Gli oracoli sono stati nella storia degli importanti punti di riferimento, rispondevano ai quesiti esistenziali su passato, presente e futuro. Consigliavano capi politici sul giusto orientamento per le polis e gli individui sul corretto modo di agire. Al giorno d’oggi pare obsoleto pensare di affidarsi ad entità esterne per ricevere risposte sulla propria vita. Viviamo nella società dell’individualismo e dell’introspezione forzata, in cui generalizzare risulta inutile e obsoleto. Ognuno è l’oracolo di sé stesso e di risposte vaste, fabbricate in serie, se ne fa ben poco.


A tal proposito propongo un oracolo del ventunesimo secolo, che, coerentemente con le contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo, risulta invertito nella funzione: risposte non ne dà, ma di domande ne fa sorgere parecchie. Si tratta di Kevin Rodrigues, in arte Worakls, dj francese, figlio d’arte, che dopo studi classici al conservatorio, passa anni immergendosi nelle realtà liquide della musica elettronica.


Il suo percorso artistico mostra una grande progressività e un’esigenza continua di sperimentare e mettersi alla prova. Il primo EP, Unity, pubblicato nel 2008, è caratterizzato da una techno abbastanza dance, molto veloce, ma già contaminata. Infatti, nella primissima parte della traccia omonima, pare di sentire note di violino fortemente modificate dall’uso dei sintetizzatori. La conoscenza acquisita con gli studi al conservatorio è utilizzata in maniera abbastanza sporadica e recondita e, negli EP immediatamente successivi, risulta difficile da scorgere.


In produzioni come All Night Long (2009), When The Brids Go In The Wrong Way (2010) e Mirage (2011), il giovane dj sperimenta libero, toccando diversi angoli di quel prisma che è la musica elettronica. Lo stampo principale resta la techno, ma passa da impronte più minimal, all’hardgroove, fino a sfiorare le alte frequenze della tekno.
Dal 2013, Worakls vira verso vie più melodiche dell’house-techno, con Good Night My Love e Soleil de Plomb, fino ad approdare nel 2014 in quella dimensione electro-onirica di Utopia e Porto. Quest’ultima traccia in particolare trovo essere completa e coinvolgente, fa venire voglia di correre per le vie mattonellate di un qualche paese portoghese e al contempo di star fermi col naso per aria a guardare le nuvole ballare.

Nei cinque anni a seguire, risulta sempre più evidente quell’accenno, percepibile già nel 2008, al classicismo. Il desiderio di unire musica classica ed elettronica non lo abbandona mai, inserisce spesso strumenti classici nei suoi pezzi, ma l’ambizione è quella di unire un’intera orchestra alle composizioni elettroniche in un banchetto conviviale e paritario. Ebbene, ci riesce! Nel 2019 fa uscire Orchestra, un album in cui l’aspetto elettronico e quello classico sono talmente in equilibrio che non è chiaro chi stia accompagnando chi, anzi è più probabile che i due generi si tengano per mano e procedano insieme allo stesso passo.
In Orchestra, è presentato un ventaglio di spiriti, toni e ritmi varissimo. Anche una singola traccia pare avere tanti animi diversi, prendiamo By The Brook ad esempio: l’intro di archi e piano, lento e trascinato, è raggiunto da beat elettronici rapidi e alti, che ne ravvivano il sentimento, per poi rilasciare spazio alle malinconiche armonie dell’orchestra e, infine, appropinquarsi a una conclusione che sembra un dialogo tra i due generi, in cui l’ultima frase è una bassline potente.
Altre tracce dell’album sembrano essere state fatte apposta per scene eroiche di film di fantascienza, come Caprice, che mi ha trasportato immediatamente nel bosco di Narnia sul dorso di Aslan il Leone; oppure Hortari, che trovo perfetta come sottofondo al movimento di un vascello, che solca un mare, che sta presagendo tempesta; o ancora Crow, questa in particolare, partendo da una base dubstep, pare ideata per una qualche evoluzione acrobatica di Neo in Matrix.


Quest’album è indefinibile! È una sintesi di poli opposti, è una danza di ballerini classici e crew dei sobborghi di Detroit. Non è chiaro se un’esibizione sia più idoneo tenerla in un teatro o in una warehouse con amplificatori in ogni angolo. Sembra un dialogo tra antico e contemporaneo, tra passato e presente. Di certo lo è per l’autore, che, non rinnegando il proprio trascorso e assecondando una spinta verso il futuro, riesce a portare alla luce una sintesi musicale innovativa, versatile e originale.


Sul tempio d’Apollo a Delfi era scolpita la frase Conosci te stesso: quello di Delfi era uno degli oracoli più famosi dell’antica Grecia, Apollo era il dio di tutte le arti. Lo pseudonimo di Kevin Rodrigues, Worakls, è una destrutturazione del termine oracles, e trovo che sia adatto. Forse non dà risposte, ma chiaramente incarna il messaggio del ‘conosci te stesso’, anzi credo che nel suo caso, come in quello di ogni individuo che cerca di vivere la propria interiorità in una contemporaneità così liquida, sia più adatto aggiungere un seguito alla frase: “conosci te stesso e mettilo sempre in discussione”.
Worakls, nel suo percorso musicale, pare averlo fatto. La sua evoluzione è evidente, conserva il passato modificandolo nel presente. In ogni nuova produzione porta qualcosa di nuovo e destruttura qualcosa di assodato, in vista di un equilibrio in cui far convivere i vari elementi, che pare trovar dimora proprio in questo album del 2019: Orchestra.

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