(English translation below)
Corre l’Italia a Budapest, a Praga, a Istanbul. Non tutta l’Italia, ma una sua parte strana, quella più patriottica che sventola bandiere, e più campanilistica perché legata a vestigia identitarie, un’Italia colorata.

Il giallorosso sul Danubio, il viola in Boemia, il nerazzurro sul Bosforo, dove le squadre di casa si giocano le finali delle coppe europee. Sono le agognate mete finali di lunghe stagioni a giro per l’Europa e per l’Italia, a giro con amici e i club per le trasferte. Sono i viaggi più sentiti, fisici all’estremo, colmi di adrenalina, perché si viaggia per seguire la propria squadra e vederla vincere.

Nessuna locale ottava meraviglia del mondo può interessare questi viaggiatori, che di norma ignorano i musei, non leggono le guide, non visitano cattedrali ma solo birrerie.

È un peregrinare con incontri ravvicinati e strani. A me capitò, in quel di Eindhoven, di ritrovarmi improvvisamente compattato dalla polizia olandese in un gruppo di ultras della Fiorentina dall’aria minacciosa e poco rassicurante.

Io venivo da Bruxelles, loro da Firenze, avevo credenziali a posto – bandiera viola, e anche un curriculum come co-fondatore del Viola Club Bruxelles – tuttavia, pigiato in questa umanità che nel bel mezzo della settimana aveva il tempo di lasciare l’Arno per una scorribanda nei Paesi Bassi, un’umanità alquanto muscolosa e dal vocabolario e dai modi non esattamente urbani, mi chiesi: “tutta quella strada per ritrovarmi tra quella feccia di casa?”

Il destino cosmopolita dei tifosi

Dov’ero finito? Ero al posto giusto, perché, complice anche la vittoria, ci si divertì un mondo, e la feccia era simpaticissima e per quel tipo di umanità varia che si cerca e si trova in un viaggio. Quest’anno ho sentito dire, tra amici tifosi che al contrario di me hanno girato, di viaggi indimenticabili a Edimburgo, dove i fiorentini furono accolti molto bene (forse anche per il gemellaggio tra le due città), o a Basilea, dove all’ultimo minuto della partita è scoccata la qualificazione. Altrove, a Enschede, il sindaco mise il bando ai fiorentini, che per un giorno non poterono entrare, a causa di qualche botta di troppo – e così i viaggiatori in un’Europa senza frontiere conoscono, e spesso si procurano, nuove barriere.

Tutta la trasferta calcistica è un ibrido: ci si allontana da casa per inseguire casa, ci si sobbarca spostamenti faticosi per soggiorni a volte brevissimi (i famosi ritorni di notte subito dopo la partita), non per scoprire le bellezze dell’altrove ma per stringersi intorno alla maglia e ai colori della squadra della propria città.

È uno strano meccanismo, e un mercato imprevedibile, fatto di accoliti che rinunciano mai e sono disposti a qualsiasi sacrificio, con date che spuntano improvvise dopo l’accesso al turno successivo e il relativo e magico sorteggio – che distilla l’avversario sul campo, ma anche la destinazione del viaggio, un viaggio che si tinge di lotteria.

Soggetto a questi particolari riti, il destino cosmopolita dei tifosi è un unicum che non gode di prestigio nel mondo dei viaggiatori. Nessuno scrittore si è degnato di ripercorrerne le orme, nonostante le trasferte siano sinonimo di vere avventure. Ancora più succulenti, per il lettore non tifoso, e per il tifoso non viaggiatore, o per chi invece è abituato a conciliare viaggio e tifo, pochi titoli emergono nella ridotta letteratura del genere.

Di striscio cito Viola uzbeko, una delle Storie fiorentine in Afghanistan in Tappeti volanti andata e ritorno, dove improvvisamente una giornata difficile in chiaroscuro in Asia Centrale si conclude in un cimitero monumentale in forma di incongruente trasferta calcistica.

È invece una vera apoteosi del viaggiare per calcio, quasi un’epopea di provincia che solca tutta l’Italia, il recente volume Cesena, in trasferta vale doppio. Cronache dagli stadi di tutta Italia di Fabio Benaglia e Luca Serafini, giornalisti sportivi e tifosi, dai temperamenti diversi.

Al seguito senza complessi del Cesena, quando è nei suoi cenci in serie A o quando gioca in Serie D, il libro è una storia di Cesena città, del Cesena società calcistica, dell’Italia tutta da San Siro agli stadi di San Mauro Pascoli e Acireale, di una certa dimensione dove si mescolano fede sportiva e amicizia, buona tavola e atmosfere quasi alla Fellini, come quando, allo stadio di Pescara, si scopre che dal bagno si può continuare a seguire la partita.

Ma è con Orange Football di Paolo Ciampi, e Arnaldo Melloni, che il cerchio si chiude. Perché questo libro è la storia di un mito, il calcio olandese degli anni Settanta, di un amore per quel colore e quella rivoluzione sportiva che è una bellissima strada per visitare un Paese e scoprirlo – come altri farebbero persi dietro la pittura fiamminga.

E soprattutto perché, finalmente, con Paolo Ciampi abbiamo la materia calcistica trattata da un vero scrittore di viaggio, che ha applicato all’andare per stadi quella cultura, quello spirito di osservazione, quella gioia della scoperta che si ritrova in tutti i suoi numerosi libri di viaggio, compreso, come co-autore, nella sua guida sui Paesi Bassi pubblicata dal Touring Club Italiano – più di così.

E i due libri – Orange Football e la canonica guida – si completano, nel presentare il Paese dei tulipani. Perché come la musica popolare per Proust, c’è nel viaggiare per stadi una verità: un ritrovarsi tra un’umanità vera, una fisicità che non ha nulla di virtuale e di schermo, una qualità dell’emozione su quelle gradinate senza solitudine, mete di viaggio di una comunità fedele al suo nomadismo.

ENGLISH VERSION

fans in away game: two books
reveal there soul as a traveller

Two books that tell the hybrid dimension of fan travel, which mixes sporting faith, friendship and Fellinian atmospheres. For true humanity.

Italy runs to Budapest, to Prague, to Istanbul. Not all of Italy, but a strange part of it, the more patriotic one that waves flags, and more parochial because it is linked to identity vestiges, a colorful Italy. The giallorossi on the Danube, the viola in Bohemia, the nerazzurri on the Bosphorus, where the home teams play the finals of the European cups. They are the longed-for final destinations of long seasons traveling around Europe and Italy, hanging out with friends and the “clubs” for “away trips”. They are the most heartfelt journeys, physical to the extreme, full of adrenaline, because one travels to follow his or her team and see its victory, indifferent to  local attractions, ignoring museums, not reading touristic guides, not visiting cathedrals but only pubs.

It is a wandering with close and strange encounters. It happened to me, in Eindhoven, to suddenly find myself “compacted” by the Dutch police into a group of ultras from Fiorentina with a menacing and not very reassuring air. I came from Brussels, they from Florence, I had credentials in place – the purple flag, and also a curriculum vitae as co-founder of the Viola Club Bruxelles – but frankly, squeezed into this humanity which in the middle of the week had time to leave the Arno for a raid in the Netherlands, a somewhat muscular humanity with a not exactly “urban” vocabulary and manners, I asked myself: “all this way to find myself among such a scum from Florence?” Where was I?

It was the right place, because, also thanks to the victory, we had a lot of fun, and the “scum” was very nice and exactly the kind of different humanity that is sought and found on a journey.

This year I have heard from fan friends who have toured about unforgettable trips to Edinburgh, where the Florentines were very well received (perhaps also due to the twinning between the two cities), or to Basel, where the Fiorentina qualification arrived at the very last second of the match. Elsewhere, in Enschede, the mayor put a ban on Florentines, who for one day could not enter the city, due to an excess of violence, and so travelers in a Europe without borders know, and often obtain, new barriers.

The whole football away travelling is an hybrid: one leaves home to chase home, undertakes tiring journeys for sometimes very short stays (the famous night “returns” immediately after the game), not to discover the beauties of elsewhere but to gather around the jersey and the colors of the team of their own city. It’s a strange mechanism, and an unpredictable market, made up of acolytes who never give up and are willing to big sacrifices, with dates popping up suddenly after the related magical draw – which distills the combination of the matches, and so the journey is tinged of a lottery flavor.

Subject to these particular rituals, the cosmopolitan destiny of fans is unique and does not enjoy any prestige in the world of travellers. No writer has deigned to devote one line to their footsteps. Few titles emerge in the reduced literature of the genre.

I remind my own “Uzbek Viola”, one of the five “Florentine Stories in Afghanistan” in Flying Carpets Round Trip, http://www.stradebianchelibri.com/rinaldi-niccolograve—tappeti-volanti-per-andare-e-tornare.html where suddenly a difficult day in chiaroscuro in Central Asia ends in a monumental cemetery in the form of an incongruous football away match. Far more pertinent is the recent volume Cesena, in trasferta valedouble. Chronicles from stadiums all over Italy by Fabio Benaglia and Luca Serafini, sports journalists and fans, with different temperaments. Following Cesena without complexes, when it is in his rags in Serie A or when it plays in Serie D, the book is a story of Cesena city, of Cesena football club, of Italy as a whole from San Siro to the small stadiums of San Mauro Pascoli and Acireale, of sporting faith and friendship, of good food and of an almost Fellini-like atmosphere, such as when, at the Pescara stadium, it is discovered that one can continue to follow the match from the toilet

Yet, it is with Orange Football by Paolo Ciampi, and Arnaldo Melloni, that the circle closes. Because this book is the story of a myth, the glorious Dutch football of the 1970s, of a lovely two Italian youngsters for that color and that sporting revolution which is a beautiful way to visit a country and discover it – as others would get lost behind Flemish painting.

And above all because, finally, with Paolo Ciampi we have the football world treated by a true travel writer, who has applied in going through stadiums, his own culture, spirit of observation, joy of discovery, which is found in all his numerous books of travel, included as co-author in his guide on the Netherlands published by the Italian Touring Club – more than that.

And the two books – Orange Football and the canonical guide – complement each other in presenting the country of tulips. Because like popular music for Proust, there is a truth in traveling by stages: a meeting between a true humanity, a physicality which is not virtual, a quality of emotion on those bleachers without solitude, destinations journey of a community faithful to its nomadism.

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