Dialoghi essenziali, ma di quelli che restano impressi per la nettezza delle parole usate. Persone e personaggi raccontati dal cronista che sceglie di non mettersi da parte. Sarebbe anche ipocrita il contrario, perché quella che il giornalista Giuseppe Smorto, già vice direttore de La Repubblica, racconta in A sud del Sud  (Zolfo) è la sua Calabria.

Difficile dire se questo Viaggio dentro la Calabria tra i diavoli e i resistenti sia un reportage tradizionale sostenuto da una solidissima impalcatura che rende il libro ineccepibile, informato e al contempo fluido, o se si possa trattare anche di un reportage narrativo dove, tra le pieghe della realtà fotografata sino all’ultimo pixel, c’è la Calabria contemporanea dell’utopia e del sogno in continuo divenire, svelata come in un racconto corale. Forse è vera questa ipotesi.  

In A sud del Sud sono raccontate moltissime scommesse vinte, sono ricordati anche i tracolli storici e i dolori, e quei diavoli della regione aspra che tutti conosciamo.

Ma in ogni pagina emerge comunque la Calabria per quel che è davvero: la terra scomoda e bellissima delle possibilità. Qui c’è una luce che abbaglia e qualche volta acceca, e di certo non è quella che traspare dai tg nazionali. 

Copertina di “A sud del Sud” (Zolfo)

“La Calabria delle persone è poco narrata”

Se il viaggio di Smorto parte dalla famosa Locride, o meglio dalla sede di Goel, non è un caso. In questo gruppo cooperativo di Gioiosa Jonica sono riunite 47 realtà fra aziende agricole e cooperative sociali, 350- 400 lavoratori dipendenti impegnati in progetti cooperativi, “con parole d’ordine scomode: no alla mafia, no al caporalato.

Il presidente Vincenzo Linarello è un uomo di fede che ha chiamato il suo gruppo Akatistos come quell’inno bizantino che invita a stare in piedi. Con i suoi amici ha individuato molti anni fa una scuola agraria abbandonata, un luogo di immondizia e di disperati e ci ha costruito la sede della comunità. Il passa parola non si è mai fermato, i prodotti della terra vengono lavorati in tutta legalità e rivenduti al prezzo giusto. 

La ribellione agli interessi delle cosche è quotidiana. Tante piccole imprese messe insieme disegnano un profilo collettivo  e “a furia di feste, le intimidazioni si sono fermate, i mafiosi lasciano in pace gli agricoltori. Nessun trionfalismo, questa guerra non è mai finita”.

Smorto però non si ferma alle cose belle, deve mostrare tutto. Accompagna i lettori alla “bretella che scende verso il centro della città, lungo il torrente Calopinace. Trovate sulla destra un enorme edificio fatto di tre blocchi”; è il Palazzo di Giustizia mai completato. I lavori sono fermi dal 2012, uno spazio senza famiglia che avrebbe bisogno di essere adottato.

Il palazzo di Giustizia mai completato a Reggio Calabria

Come in fondo è successo all’ospedale occupato di Cariati, anche questo luogo di abbandono, con stanze vuote ma mai davvero dismesse, dove tra gli occupanti c’è Cataldo Perri, che ha fatto il medico in paese per quarant’anni: un “resistente della sanità” che insieme ai suoi compagni chiede, pretende, un ospedale in un territorio dove la sanità è lontana dai cittadini e dove farsi curare è un lusso. 

Cariati

Eppure, quanti italiani sanno, ad esempio, dell’esperienza di Arghillà a Reggio Calabria, dove è ora operativo il nuovo polo sanitario di prossimità, nato dalla sinergia tra un passionale Lino Caserta, l’idea di Ecolandia, l’amministrazione comunale di Reggio Calabria e i finanziamenti della fondazione Vismara di Milano? O quanti hanno in mente il convento immenso e moderno delle Suore di Maria Bambina a Lamezia Terme?

Da tre anni le cinque suore hanno ceduto un’ala del palazzo alla Comunità Progetto Sud. “Un posto così in Calabria non c’è”. È un centro per la cura dei bambini autistici, nato nel 2017. Si, nella Calabria del fallimento sanitario esistono questi polmoni che assicurano ossigeno alla democrazia e alla normalità dei servizi, e tanto altro.

 D’altronde, sottolinea Smorto, la Sanità non è un argomento sexy, perfino sui giornali. 

Una terra al plurale

(la Calabria) può essere sorella, può essere feroce, andrebbe messa al plurale. Un rapporto economico di quarant’anni fa ne contava nove, ma le Calabrie sono molte di più. Dimensioni e territori che non si parlano, confini invisibili. Bellezze naturali e brutture umane. Mare e castagni secolari, sabbia e scoglio, città disordinate e paesi-gioiello sperduti. Angoli struggenti e pattumiere dei rifiuti tossici italiani. Cinema e libri, vini e sport. ’Ndrangheta e corpi specializzati dei carabinieri. Chiusa nelle sue contraddizioni, spesso raccontata male, la Calabria irrompe nei nostri notiziari e sul nostro pc sempre per fatti di cronaca nera o grigia”.

Così in A sud del Sud si incontrano molto da vicino Mimmo Lucano, i giornalisti in prima linea da Vibo a Cosenza, la genialità imprenditoriale ( e golosa) di Mulinum e del suo  caparbio e illuminato Stefano Caccavari.

Si, c’è anche la Calabria delle montagne di Aspromonte, Serre, Sila, Pollino, tutte terre antiche di boscaioli e di carbonai. C’è la Calabria delle Università eccellenti ma anche quella dei rifiuti pericolosi, degli azzardi di chi vuole cambiare e di chi ama la cultura, degli amanti del cinema che inventano spazi di festivalieri di successo, dei club velici, dei musicisti eccezionali (e chi dimentica Rino Gaetano?) che lasciano il segno.

É complesso riassumere l’impianto di A sud del Sud; si fa prima a leggerlo.

 Nella Calabria di Smorto, “una terra pessimista, anche in rapporto alla Sicilia: dolce e piena di spine come un fico d’India”, si può imboccare un corridoio privilegiato che l’autore ha costruito apposta per i lettori, sbarazzandosi di quell’ammasso di polvere secolare che oscura la Calabria, scegliendo un punto di vista onesto e capace di abbracciare tante angolature, privilegiando le persone, anche se in queste 176 pagine snelle ma al contempo densissime, separare storie eroiche e protagonisti strabilianti sarebbe davvero difficile.

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