Libro scelto per il periodo estivo: Una vita come tante di Hanya Yanagihara, edito Sellerio. Finalmente arriva l’ultimo sabato di settembre e riprendono gli incontri dal vivo al club del libro di Castellammare di Stabia, la mia città. Il tempo di arrivare e già ci sono diverse persone sedute nella saletta messa a disposizione dalla Mondadori. Tra le mani una copia di questo mattone ormai iconico, diventato celebre con il passaparola e, poi, virale grazie all’ondata social.

Come si spiega così tanto successo? C’è chi dice di aver pianto tutte le sue lacrime leggendolo, chi ammette di aver fatto fatica in certi punti – ho chiuso il libro e l’ho ripreso in mano dopo due giorni, era troppo doloroso, chi ha trovato irrealistico il modo in cui l’autrice si è accanita sul suo personaggio presentandogli una sventura dopo l’altra. Le voci si accavallano e vengono fuori tanti spunti di riflessione. Solo chi l’ha letto può capire: non è un libro che si fa dimenticare facilmente.

Non è forse vero che tutti noi scegliamo sempre una persona, e una sola, alla quale raccontare veramente la nostra vita, in ogni suo aspetto?

Di cosa parla “Una vita come tante”

Jude, Willem, Malcolm e JB. Quattro ragazzi poco più che ventenni in una New York che fa da sfondo alla loro crescita professionale e sentimentale. Fin da subito si intuisce quanto tutto ruoti intorno a Jude e al suo oscuro passato. Che fine hanno fatto i suoi genitori? Cosa gli è successo alla gamba? Perché porta sempre le maniche lunghe? Con una lunga serie di indizi e parziali confessioni Yanagihara ritarda all’inverosimile lo svelamento del mistero narrativo, prendendo la forma romanzo così come noi la conosciamo e portandola alle estreme conseguenze.

Al trauma dell’abuso sembra non esserci rimedio e, pur creando degli intermezzi di crescita e accettazione del dolore, la spirale autodistruttiva è pronta a stritolare tutti i personaggi di questo melodramma postmoderno. Un lieto fine non è possibile perché i connotati di questo mondo non sono più quelli in cui si muoveva l’eroico Edmond Dantès riparando i torti e vendicando i soprusi. Qui la giustizia divina è assente e se si è in cerca di una qualche forma di redenzione non è proprio il momento giusto per leggerlo.

Perché non è pornografia del dolore

Sì, Una vita come tante non è la classica storiella di puro intrattenimento come ci si potrebbe aspettare vedendola macinare le classifiche. Certo, Yanagihara è bravissima nel costruire un flusso narrativo magnetico che, unito a un ritmo super fluido, fa scorrere via le pagine anche agli orari più improbabili, ma tra violenza e dipendenza affettiva c’è tanto cui prestare attenzione avvicinandosi con cautela.

Negli anni si è parlato spesso di pornografia del dolore proprio per il mettere in scena in modo eccessivamente drammatico una serie di sventure inflitte sempre alla stessa persona. Eppure, qui più che fare scalpore sfruttando traumi altrui, l’autrice nel mostrarci la forza dell’amicizia e il potere dell’amore ci svela quanto anche una vita misera e infinitamente piccola (A Little Life, il titolo in inglese) sia degna di essere vissuta. E se non sempre è dato cambiare il proprio destino bisogna pur riconoscere chi e cosa anche nel buio più nero ci permette di fare luce.

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