Il Museo della Merda si trova a Castelbosco nel piacentino e  prende corpo dal 2015 su iniziativa dell’imprenditore agricolo Gianantonio Locatelli e di un gruppo di sodali: Luca Cipelletti, che ne cura progetti e prodotti, Gaspare Luigi Marcone e Massimo Valsecchi.
Il Museo della Merda è stato immaginato da principio come produttore, non soltanto di idee e mostre, ma di oggetti e progetti. Non c’è trasformazione senza produzione, è questo il principio ispiratore. Sostenibilità e trasmutazione sono gli obiettivi scientifici del Museo.

Nelle sale espositive del Museo, nelle stanze al pian terreno della sede dell’azienda, nel castello medievale di Castelbosco sono raccolte, tra aggiornamenti continui e nuove commissioni, testimonianze di esperienze estetiche e scientifiche, umane e animali, attuali e passate, che della merda fanno materia utile e viva. Dallo scarabeo stercorario, considerato divino dagli egizi (e simbolo del Museo), all’utilizzo dello sterco nell’architettura, dalle antiche civiltà italiche all’Africa, passando per opere storico-letterarie come la Naturalis Historia di Plinio. Fino alle ricerche scientifiche più attuali e alle opere d’arte che toccano l’uso e riuso di scarti e rifiuti. Un contemporaneo gabinetto di curiosità che trova il suo principio guida nella scienza e nell’arte della trasformazione.

Nel 2017 anche a Roma presso il Bioparco c’è stata una mostra dedicata alla cacca!
“La cacca: storia naturale dell’innominabile”. La mostra è stata ispirata all’omonimo libro della zoologa inglese Nicola Davies con l’obiettivo di far conoscere la naturalità di questo materiale da molteplici punti di vista, a partire da quello fisiologico per arrivare a quello naturalistico ed ecologico, con un filo conduttore:la cacca è vita, ovvero, senza la cacca degli animali non ci sarebbe terra fertile e quindi non ci sarebbero gli alberi, l’ossigeno, il cibo…non ci sarebbe la vita”.
La cacca infatti è fonte di cibo, è mezzo di comunicazione, di identificazione, è combustibile, è materiale da costruzione, fertilizzante e nascondiglio. La mostra ha previsto dieci sezioni interattive con installazioni tridimensionali e modelli realistici, fra cui due dinosauri con escrementi fossili e con la cacca machine, una macchina didattica per illustrare il processo digestivo a partire dal cibo ingerito.

E non solo in Italia, ma anche all’estero la cacca è la protagonista di esposizioni e mostre. E’ l’esempio del Giappone che nel 2019 ha inaugurato il Museo della cacca, Unko Museum a Yokohama. Un museo colorato dove la cacca assume connotazioni quasi fiabesche dove la finalità più che didattica appare interattiva per divertire i visitatori.

Ma perché la cacca sta diventando una star internazionale?
Oltre alle diverse  funzioni che la cacca ha e che vengono messe in evidenza dalle diverse iniziative citate, non ultima la funzione ambientalista, la cacca ha un importante valore psicologico.

Ricordiamo il padre della psicoanalisi Sigmund Freud e l’importanza attribuita alla nota fase anale. La fase anale è una fase dello sviluppo psicosessuale, successiva alla fase orale che Freud aveva collocato tra i 18 e i 36 mesi di vita del bambino, in concomitanza allo sviluppo del controllo delle funzioni sfinteriche. Secondo Freud il rapporto del bambino con la capacità di gestire tali funzioni e le sensazioni legate a tale processo possono orientare la formazione o meno di manifestazioni sintomalogiche di un certo tipo.

L’originalità e oseremmo dire l’attualità del pensiero di Freud stava però nell’individuare un legame con l’eventuale angoscia e frustrazione che potevano derivare dal rapporto individuo-società. E qui cosa c’entra la cacca?

I genitori chiedono al bambino di controllare degli impulsi naturali: tavolta “Trattieni la cacca!”, talvolta “Fai la cacca!”. La cacca diventa così un oggetto ambiguo e ambivalente di cui non si può parlare ma che si deve controllare.

La società chiede all’individuo di adeguarsi a delle norme sociali esigendo un certo tipo di autocontrollo su alcuni comportamenti naturalmente biologici. La “civiltà è la somma delle realizzazioni e degli ordinamenti che differenziano la nostra vita da quella dei nostri progenitori animali e che servono a due scopi: a proteggere l’umanità dalla natura e a regolare le relazioni degli uomini tra loro”. Su questo si interrogava Freud nel 1929 ne il Disagio della Civiltà.

Ma la libertà individuale non è frutto della civiltà. La libertà era massima prima che si instaurasse qualsiasi civiltà. La libertà subisce delle limitazioni ad opera dell’incivilimento e la giustizia esige che queste restrizioni colpiscano immancabilmente tutti. Così la cacca è diventata pupù oppure tra i più adulti si sente dire “andare di corpo”. Sembra che cacca sia diventato un termine impronunciabile e vietato.

È invece importante poterne parlare perché è una naturale funzione fisiologica del nostro corpo ed è indispensabile alla vita. Essere consapevoli del proprio corpo e parlarne senza vergogna potrebbe già essere un primo passo per il benessere psicologico di ognuno.
Che si parli di cacca allora!

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