A Reggio Emilia in una delle più significative dimore reggiane del ‘400, Palazzo da Mosto, è ospitata fino al 2 Marzo 2025 una nuova personale di Davide Benati. L’esposizione a cura di Walter Guadagnini, dal titolo Encantadas, accolta nella città in cui l’artista nacque nel 1949 e dove è tornato a vivere, presenta una selezione di opere che raccontano cinquant’anni di ricerca in un percorso artistico determinato negli anni ‘80 e arricchito, in questa sede, da numerose tele inedite.

Davide Benati,Terrazze, 2003, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 195 x La. 297,5 cm. www.palazzomagnani.it

Qualche cenno su Palazzo da Mosto

La dimora, commissionata intorno al 1480 dall’alto funzionario ducale Francesco da Mosto porterà per secoli il suo nome. Intorno al 1510 Francesco morì e il palazzo, dopo una successione di molti proprietari, nel 1857 venne rilevato da Pietro Manodori, Sindaco di Reggio e Presidente del Santo Monte di Pietà, che lo acquistò per adibirlo ad asilo infantile gratuito e aperto a tutti: l’Asilo Manodori. L’istituzione medico-pedagogica, durante il 1900, fu un laboratorio in cui si ottennero significative innovazioni, in grado di evolversi per rispondere ai mutamenti sociali in atto.

Ph. Carlo Vannini

L’edificio è impreziosito all’esterno dalla decorazione del cornicione, costituita da una serie di grandi tondi con teste virili in terracotta; all’interno si impone allo sguardo l’ampio ed elegante scalone monumentale, addossato nel Settecento al nucleo architettonico primitivo che dal cortile conduce al loggiato ad archi da cui si accede al piano nobile. In origine la scala, destinata all’accesso ai piani di rappresentanza, era ornata alla base da due cani in pietra oggi conservati al Palazzo dei Musei. Nelle sale è ancora possibile ammirare le tracce delle decorazioni pittoriche originali e antichi cassettoni lignei dipinti.

Ph. Carlo Vannini

“Encatadas”, un ritorno alla città natale

Davide Benati dopo l’esposizione ai Musei Civici nel 1992 e a Palazzo Magnani nel 2003, torna ad esporre nella città in cui nacque con un nuovo progetto curato da Walter Guadagnini e promosso dalla Fondazione Palazzo Magnani.

Ph. Carlo Vannini

Parlando di Encantadas afferma:

«…ho selezionato opere che attraversano diversi momenti del mio percorso artistico. Alcune sono state realizzate nel mio nuovo studio a Reggio Emilia, mentre altre provengono da collezioni pubbliche e private, spesso mai esposte o presentate solo molti anni fa in gallerie italiane e internazionali. Tutti i lavori scelti, di grande formato, dialogano perfettamente con gli spazi maestosi e affascinanti di questo palazzo quattrocentesco che ho l’onore di avere a disposizione per la mostra.»

Davide Benati, Doppio sogno, 1995, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 180 x La.180 cm. www.palazzomagnani.it

Di lui Walter Guadagnini racconta:

«Da anni seguo con attenzione il lavoro di Davide Benati e ritengo che questa mostra a Reggio Emilia rappresenti un’occasione fondamentale per tracciare un percorso completo della sua ricerca artistica, appartata ma tra le più significative dell’arte italiana a cavallo tra i due secoli. In oltre quarant’anni Benati ha saputo definire con coerenza e profondità gli elementi essenziali della sua poetica, offrendo una visione unica e raffinata della pittura e delle sue tecniche. Nel percorso espositivo di Palazzo da Mosto sono presenti gli acquarelli degli anni Ottanta, in cui si fondono Oriente e Occidente; le grandi tele degli anni Novanta insieme ai trittici inediti dei Duemila, che esaltano il magistrale uso di luce e colore infine, i taccuini e le composizioni su carta, che svelano uno sguardo intimo sul processo creativo dell’artista. Questa mostra nasce come invito a riscoprire un artista che ha saputo trasformare la sua visione del mondo in una pittura capace di incantare e stupire.»

Davide Benati, Conversazioni, 2009, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 180 x La. 360 cm. www.palazzomagnani.it

Il percorso espositivo di Encantadas ha inizio con alcune delle opere che appartengono alla produzione dei primi anni Ottanta. Furono questi i lavori con cui Benati si impose definitivamente all’attenzione della critica e del pubblico, e che costituirono un fondamentale momento di ricerca: si espose a rinnovare il gesto, senza rinnegare il passato.

Davide Benati, Aire, 2015, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 180 x La. 140 cm. Collezione privata. www.palazzomagnani.it

Fu il periodo della creazione di solide basi come condizioni naturali da cui proseguire, superfici non limitate ad esistere come spazio d’intervento, ma limiti estremi definiti del mondo conosciuto, luoghi di passaggio di un pensiero penetrante attraverso gesto e colore. Per poter prendere coscienza di messaggi capaci di donare un’individualità nuova, sarà necessario tener presente che ciò che è apparentemente piacevole non è mai semplice.

Davide Benati, Azzorre, 2016, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 200 x La. 300 cm. Collezione privata. www.palazzomagnani.it

«La carta da tempo è diventata indispensabile per la mia pittura e quando la incollo alla tela emana un profumo che mi riporta a quelle latitudini tra i vicoli della città vecchia o nei cortili dove la producono alla maniera cinese, coi fogli stesi ad asciugare al sole.»

(Dal Catalogo – Davide Benati Encantadas, a cura di Walter Guadagnini con Silvia Cavalchi, Sinopia/Davide Benati, p. 126 – Forlì, Dario Cimorelli Editore 2024.)

Davide Benati, Matinée, 2016, acquarello e carta nepalese su tela, Al. 120 x La. 95 cm. www.palazzomagnani.it

Gli acquarelli di grande formato sono eseguiti su carta Lokta proveniente dal Nepal, incollata su tela preparata con due stesure di fondo bianco. La carta, nella specifica modalità d’utilizzo, si comporta come l’intonaco dell’affresco che beve il colore, lo assorbe. Nel tempo destinato a questa “accoglienza”, l’opera diviene corpo sostanziato da gesto e materia che abitano lo spazio oltre a ciò che a noi è consentito vedere. Benati ha l’attitudine di trasportare altrove con una gestualità da poeta del colore in un continuo fluire di luce chiara che lascia assorti nella contemplazione.

Davide Benati, Taccuino di viaggio e di lavoro, 1977-1996. Acquarelli, matite e tecnichemiste su carta, misure varie. www.palazzomagnani.it

La sua disposizione innata al movimento non è data soltanto dal controllo della pennellata, ma cresce nella direzione stabilita nell’opera, dove le forme entrano ed escono sulla superficie per risvegliare alla purezza che illumina e pervade chi guarda, e affondano nello spessore in cui penetra il colore. L’energia è libera ed è libertà esistente, testimoniata da un percorso umano fatto di domande importanti, incalzanti e inquietanti. Egli osserva e ascolta aprendosi all’attesa delle risposte che giungono sempre attraverso occasioni, incontri, parole, segni, anche mai notati, ma rivelativi come un’improvvisa e inattesa visione dalla forza misteriosa, e capace di muovere al cambiamento.

Davide Benati, Encantadas, 2024, acquarello e carta nepalese su tela, Al.141 x La. 282 cm. www.palazzomagnani.it

Alle opere degli anni ‘80 seguono quelle degli anni ‘90 e del nuovo millennio. Dittici e trittici di grandi dimensioni abitati da esistenze minime di straordinaria levità e opportuna leggerezza di un supporto che beve e abbevera. Dal 1977 la carta Lokta nepalese acquistata per la prima volta in un viaggio a Katmandu, diverrà parte del suo lavoro come un patrimonio da accogliere e tramandare; ne avverte il fascino e l’enorme potenzialità per la realizzazione di creazioni nate dal sentire l’intenso destino di vivere e amare il silenzioso movimento del segno. La carta si fa trappola della danza suprema di una natura selezionata che, nel mondo e solo con qualche fruscio, controlla se stessa. Con lo stesso pennello, guidato da un diverso andamento del polso, Benati adagia l’acquarello e guida lo spostamento della forma nell’aria e nella luce, inducendo lo sguardo a muoversi insieme alla dolce energia errante nell’alternanza tra il mistero del bianco, espressione di dissoluzione del tempo e dilatazione dello spazio, e il luogo ad esso contrapposto: il colore.

I grandi trittici inediti in “Encantadas”

Il percorso dell’allestimento, ben curato, si conclude con una serie di grandi trittici inediti che continuano ad offrire una ricerca di moti interiori, attrattivi per avventura e regola della forma tra bianco e colore, luce e ombra. Sono viaggi della mente inevitabilmente penetrati nella carta divenuta custode di riflessioni e di pensieri dalla terra al cielo, perché la natura insegna che la vita è movimento e qui è il fondersi in una sostanza mentre si crea.

Encantadas, Davide Benati, Palazzo da Mosto, Reggio Emilia 2024 – Preview per la stampa. www.palazzomagnani.it

La prima volta che vidi le opere di Davide Benati fu a Milano nel 1992; da allora sono passati trentadue anni e oggi di fronte ai suoi lavori ritrovo l’espressione di delicatezza naturale delle forme ambigue, quelle “piume” di luce e colore in un sistema di collegamento tra la forma e il suo significato sopra e dentro il campo in cui appaiono. Lievi viaggi di sperimentazione, scoperte e conquiste irresistibilmente seducenti e capaci di decelerare le attuali traiettorie temporali dello sguardo. Sostare nel silenzio, in quest’era traumatizzata dalla tecnologia mentre tutto sembra urlare che non possiamo fermarci, è la sola ed unica salvezza per poter capire, pensare e scendere nella profondità delle crisi della nostra vita.

Davide Benati, Encantadas, 2024, acquarello, acrilico e carta nepalese su tela, Al.140 x La. 240 cm. www.palazzomagnani.it

Acquerelli su carta nepalese su tela, riporta la maggior parte delle didascalie delle opere esposte in Encantadas; la raccolta di una realtà probabilmente difficile da accettare come gesto silenzioso d’amore, poiché è il male a fare più rumore, e il maestro più vero con cui si penetra la conoscenza è il dolore. Encantadas è per guarire dalle inevitabili ferite del quotidiano, perché la verità viene incontro a chi cerca ed è forse proprio questo il motivo per cui chi cerca non è mai solo.

Ritratto di Davide Benati. Ph. Beppe Zagaglia, Modena

Chi è Davide Benati

Nato a Reggio Emilia nel 1949, Davide Benati frequenta il liceo artistico di Modena e,successivamente, l’Accademia di Brera a Milano, dove è stato titolare delle cattedre di Anatomia e Pittura. La mostra personale d’esordio è, nel 1972, alla Galleria Il Giorno di Milano; il suo curriculum espositivo, già significativo negli anni Settanta, anni intensi di ricerche e di sperimentazioni, si arricchisce, negli anni Ottanta, di mostre personali e di partecipazioni ed esposizioni di gruppo di particolare rilievo e prestigio, anche internazionali; nel 1982 è invitato alla Biennale di Venezia (nella sezione Aperto 82), dove tornerà, nel 1990, con una sala personale; nel 1986 è invitato alla Quadriennale di Roma; mostre antologiche e pubbliche a lui dedicate sitengono nel 1989 alla Galleria Civica di Modena (con un racconto in catalogo di Antonio Tabucchi) e nel 1992 ai Musei Civici di Reggio Emilia (con un saggio in catalogo di Luciano Caramel). Significativo è l’elenco delle partecipazioni a importanti rassegne di gruppo (Anni Ottanta a Bologna e la III Triennale Internazionale alla Kunsthalle di Norimberga nel 1985,Dopo il Concettuale a Trento e Itinerari di Arte Contemporanea a Lisbona nel 1986, Biennale Internazionale de Il Cairo nel 1995), e delle mostre personali in gallerie private italiane e straniere (Anversa,Stoccolma, Amburgo, Parigi, Zurigo, New York). Sue opere sono presenti nelle collezioni di Banca Intesa S. Paolo-Gallerie d’Italia a Milano e di UniCredit Banca. Dal 2005 al 2015 lavora con la Galleria Marlborough (sede di Montecarlo), che lo inserisce stabilmente nell’élite del collezionismo internazionale. Nel 2018 espone a Milano nella galleria di Luca Tommasi Arte Contemporanea e al FAR di Rimini all’interno della Biennale del Disegno Europeo. Numerosi gli appuntamenti espositivi dell’ultimo periodo in spazi pubblici e privati:Pagine la sua prima personale alla OTTO Gallery di Bologna; Arpa birmana la mostra alla Biennale del Disegno Europeo 2024.
Vive e lavora a Reggio Emilia.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore con un testo inedito di Walter Guadagnini, un’antologia critica con contributi testuali di Roberto Sanesi, Arturo Carlo Quintavalle, Massimo Cacciari, Lea Vergine, Antonio Tabucchi, Elena Pontiggia, Fabrizio D’Amico, Antonio Tabucchi, Massimo Pulini, Francesco Tedeschi, Marco Tonelli, Sandro Parmiggiani, Mario Bertoni ed Eleonora Frattarolo e la documentazione delle opere esposte.

Cenni sulla carta Lokta nepalese
Questa particolare carta che può durare da 2000 a 3500 anni, si ottiene artigianalmente dalla corteccia interna di arbusti sempreverdi chiamati Lokta, presenti ad un’altitudine compresa tra i 1600 e i 4000 metri sul livello del mare.
Si tratta di grandi cespugli che prediligono gli spazi aperti e i pendii molto soleggiati, tipici delle zone più alte dell’Himalaya tra Nepal e Tibet. La lavorazione a mano avviene nelle zone rurali del Nepal e la produzione maggiore è a Kathmandu.
La sua storia, in questa terra ricca di storia antica e di cultura, ha inizio dalla necessità di creare una carta resistente su cui scrivere i testi sacri. Il primo documento ritrovato è un testo sacro buddista, oggi conservato negli archivi nazionali del Nepal; dal particolare linguaggio sembra poter avere tra i 1000 e i 1900 anni. Con lo sviluppo tecnologico, negli anni ‘60, la produzione di una carta fatta a mano e più costosa rispetto a quella prodotta dall’industria, attraversò un periodo di crisi. Tuttavia, tra gli anni ‘80 e ‘90, nuove richieste di turisti e imprenditori permisero il recupero di un’antica produzione legata alla storia e alla cultura di un popolo. Oggi la produzione è controllata a tutela della natura e delle riserve naturali.

Informazioni:
Fondazione Palazzo Magnani T. +39 0522 444446
info@palazzomagnani.it
Fondazione Palazzo Magnani

La pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters è stata autorizzata dall’Ufficio stampa:
Fondazione Palazzo Magnani – Stefania Palazzo / Elvira Ponzo

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