Avete ancora un po’ di tempo per visitare a Venezia una mostra che merita la vostra attenzione. Si tratta di una ricca selezione di oltre cinquanta dipinti e stampe realizzate da Julie Mehretu nel corso degli ultimi venticinque anni. Distribuita sui due piani di Palazzo Grassi, la mostra riunisce 17 opere della Collezione Pinault oltre a prestiti provenienti dalla collezione dell’artista, da musei internazionali e da collezioni private. 

Il percorso della mostra inizia con delle grandi tele in bianco e nero nelle quali ad un reticolo costruito da linee molto precise si sovrappongono dei tratti liberi non vincolati dalla struttura sottostante.

Mehretu e le “mappe di non luoghi”

A cavallo degli anni duemila, infatti, Julie Mehretu inizia a realizzare delle opere sulle quali riporta, con la penna tecnica, linee rette e curve regolari di disegni architettonici. Su queste depone poi delle pennellate con inchiostro e acrilico. Le due parole d’ordine sono stratificazione e disegno.

«Un disegno ha una capacità di agire. Credo veramente che un disegno cresca, agisca, costruisca, che interpreti un ruolo… In realtà non è davvero così, è solo un disegno, ma ci penso e lo realizzo in questo modo». Con il disegno l’artista crea «mappe di non luoghi».

Le stratificazioni suggeriscono movimento, paesaggi, piazze, città, granuli: è come assistere ad una danza caotica dove un mondo di quanti si sovrappone ad una realtà lineare e deterministica. Non si vuole assegnare una preminenza dell’uno rispetto all’altro (anche perché Newton e Heisenberg convivono egregiamente), ma non si può non ammirare la mescolanza di generi, linguaggi e tecniche messe al servizio del processo creativo.

Sebbene la si trovi spesso catalogata nell’ambito dell’astrattismo/ espressionismo astratto, è assai difficile perimetrare ad una classificazione univoca l’arte di Mehretu. Per molto tempo i suoi segni mi ricordavano un altro scarabocchiatore seriale, Cy Twombly, cui però la dinamica delle opere è molto diversa.

Inoltre, bisogna sempre chiarire cosa rievocano termini quali astrattismo o espressionismo astratto nella conoscenza di un pubblico medio (ammesso che abbia senso anche questa definizione). Avendo visitato questa esposizione dopo l’altra bellissima mostra dedicata a Willem de Kooning alla Galleria dell’Accademia (peccato sia conclusa e non possa suggerirvela perché meritava assai), risulta ancor più amplificata la differenza tra l’espressionismo astratto (de Kooning) e l’astrattismo (Mehretu).

La corposità del colore nei lavori ad olio di de Kooning (ossia la componente espressionistica) è qui sostituita dalla piattezza ottenuta da Mehretu attraverso l’eliminazione di ogni grumo di colore o traccia di pennellata, oltre che attraverso la mescolanza di varie tecniche (tra cui l’aerografia).

Il senso di “Ensemble”

Concludiamo dicendo che il senso di Ensemble è duplice: le relazioni tra le diverse opere di Mehretu, intrecciate come le stratificazioni e le sovrapposizioni nelle sue tele, e la dimensione collettiva della mostra, in cui sono esposti suoi amici accomunati non dallo stile ma da esperienze formative simili (sono: Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin).

Julie Mehretu, infatti, è una pittrice etiope che ha trovato la propria voce negli Stati Uniti, così come i suoi amici, tutti artisti che hanno vissuto l’esperienza di fuga o di abbandono del proprio Paese (Etiopia, Iran o Pakistan).

Dettaglio, quest’ultimo, non da poco visto che stiamo nella città scelta da Peggy Guggenheim come buen retiro anche per la sua collezione, in gran parte composta da opere firmate da artisti in fuga da Hitler.

JULIE MEHRETU. ENSEMBLE

Dal 17 marzo 2024 al 6 gennaio 2025, Palazzo Grassi, Venezia

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