“Io sono un po’ matto… e tu?”. Il “Teatro Patologico” arriva al cinema
Il teatro e la salute mentale alleati per aiutare i malati e abbattere lo stigma. Il film di Dario D'ambrosi in sala solo il 7, 8, e 9 ottobre
Il teatro e la salute mentale alleati per aiutare i malati e abbattere lo stigma. Il film di Dario D'ambrosi in sala solo il 7, 8, e 9 ottobre
L’idea che il teatro possa coniugarsi con il tema della salute mentale ha radici profonde. La prima testimonianza del teatro dei matti è senza dubbio quella del Marchese De Sade che dal 1801 fino alla sua morte avvenuta nel 1814, rimase rinchiuso nel manicomio di Charenton con la diagnosi di individuo socialmente pericoloso.
Nel corso di questi 13 anni il marchese allestì una serie di lavori teatrali nei quali recitavano gli altri pazient*. È a questa impresa che si è ispirato Peter Weiss nella sua opera La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Marat, rappresentato dai filodrammatici dell’Ospizio di Charenton sotto la guida del Marchese De Sade che ha a sua volta ispirato il regista Peter Brook che, nel 1967, porta l’opera sul grande schermo con il film Marat Sade.
Altra testimonianza del connubio tra teatro e malattie mentali ci arriva attraverso gli scritti di Alexandre Dumas che, mentre si trovava a Napoli per svolgere le funzioni di Ministro delle Belle Arti, nel 1863 assistette a uno spettacolo nel quale gli attor* erano i pazient* psichici del manicomio di Aversa. A seguito di questa rappresentazione scrisse un articolo nel quale mostrava tutto il suo stupore:
“Permettetemi di informarvi d’uno spettacolo fra i più straordinari ch’io abbia mai visti, anzi, posso dire, che siensi mai visti. Una rappresentazione drammatica eseguita da pazzi! E, notate bene, è la terza volta che i medesimi pazzi, sotto la direzione del Dr Miraglia danno a Napoli rappresentazioni con tal successo che mentre in quel paese i comici, anche quelli che hanno merito, non guadagnano un soldo, essi, tutte le volte che recitano fanno zeppo il teatro…”
Ma è dalla seconda metà del ‘900 che assistiamo a una vera e propria rivoluzione culturale. A dare il via in Italia a questo nuovo modello di relazione tra i pazient* e il teatro e l’arte è senza dubbio, l’episodio di Marco Cavallo, opera ideata nel 1972 dal drammaturgo Giuliano Scabia, e dall’artista Vittorio Basaglia, cugino dello psichiatra Franco, che consisteva in un monumentale cavallo azzurro di legno nella cui pancia erano contenuti i sogni e i desideri dei pazienti psichiatrici di Trieste. Per la sua prima apparizione pubblica, date le sue imponenti dimensioni, furono sfondate le porte e un architrave del manicomio, sancendo così in modo simbolico la fine della reclusione dei malat* che sarebbe arrivata da lì a poco con l’approvazione della Legge Basaglia.
Nel corso degli anni diverse sono le iniziative che prevedono l’uso del teatro come metodo terapeutico e riabilitativo capace di sollecitare e sviluppare competenze cognitive e relazionali ma anche a cogliere il bisogno dei pazient* di raccontarsi e di giocare anche con le proprie emozioni, con la propria immaginazione, riuscendo a prendere sempre maggiore coscienza di sé e degli altri.
Non è da sottovalutare poi il ruolo destigmatizzante che svolge il teatro nei confronti dell’opinione comune sui disturbi mentali. Realizzare un’opera teatrale e metterla in scena di fronte a un pubblico contribuisce a rimuovere i pregiudizi e a sfatare alcune delle rappresentazioni comuni dei malati mentali come la pericolosità, l’inaffidabilità e l’inutilità.
Tra le realtà più proficue sul tema troviamo l’Associazione romana Teatro Patologico. Fondata nel 1992 da Dario D’Ambrosi l’associazione si occupa fin dalla sua nascita di creare un contatto fra il mondo del teatro e gli ambienti che si occupano di salute mentale. Nel 2010 prende forma la prima scuola europea di formazione teatrale per persone con diverse abilità La Magia del Teatro attraverso la quale insegnare ai ragazzi a fare teatro e aiutare le loro famiglie.
Il Teatro Patologico negli anni è cresciuto proponendo anche un’offerta teatrale variegata con uno sguardo anche al mondo del cinema. E proprio il mondo del cinema ha risposto presente alla richiesta di D’Ambrosi di realizzare un film che raccontasse la realtà del Teatro Patologico.
È nato così Io sono un po’ matto… e tu? un film scritto e diretto da Dario D’ambrosi e prodotto da Notorious Pictures, all’interno del quale attori del calibro di Claudio Santamaria, Raoul Bova, Stefano Fresi, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Vinicio Marchioni, Marco Bocci, Stefania Rocca, Riccardo Ballerini, Domenico Iannacone lavorano insieme ai ragazzi della Compagnia Stabile del Teatro Patologico per creare un’opera unica nel cinema italiano.
Nel film i ruoli si ribaltano e i ragazz* diventano dei tutor psichiatrici che guidano i personaggi noti che si rivolgono al loro nella scoperta della propria mente e cercano di placare le loro ansie e le loro paure in diversi luoghi della città dalle scuole alle palestre, al mercato e così via.
Nel comunicato stampa di lancio della pellicola si legge:
“Io sono un po’ matto… e tu non è solo un film; è un’opera che solleva questioni fondamentali sul modo in cui percepiamo e trattiamo la disabilità psichica. Il film ha come obiettivo primario quello di sensibilizzare il pubblico su questo tema, spesso trascurato o stigmatizzato”.
La pellicola sarà disponibile nelle sale italiane solo il 7, 8 e 9 ottobre e parte dell’incasso sarà destinato al Teatro Patologico Onlus per supportare la ricerca scientifica e sostenere i progetti di teatroterapia che negli anni si sono dimostrati efficaci non solo a livello emotivo ma anche cerebrale.
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