Ci sono domande che risuonano silenziose tra le mura di luoghi carichi di storia. Può un’eredità essere un peso o, al contrario, il terreno fertile per la più autentica delle emancipazioni?

Atelier Mendola Foto Ljdia Musso

Ho scelto di raccontare ai lettori di Rewriters la storia dell’Atelier Mendola perché la risposta che ho trovato lì, in via Bronte 38, non è una sola, ma è un dialogo potente tra generazioni, due visioni dell’arte e della vita.

L’occasione è stata la visita guidata in occasione del Med Photo Fest 2025, un’immersione in una “casa-museo” che è molto più di uno spazio espositivo.

Ad accogliermi sono state le eredi, le sorelle Renata e Sabina Zappala che oggi custodiscono questo patrimonio.

Attraverso i loro racconti, ho potuto apprezzare non solo le opere, ma le narrazioni umane che le hanno generate: la storia di una madre artista, Ileana, simbolo di riscatto e indipendenza al femminile, e quella di un padre, Carmelo, un patriarca autodidatta che ha scolpito il suo nome nella memoria di Catania con la forza della sua volontà.

Carmelo Mendola: l’epopea dell’artista che si fece da sé

La storia di Carmelo Mendola (1895-1976) è quella di un uomo dal “forte senso di indipendenza”, un irrequieto figlio di un commerciante di legname che rifiutò un destino già scritto per inseguire “vaghe smanie di creare grandi cose”.

Fu un artista anomalo, un autodidatta che a quarant’anni sentì l’urgenza di esprimersi e lo fece in ogni linguaggio possibile: scultura, pittura, musica, poesia.

Carmelo Mendola; Fontana dei Malavoglia Piazza Verga Catania

La sua arte non era un capriccio borghese, ma una necessità esistenziale. E questa necessità si fuse indissolubilmente con il suo amore per Catania. La prova più monumentale di questo legame è l’odissea che lo portò a realizzare la Fontana dei Malavoglia in Piazza Verga.

Non fu un’impresa semplice. L’idea di un monumento a Giovanni Verga nacque nel 1952, ma Mendola dovette affrontare quasi vent’anni di “innumerevoli vicissitudini”, pastoie burocratiche e ostacoli di ogni genere prima di vincere il concorso.

La realizzazione stessa del complesso scultoreo, che cattura la drammatica scena del naufragio della “Provvidenza”, durò altri cinque, tormentati anni.

Quando la fontana fu finalmente inaugurata, nell’ottobre del 1975, fu il coronamento di una vita.

Carmelo Mendola morì pochi mesi dopo, nel febbraio del 1976, quasi come se avesse atteso di consegnare alla sua città il suo testamento artistico più potente.

La sua intera visione del mondo è racchiusa in quel gesto: un uomo che, partendo da sé stesso, ha lasciato un’impronta indelebile nel tessuto urbano, trasformando la letteratura in bronzo e acqua.

Lo stesso spirito visionario lo portò a concepire e costruire, nel 1961, l’Atelier: un “tempio” nato dalla volontà di riunire la famiglia dopo le ferite della guerra, un luogo dove coltivare l’arte e la cultura.

Un atto di volontà patriarcale, certo, ma anche la creazione di un patrimonio, un heritage fisico e spirituale destinato a durare.

Ileana Mendola: cucire la propria libertà

Ileana Mendola Atelier Mendola Foto Ljdia Musso

Ed è qui che la narrazione si complica e si fa ancora più affascinante. Cosa significa, per una figlia, crescere all’ombra di un padre così monumentale? Per Ileana Mendola (classe 1926), ha significato intraprendere un lungo viaggio verso la propria voce artistica, una vera e propria emancipazione.

La sua personalità artistica, come mi è stato raccontato, emerge in tutta la sua forza dopo la morte del padre, l’uomo che “nel bene e nel male, ha condizionato il suo sguardo, la sua ricerca e la sua espressione”.

È a partire dal 1975, anno spartiacque, che Ileana compie la sua rivoluzione: abbandona le tecniche tradizionali, la pittura figurativa, e sperimenta un processo radicale di manipolazione della materia.

Ileana Mendola Atelier Mendola Foto Ljdia Musso

Sostituisce il pennello con l’ago. Inizia a tagliare, cucire e assemblare materiali umili: juta, gomme, fili di cotone, lana, metallo.

“Se si vuole trovare un messaggio nelle mie opere lo si trova nella mia ricerca del profondamente bello ed interessante nella semplicità delle cose umili, vecchie, trascurate in maniera sciocca e scavalcate dall’osservatore superficiale. Per prima è stata la tela ad interessarmi, la tela consumata, macchiata, vissuta con l sue trame di fili, con la sua tessitura, le sue pieghe, la sua storia… e il filo in particolare, il filo come segno, filo di cotone, di lana, di plastica, di metallo…”

Ileana Mendola

Le sue mani diventano quelle “di un’artista e di una sarta”, dotate di forza e delicatezza.

In un contesto storico che vedeva una netta affermazione maschile nel mondo dell’arte, la scelta di Ileana è un atto di coraggio e di affermazione identitaria.

Il suo interesse per “i materiali più semplici o modesti” diventa una metafora del sé, un atto quasi terapeutico di guarigione e di costruzione di un linguaggio autonomo.

Non si è limitata a ereditare passivamente l’Atelier.

Lo ha trasformato. Per un decennio, tra il 1981 e il 1991, è stata un’infaticabile animatrice culturale, dirigendo il Centro Informazione Arte Contemporanea (CIAC) proprio all’interno di quegli spazi, rendendoli un punto di riferimento per le nuove tendenze.

Ha preso il patrimonio del padre e lo ha aperto al futuro.

L’Atelier oggi: un patrimonio vivo

Tornando alla domanda iniziale: l’eredità di Carmelo è stata un peso o una libertà per Ileana? La visita all’Atelier Mendola suggerisce che sia stata entrambe le cose.

È stata la solida base da cui partire e, al tempo stesso, la grande ombra da cui emanciparsi. Ileana non ha distrutto l’eredità del padre, ma l’ha arricchita, l’ha messa in discussione, ha intessuto la sua storia dentro la sua.

Questo è il vero significato di heritage: non una reliquia immobile, ma un dialogo continuo tra passato e presente.

Oggi, grazie alla cura delle eredi, l’Atelier Mendola non è solo la testimonianza di due artisti eccezionali, ma un case study su come il patrimonio culturale possa essere un organismo vivo, un luogo che racconta la tenacia di un uomo, l’emancipazione di una donna e la complessa, meravigliosa storia di una famiglia e della sua città.

Atelier Mendola Foto Ljdia Musso

Atelier Mendola

Via Bronte 38, 95125
Catania

COME ARRIVARE

Contatti

+39 3200525746 ateliermendola.comunicazione@gmail.com

Visita l’Atelier

L’Atelier Mendola è visitabile su prenotazione

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