Ieri ho visto su Instagram una vignetta di Carmen Ciarmoli. C’era un omino davanti al Corona virus nel 2020. L’omino fa dietrofront e scappa dalla sfera con le protuberanze mentre scorre il 2021. La sua fuga si arresta presto, però, perché a sbarrargli la via c’è un carro armato, è il 2022.

La mia bolla, in questi giorni, si sta interrogando su che senso abbia leggere libri, scrivere libri e parlare di libri mentre i missili russi devastano Kiev. Ma che senso ha allora mangiare, bere, dormire, sorridere, e qualsiasi altro verbo all’infinito?

Sopravvivenza. Per me leggere libri va inserito tra i meccanismi di difesa. Ho sempre preferito l’immaginazione alla realtà. E ammetto che si tratti di una pratica che mi ha ferita più volte di quante mi abbia salvata, è vero. Alla fine, comunque, ognuno si fa i propri conti su come sopravvivere e a cosa.

Trema la notte, una storia
di sopravvivenza

Nadia Terranova ha scritto un nuovo romanzo, s’intitola Trema la notte (Einaudi – Stile Libero, 2022) e i personaggi sono proprio dei sopravvissuti.

Mi sembra superfluo specificare chi sia Nadia Terranova. Quindi, due parole essenziali: nata a Messina nel 1978 e vive a Roma. Ha pubblicato diversi libri, tra cui Addio fantasmi (Einaudi – Stile Libero, 2018) finalista al Premio Strega.

Trema la notte racconta il devastante terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, che rase al suolo Messina e Reggio Calabria. Le scosse di magnitudo 7,1 durarono 37 secondi, ma furono abbastanza per cambiare per sempre la vita delle persone, come quella dei due personaggi del romanzo: Barbara e Nicola.

Barbara è una ragazza che vive in un paese in provincia di Messina con un padre-padrone. Barbara ha un intelletto vivace, vorrebbe fare la scrittrice, vorrebbe studiare all’università, anziché sposarsi senza amore con un uomo scelto dal padre. Nel 1908, come oggi, essere donne porta con sé una tara, che non si estingue, cambia solamente attraverso i secoli. La notte del terremoto, Barbara si trova a Messina, in visita dalla nonna.

Nicola, invece, è un bambino calabrese di undici anni. È di famiglia benestante, ma la sua serenità economica non coincide con la serenità emotiva. Nicola, infatti, vive dominato da una madre onnipresente e ossessiva, un amore soffocante, che lo imprigiona, e non solo metaforicamente. La madre lo crede indemoniato, ma quello che lei cerca di combattere con tutte le sue forze è solo la crescita fisiologica del figlio, la sua naturale emancipazione dal grembo materno, la libertà. Il 28 dicembre 1908, Nicola si trova a Reggio Calabria, la sua città.

Il parto della terra

Il desiderio di cambiamento e di liberazione dei due protagonisti viene esaudito in modo crudele. La terra si dilata, si apre, si squarcia, per cambiare deve autodistruggersi. Gli spasmi, i tremori, le urla, il sangue. È un parto dilagante, mastodontico. La terra partorisce Barbara e Nicola. Stavolta è una nascita cosciente, da pagare a caro prezzo. Due nuove vite pagate con migliaia di morti.

I protagonisti aprono gli occhi alla luce, piangono. Vengono al mondo dalle macerie. Il parto della terra distrugge tutto, dona loro una nuova vita da cominciare da capo. Barbara e Nicola sono dei neonati, dunque, solo che a differenza dell’altra nascita, quella fatta di carne, ricordano tutto della vita dell’attesa; quella nel grembo, nutriti e rinchiusi, stretti, dalla madre e dal padre.

La mia relazione con il libro:
una maceria è una conchiglia

Trema la notte ha 176 pagine. La copertina è gialla ocra. È un colore tipico qui in Sicilia: gli edifici, la sabbia, pure l’aria e la luce notturna (quella elettrica) hanno la stessa tonalità.

È il colore dell’afa, della patina molle, che si posa su tutte le cose sull’Isola, ed è difficile da respirare perché è incandescente. Sullo sfondo giallo ocra della copertina c’è una ragazza con una mantella sulla testa. È la ragazza che cammina sola fra le macerie. Guarda dritta verso di noi, negli occhi ha la nascita e il dolore di questo nuovo parto.

Mi ritrovo spesso a mettere il naso fra le pagine e annusare forte. Ho paura di respirare i detriti, di ritrovarmi il sole polveroso dentro i polmoni, nel sangue, ma lo faccio comunque. L’autrice spesso descrive gli odori. Soprattutto dopo il terremoto, tutto sembra odorare e puzzare ancora di più. Attraverso le descrizioni brevi e precise di Terranova, le percezioni vengono esaltate, guidate, verso il tracciamento di un nuovo mondo. Io mi trovo fra le macerie e sento ogni odore.

Il libro mi segue mentre viaggio. Lo leggo sui mezzi, gran parte sull’aereo, andata e ritorno. Non posso stare ferma mentre leggo, devo spostarmi, devo attraversare lo Stretto ancora, ancora. Devo andare in Italia come i marinai al porto urlano a Nicola, che vuole prendere la nave per andare a Messina: “Andatevene a prendere il treno! Verso Napoli, verso l’Italia!”.

Quando decollo e quando atterro, guardo verso il finestrino (più difficile quando capito lato corridoio, ma mi allungo): il mare si sposta e diventa obliquo, ma perché l’aereo è obliquo. Sotto ho il mare, sembra che stia per scambiarsi con il cielo, capovolgere tutto.

Fra le mani ho il libro giallo ocra, sembra il pezzo di una maceria. Sembra il pezzo di una casa, di un monumento, di una strada. Duro, ruvido e polveroso. Guardo il finestrino e le mie mani; avanti e indietro, finché il libro, la maceria gialla, non si trasforma in una conchiglia. Dura, ruvida e liscia. Avere una conchiglia in mano, e sotto, di lato, sopra di me, il mare; avere una maceria in mano. In entrambi i casi, mi sembra che lo stretto si possa attraversare in un attimo con questa bussola.

Il lampadario e le scarpe

Leggere Trema la notte mi ha fatto sperare disperatamente. Ogni capitolo coincide con una carta dei Tarocchi: l’Appeso, la Luna, il Diavolo, il Matto. Ogni volta che ne finivo uno e voltavo pagina, speravo che mi uscisse una carta buona (pur non avendo idea del significato delle carte, ma per fortuna viene spiegato a ogni capitolo). Leggevo il romanzo e cercavo di leggere il mio destino, ma non erano speranze, previsioni sul futuro, ma sul passato.

In Sicilia ci insegnano fin dalle elementari cosa fare in caso di terremoto, come in tutte le zone a rischio sismico. Abbiamo fatto tantissime prove, creato gruppi operativi: c’era l’apri fila e il chiudi fila, c’erano le safe zone da raggiungere. E non prendere l’ascensore, e riparati sotto i banchi, e 3, 2, 1, “Nascondetevi, ora, via!”, e fermati sotto l’architrave della porta. Come ci si nasconde dal terremoto?

Leggevo Trema la notte e guardavo il lampadario, controllavo se oscillasse o meno. La paura del terremoto fa parte di me. Nel 2002, per il terremoto di Palermo, magnitudo 5,6, si creparono le pareti di casa, il letto saltava, le grida. Rimanemmo terrorizzati per settimane, dormivamo con le scarpe, a me veniva spesso da vomitare senza motivo.

Sfogliavo Trema la notte, voltavo pagina, e speravo sempre in una carta buona, mi dicevo: “ti prego, non fare tremare la terra”, anche se doveva capitare comunque, perché già era capitato. Allora: “Ti prego, fa che Barbara e Nicola si salvino, ricostruiscili felici”, e anche questa era una preghiera per il passato.

Post Scriptum

Consiglio Trema la notte di Nadia Terranova a chi vuole leggere un romanzo, che racconta non solo uno dei più catastrofici terremoti del 20° secolo, ma anche (e soprattutto) chi è sopravvissuto. Una storia fatta di macerie, di odori, di tarocchi e destini che si incontrano.

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