proporre corsi di formazione, anche virtuali, in merito;

Pregiudizi: affrontare le selezioni di nuove figure manageriali evitando di cadere nei più comuni pregiudizi. Adattare, quindi, il processo di recruiting per coinvolgere anche talenti femminili in aree specifiche, come quelle ingegneristiche;

Selezione delle persone: valutare sistematicamente per posizioni manageriali anche profili femminili, spingendo per avere short list di candidati che rispettino la gender diversity;

Maternità: gestire la carriera di una donna manager anche nei periodi di discontinuità, come il rientro dalla maternità o il cambio di ruolo.

Il settore STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) è stato tradizionalmente dominato dagli uomini. Ci sono state donne pioniere come Ada Lovelace, la matematica britannica che contribuì alla creazione del primo prototipo di computer meccanico, ma non sono così ampiamente discusse come Elon Musk o Tim Berners-Lee.

Più donne che mai ora scelgono di accettare un lavoro in ruoli STEM con un milione di donne che si dice lavorino nel settore STEM del Regno Unito. Dal 2016 il numero di donne che lavorano in lavori STEM è in costante aumento.

Ma ci sono ancora molti ostacoli che le donne devono affrontare nel settore, come il sessismo e la preoccupazione per le opportunità di carriera.

Ci sono relativamente pochi modelli di ruolo STEM femminili. I risultati mostrano che le donne hanno maggiori probabilità di intraprendere una carriera nel settore tecnologico se hanno avuto una figura ispiratrice da seguire sulle orme.

I settori della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM) hanno difficoltà a trattenere e ad attrarre le donne. Una nuova ricerca rileva che le donne che lavorano in quei campi hanno maggiori probabilità di andarsene rispetto agli uomini.

Un rapporto dell’American Association of University Women rileva che mentre uno su sei uomini che ottiene un dottorato di ricerca nei campi STEM poi lascia per intraprendere una carriera altrove, lo stesso vale per una donna su cinque in STEM (19% delle donne, contro il 16% degli uomini).

Una percentuale ancora più alta, il 21%, di dottorandi afroamericani lasciano le carriere STEM. Ciò si confronta con il 17% dei bianchi e il 14% sia degli asiatici che degli ispanici in quei campi.

Vi consiglio un libro che centra completamente l’argomento: Glass Ceiling – Oltre il soffitto di vetro. Di Emanuela Mascherini edito da Edimond.

Un saggio che analizza il ruolo della donna nell’universo del cinema, partendo proprio dalla ricerca delle motivazioni storiche e sociali dello stato di presenza-assenza della donna all’interno del settore cinematografico. L’autrice, pertanto, ripercorre le fasi di questo dibattito che inizia negli anni settanta sulla scia del femminismo, partendo dall’analisi della rappresentazione della donna nei film e dalla effettiva presenza femminile davanti e dietro la macchina da presa, fino ad affrontare la crisi del cinema italiano dagli anni settanta ai giorni nostri, attraverso la letteratura specifica, la citazione di numerosi film e le interviste a donne che a vario titolo hanno lavorato e lavorano nel cinema.

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