Conosco Paola Turci per aver scritto con lei a quattro mani Con te accanto, edito da Rizzoli, 13 anni fa. Ai miei occhi era una donna forte e dura, capace però di dare voce alle proprie fragilità e vulnerabilità, con una salvifica dote di ironia e autoironia. Percepivo in lei, accanto al successo che la rendeva luminescente, anche alcuni tratti di insoddisfazione e frustrazione, una sorta di solitudine e malinconia, che poi è in parte quel sentiment che da sempre fa innamorare tanti e tante suoi fan.

Il mio ricordo di lei è di una persona con una spiccata sensibilità culturale, attratta dal bello nelle sue declinazioni di talento, arte e spiritualità, impegnata nel dibattito politico con la P maiuscola, con un senso morale molto sviluppato e un amore per gli animali che racconta naturalmente di vastità interiori.

Ma, al di là dei miei ricordi personali, direi che l’artista ha sempre rappresentato se stessa attraverso narrazioni di emancipazione, libertà, autonomia, modello di empowerement per molte donne, rocker in senso stretto e largo.

Francesca Pascale, invece, è nota a tutti come ex di Silvio Berlusconi, punto. Solo agli occhi di qualcuno è anche una paladina dei diritti LGBTQI+, tanto da aver convinto il Cavaliere ad aprirsi politicamente alla questione.

La notizia del matrimonio tra le due, tanto improbabile quanto sorprendente, è davvero uno schiaffo ai pregiudizi, forse questa volta più di intellettuali, sinistrorsi e radical-chic, che normalmente si accoppiano all’interno dello stesso clan.

Un matrimonio che riesce, in un colpo solo, a disintegrare gli stereotipi ageisti (le dividono 20 anni di età), lesbofobici (entrambe con impegnative relazioni eterosessuali alle spalle), partitici (le spose provengono, dicevamo, da coinvolgimenti in opposti schieramenti politici).

Due stili diversissimi, insomma, due vite siderali, esperienze opposte, come opposti sono gli immaginari planetari legati alle first lady e alle donne del rock (ve lo immaginate un matrimonio tra Melania Trump e Patty Smith?).

E invece il loro coming out dirompe, irrompe, erutta irriverente sdoganando l’amore, che per sua stessa fisiologia non guarda in faccia niente e nessuno, libero e scatenato grazie alla sua potenza vitale che può solo compiersi. Un matrimonio libera-tutt*, che getta le fondamenta per un modello nuovo di relazione, in cui a contare sono autenticità, consapevolezza, autodeterminazione al posto della coazione, nelle varie sue forme di convenienza.

Dunque grazie a queste due donne coraggiose, entrambe con la responsabilità di essere personaggi pubblici e dunque (anche) simboli, che hanno saputo sfidare pettegolezzi, giudizi, shit storm, per affermare – appunto a nome di tutt* – la libertà di amare.

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