Un intervento a “misura di donna”
Le donne sottoposte a intervento di sostituzione della valvola aortica mostrano esiti migliori con procedura mininvasiva rispetto alla chirurgia tradizionale. Effettuato primo studio di genere.
Le donne sottoposte a intervento di sostituzione della valvola aortica mostrano esiti migliori con procedura mininvasiva rispetto alla chirurgia tradizionale. Effettuato primo studio di genere.
Contro la stenosi aortica c’è un intervento ‘a misura di donna’. Anche per le malattie cardiovascolari esiste un gender gap: le donne sono poco attente ai fattori di rischio, sottorappresentate negli studi clinici e hanno minori probabilità di ricevere trattamenti basati sull’evidenza, nonostante le patologie a carico di cuore e arterie causino complicanze più gravi e quindi prognosi peggiori nel sesso femminile, soprattutto con l’avanzare dell’età.
Una piccola grande rivoluzione verso un approccio di genere arriva dallo studio RHEIA. Per la prima volta in un campione di sole pazienti donne è stata valutata la strategia interventistica più vantaggiosa per il trattamento della stenosi aortica, la patologia valvolare cardiaca più frequente in Italia dopo i 60 anni, dovuta a un malfunzionamento della valvola aortica che ostruisce il flusso di sangue dal ventricolo sinistro del cuore all’aorta. La malattia interessa un numero crescente di donne, in ragione del progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Tuttavia, le donne affette da stenosi aortica arrivano più tardi alla diagnosi e ai trattamenti, in parte anche per le caratteristiche anatomiche della valvola e per la presenza di camere ventricolari di piccole dimensioni. La grande rilevanza di questo lavoro è legata al fatto che per la prima volta sono state coinvolte solo pazienti appartenenti alla fascia di popolazione più a rischio, ovvero donne in post menopausa.
Lo studio ha coinvolto 443 donne affette da stenosi aortica in 48 Centri di 12 Paesi europei, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di comparare l’outcome clinico delle due procedure, mininvasiva e chirurgica. I risultati dello studio, presentati durante l’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia, hanno dimostrato che esiste un intervento per la sostituzione della valvola aortica proprio per le donne. Le pazienti sottoposte infatti a procedura mininvasiva di impianto valvolare aortico transcatetere, anche nota con l’acronimo TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation), hanno avuto esiti significativamente migliori rispetto alle pazienti sottoposte a chirurgia tradizionale ‘a cuore aperto’ (SAVR – Surgical aortic valve replacement). Un’ulteriore conferma della necessità di implementare strategie terapeutiche – ma anche preventive e diagnostiche – specifiche per il genere femminile.
Il ricorso alla TAVI, in alternativa alla chirurgia tradizionale, consente di ridurre di circa il 50% il rischio relativo di eventi sfavorevoli per la donna quali infarto, decesso o re-ospedalizzazione a un anno dall’intervento (8.9% TAVI vs 15.6% SAVR). Inoltre, la TAVI si associa a una minore durata della degenza ospedaliera e a un minor impatto sulla qualità di vita della donna, rappresentando l’intervento più efficace ed economicamente vantaggioso nelle pazienti donne over-70.
In Italia, le malattie delle valvole cardiache, principalmente stenosi aortica e insufficienza mitralica, colpiscono ogni anno il 13% della popolazione over-65 (quasi 2 milioni di casi) e fino al 20% degli over-75. Per i pazienti affetti da stenosi aortica, è possibile ripristinare la normalefunzione cardiaca mediante la sostituzione della valvola danneggiata. La stenosi aortica, nonostante sia la malattia valvolare più diffusa nelle donne tra i 70 e gli 80 anni, è ancora scarsamente riconosciuta, specie nelle fasi precoci, scontando l’approccio androcentrico tipico delle malattie cardiovascolari, che determina anche un ritardo nell’accesso alle cure.
“Si è riusciti finalmente a focalizzare l’attenzione sul fatto che la terapia ‘cucita’ sulle specifiche esigenze del paziente rappresenta il futuro della medicina, e che il genere è una variabile fondamentale e non più trascurabile, soprattutto in ambito cardiovascolare, anche alla luce dell’impatto delle malattie cardiovascolari che rappresentano la prima causa di decesso in Europa”, spiega la dottoressa Cristina Aurigemma del Dipartimento Scienze Cardiovascolari del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
Lo studio RHEIA rappresenta un passo importante per l’affermazione di una medicina sempre più personalizzata, anche in un’ottica di genere. Oltre ai migliori esiti di salute e sulla qualità di vita della donna, il ricorso alla TAVI ha un impatto positivo anche sulla riduzione dei costi a carico sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento delle complicanze e le ri-ospedalizzazioni.