Molte vittime come me di un disturbo alimentare, hanno dovuto fare i conti con la fame d’amore. Quante donne ci saranno al mondo che almeno una volta nella vita hanno amato troppo gli altri e troppo poco se stesse? Un’infinità. 

L’anoressia è spesso vista esclusivamente come un disturbo alimentare, ma questa condizione complessa può nascondere una profonda sofferenza emotiva e un disperato bisogno di amore e accettazione. Le donne che ne soffrono non combattono solo contro il cibo, ma contro un vuoto affettivo che a volte sembra impossibile da colmare.

Fame d’amore. L’anoressia, la storia personale

Chi sviluppa un disturbo alimentare ha una storia personale segnata da relazioni difficili e una carenza d’amore, sia da parte degli altri che verso se stesse. Cresce spesso con un senso di inadeguatezza e una costante sensazione di non essere abbastanza, non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo e affettivo. Questo disagio interiore si traduce in un controllo ossessivo del cibo e del peso, come tentativo di trovare una forma di stabilità e autostima.

L’anoressia può essere vista come una fame d’amore mal interpretata. La ricerca di affetto e approvazione viene deviata verso il raggiungimento di ideali estetici impossibili. La magrezza diventa simbolo di perfezione e controllo, un mezzo per ottenere l’amore e il riconoscimento che si sente di non meritare in nessun altro modo. 

Le dinamiche familiari giocano un ruolo cruciale nello sviluppo dell’anoressia. Spesso, queste donne hanno vissuto in ambienti dove l’affetto era condizionato dal raggiungimento di determinati standard o dove le emozioni venivano represse e ignorate. La mancanza di comunicazione affettiva e il bisogno di approvazione possono portare a sviluppare una relazione disfunzionale con il cibo, visto come unico aspetto della vita su cui si ha un controllo totale.

La guarigione. Un profondo lavoro psicologico

La guarigione richiede un percorso basato non solo su un iniziale intervento nutrizionale, ma soprattutto su un profondo lavoro psicologico per ricostruire l’autostima e imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni. E’ necessario nutrire non soltanto il corpo, ma anche il cuore e la mente. 

Quando si parla di un disturbo alimentare non si parla di paura del cibo, ma di una muta richiesta di amore e accettazione. Per aiutare chi ne soffre, è fondamentale riconoscere e affrontare le profonde radici emotive del disturbo. Solo attraverso un approccio olistico che consideri il benessere fisico ed emotivo si può sperare di rompere il ciclo di autolesionismo e guidare queste donne verso una relazione sana e appagante con sè stesse e con gli altri. 

Per approfondire consiglio il libro Nella tana del coniglio – Quando la lotta con il cibo diventa un’ossessione (RAI Libri) di Francesca Fialdini conduttrice del programma RAI Fame d’Amore.

Sei incontri intimi, a cuore aperto, con persone affette da disturbi del comportamento alimentare. Sei colloqui delicati e potenti in cui le parole acquistano un valore centrale per riflettere i motivi nascosti di un dolore che trasfigura il corpo ma inizia chissà dove. Martha, Benedetta, Marco, Giulia e Anna ci invitano a guardare cosa c’è dentro la tana in cui sono caduti mentre rincorrevano un mito, un ideale di perfezione, un bisogno d’amore, una visibilità.

Come Alice inseguiva il coniglio bianco, così ciascuno di loro inseguiva con tenacia un desiderio, senza accorgersi che la corsa cieca lo stava risucchiando dentro un vortice di ossessioni, dentro un buco senza luce.

L’intento di questo libro è portare a chiunque una riflessione sull’uso delle parole quando raccontiamo di anoressia, bulimia, binge eating e altre declinazioni dei disturbi del comportamento alimentare, consapevoli che le parole creano le nostre relazioni, propongono un’immagine di noi stessi e danno forma – come un gioco di specchi – alle nostre ansie e paure più profonde.

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