Forse è vero che Costanza Quatriglio, bravissima documentarista e regista del film (L’isola è è il suo debutto nel cinema di finzione: da vedere), non dà il meglio di sè in Trafficante di virus; forse è vero che la narrazione è pedissequa e non decolla, nonostante sia sceneggiato insieme a un mostro sacro come Francesca Archibugi; forse è vero che se il punto di vista non fosse così graniticamente schierato dalla parte della protagonista la complessità drammaturgica sarebbe risultata più avvincente.

Ma mi piace immaginare che non dev’essere stato facile mettere in scena la storia di Ilaria Capua che, anche leggendo il suo libro (Io, trafficante di virus, da cui il film è tratto), fa rabbrividire. A cominciare dal sessismo della scena iniziale, con cui la scienziata (oggi Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana) viene liquidata in un convegno internazionale, fino ai processi con capi d’accusa da ergastolo, mossi da misteriosi (tutt’ora insoluti) interessi economici e politici.

Al centro della trama del film (dalle sale, adesso è visibile in streaming su Prime Video, su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick), guarda un po’, case farmaceutiche vaccini, salto di specie da animali a esseri umani da parte di virus: risuona qualcosa? Sembrerebbe un instant movie se al posto dei polli ci fossero stati pipistrelli…

Irene Colli (Ilaria Capua è interpretata dalla brava Anna Foglietta) è una ricercatrice di altissimo livello che lavora per prevenire la possibile diffusione di un’epidemia (l’aviaria). Instancabile, dedita e appassionata alla vera e propria causa umanitaria per cui si sta battendo nel suo laboratorio (trovare il marker per sviluppare un vaccino), perde il marito, che la lascia per via della sua assenza nella relazione. Intanto, il capo della sua azienda investe altrove i fondi europei che lei ha faticosamente recuperato e, cosa ben più grave, un giornalista scopre che un’indagine mira ad attribuirle la responsabilità di un traffico illegale di vaccini e di virus.

Impossibile non schierarsi e, anzi, viva il cinema di denuncia: “Trovarmi di fronte al rebus di una vicenda tanto affascinante quanto oscura mi ha imposto di cercare chiavi di lettura che non pretendessero di condurmi a una risoluzione del racconto pacificata – ha detto la regista. Nel dramma vissuto da Irene non c’è soluzione né consolazione, dunque il male resta. O meglio, il danno. Il danno all’Italia che perde. Che si lascia sfuggire le intelligenze, che non sa che farsene di chi ha una visione lungimirante, preferendo piuttosto il cosciente mantenimento dello stato delle cose.

I personaggi sono incastonati nel loro ruolo; ognuno, in modo diverso, è prigioniero della propria condizione. Persino chi lo desidera non riesce ad aprire una crepa nel muro di un andazzo tanto spietato quanto rassicurante; ciascuno fa la sua parte, come in un balletto senza scopo. Attraverso l’intonazione non vittimistica di una vicenda devastante, ho voluto mettere al centro questa donna esposta, nuda, il cui corpo sembra quasi sotto il vetrino di un microscopio. Una donna che cade nell’ingranaggio di una vicenda giudiziaria – ma anche esistenziale e professionale – che ha l’atmosfera emotiva del thriller psicologico, calata in un gioco scoperto con gli immaginari dei generi cinematografici.

Il suo talento, nel mondo della scienza e del potere, non basta a proteggerla dai nemici invisibili che la circondano, anzi, è spinta in un labirinto a cui è difficile dare un nome. Oggi, che viviamo il tempo della pandemia, il film ha il sapore del presagio. I nostri personaggi continueranno a fare il loro dovere e tutto rimarrà identico, il danno non potrà che essere collettivo e questa sarà solo un’emblematica storia italiana in cui a perdere continueremo a essere tutti“.

Ad Ilaria Capua, revolutionary mind, andrebbe dedicato un monumento (soprattutto dato che non esistono monumenti alle donne) per aver deciso, contro la comunità scientifica internazionale, di rendere di pubblico dominio la sequenza genica del virus dell’aviaria. Questo le costò un linciaggio mediatico e giudiziario ma il prezzo più grande l’ha pagato il nostro paese, che l’ha persa: oggi, questa scienziata che voleva aprire un istituto di ricerca in Italia per prevenire le future pandemie (che si tratti di una veggente??), vive in Florida, dove dirige un dipartimento universitario.

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