Spazi digitali. Video intervista con Stefano Giorgi
Dispositivi digitali. La percezione del tempo e dello spazio si sta modificando per effetto del fenomeno più dirompente della nostra epoca
Dispositivi digitali. La percezione del tempo e dello spazio si sta modificando per effetto del fenomeno più dirompente della nostra epoca
Il nostro blogger di oggi, Stefano Giorgi, è un giovane attore, uno che ha familiarità con le immagini, le rappresentazioni, le narrazioni. E ci accompagna in una riflessione su come la percezione del tempo e dello spazio si sta modificando per effetto del fenomeno più dirompente e pervasivo della nostra epoca, ovvero la diffusione dei dispositivi digitali.
Sappiamo cosa vuol dire essere cittadini digitali, quanta capacità di discernimento serve per abitare ambienti ibridi in cui eventi reali e giochi di finzione convivono e a volte si confondono? Quando facciamo un gesto all’apparenza innocuo come cliccare su un bottone Accetto, ci ricordiamo che stiamo riversando i nostri dati personali in un flusso del quale per lo più non conosciamo, né tantomeno controlliamo, la direzione e i possibili utilizzi?
Un concetto come società dell’accelerazione, spiega Stefano, è stato coniato per descrivere una condizione in cui bisogna reagire in maniera sempre più rapida agli stimoli che ci piovono addosso. E non possiamo non trovarci sempre in difetto, in ritardo rispetto a questo flusso continuo e sovrabbondante.
La distorsione dello spazio è più subdola: quando crediamo di poter accedere liberamente alle strade e alle stanze dell’informazione digitalizzata, in realtà ci stiamo muovendo lungo percorsi tracciati per noi da un algoritmo. È un algoritmo che, in base ai nostri movimenti, sceglie ciò che potrebbe interessarci e nasconde il resto. In pratica un meccanismo che ci apre sempre le stesse porte, facendoci credere che stiamo esplorando il vasto mondo della Rete globale. Lo stesso spazio fisico, soprattutto nelle città, è irto di immagini digitali: schermi e telecamere attraverso cui passa di tutto in un continuum indifferenziato, dalle informazioni pratiche alle simulazioni a scopo pubblicitario (è emblematico l’esempio degli schermi della stazione romana di Termini, prestati senza preavviso al lancio di una serie Netflix), fino alla percezione della nostra immagine corporea.
Se deve esserci un’educazione civica per il ventunesimo secolo, conclude Stefano Giorgi, non può eludere questo nodo. Deve fornirci gli strumenti culturali, e prima ancora psicologici, per orientarci con piena consapevolezza e responsabilità in un mondo reale E virtuale.
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