Bisognerà aspettare almeno fino al 2053. Solo in quell’anno la percentuale di donne che ricoprono posizioni apicali all’interno delle aziende del mid-market sarà identica a quella degli uomini. Altri 5 lustri abbondanti, insomma, per ottenere quella parità che, vista sportivamente, è stata come una scalata ad una vetta Himalayana, fatta con fatica, passo dopo passo, con progresso costante ma indubbiamente lento.

La data fatidica è contenuta nel rapporto Women in Business 2024, elaborato da Grant Thornton e intitolato Pathways to parity, ed è uno degli studi che sono stati aggregati e analizzati dalla Rome Business School con l’obiettivo di tracciare un quadro completo delle tendenze e dei risultati in atto nel mondo.

Parità di genere. Uno studio che è insieme dolce e amaro

Cominciamo dal dolce. Negli ultimi due decenni a livello globale in tutti i paesi oggetto di indagine c’è stato un effettivo miglioramento. La quota di donne che risultano essere in posizione di vertice all’interno delle aziende in cui lavorano è cresciuto da uno scarso 19,4 per cento (in pratica meno di 1 donna manager ogni 5 dirigenti) a un più confortante 33,5 per cento (1 ogni tre).

Dal 2004 al 2024 la progressione media è stata dell’1,4 per cento l’anno. Il risultato non è stato prodotto da magnanima benevolenza, ma dall’applicazione di alcune azioni che hanno eliminato ingiuste barriere comportamentali. Intanto una corretta assegnazione delle responsabilità per le politiche di Diversità e Inclusione. Quando il progetto è affidato ad una figura apicale che è affiancata da un senior leader donna le cose funzionano meglio.

Poi l’implementazione di una strategia di Diversità e Inclusione autonoma e misurabile. Infine l’offerta di accordi di lavoro flessibili. Su questo fronte ci sono dei rischi all’orizzonte, visto che nel 2024 il trend della maggiore flessibilità non solo si è arrestato, ma ha registrato una brusca inversione: rispetto agli anni scorsi il 47 per cento delle aziende sono tornate a lavorare prevalentemente in presenza rispetto al 36% dello scorso anno, e il 45% adotta forme di lavoro ibride, rispetto al 53% dello scorso anno. Questi dati non sono positivi per le donne manager, che prediligono la flessibilità e sono presenti in numero maggiore nelle aziende che la garantiscono. Quali sono i paesi con un progresso maggiore verso la parità di genere?. A sorpresa, sono i paesi meno industrializzati. Nelle Filippine la percentuale di donne manager nelle aziende mid market è del 43%, nel Sudafrica del 42%, in Thailandia, Nigeria e Turchia del 41%.

E in Italia tutto bene? No

Adesso passiamo all’amaro. In Italia si registrano notevoli progressi, e adesso la percentuale di donne manager è del 36 per cento, un livello per la prima volta superiore alla media dell’Eurozona (35 per cento). Inoltre, negli ultimi 20 anni considerati dallo studio di Grant e Thornton, in casa nostra è raddoppiata la percentuale di donne ai vertici aziendali: erano solo il 18 per cento nel 2004. Tutto bene, dunque? No secondo la Rome Business School che scrive nel suo studio:

“Malgrado gli importanti passi in avanti degli ultimi decenni, grazie soprattutto all’iniziativa dei movimenti e dalle associazioni femminili, e ad una diversa sensibilità che, seppure a fatica, tenta di emergere, permangono ancora profonde disparità e forti resistenze, nella società e nel mercato del lavoro.
I principali elementi che caratterizzano questo divario sono le differenze retributive e dei percorsi di carriera, le differenze contrattuali e la maggiore discontinuità lavorativa, la diversa distribuzione del lavoro di cura in ambito familiare e le conseguenti ricadute di tutto ciò sui trattamenti previdenziali”.

C’è ancora tanto lavoroda fare, insomma per

“superare una residua ed anacronistica cultura patriarcale che ancora condiziona i rapporti in ambito familiare e nella società; una organizzazione del lavoro spesso definita in base a rigidi ed obsoleti criteri che rendono difficile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, una mancanza di servizi territoriali che altrettanto non favoriscono il sostegno alle famiglie, in particolare per quanto concerne i servizi per l’infanzia e per i non autosufficienti”.

E questo mentre

“la parità di genere è elemento centrale della reputazione aziendale”.

Un esempio plastico della distorsione ancora esistente e della incongruenza tra teoria e realtà pratica è dato dall’analisi delle presenza femminile ai vertici delle società, sottolineato dalla Rome Business School. Se infatti l’Istat rileva come nel 2023 la componente femminile all’interno dei consigli di amministrazione avesse un peso del 36 per cento, altre rilevazioni svelano come alle donne sia affidato pochissimo potere decisionale.

Una recente analisi dell’Osservatorio Donne Executive (2023) di Sda Bocconi School of Management, in partnership con la società Eric Salmon & Partners, sulla presenza delle Donne nei ruoli apicali e di governance, chiarisce che sono il 18% le donne dirigenti, ma solo il 6% copre la posizione di amministratore delegato. In generale sono più rappresentate nei ruoli di staff (risorse umane, legale, audit, sostenibilità e così via) e meno in quelli di business (ad, marketing e vendite, ricerca e sviluppo, direzione generale).

Lo squilibrio è particolarmente evidente nelle aziende quotate, che adottano pratiche meno virtuose rispetto alle non quotate. Le donne alla direzione generale sono il 35% nelle imprese non quotate e il 3% in quelle quotate. Le percentuali si abbassano ulteriormente se si guarda alle amministratrici delegate, che sono il 9% nelle società non quotate e appena il 3% nelle quotate. I dati dell’Osservatorio Donne Executive estrapolato dalla Rome Business School e segmentato per settori di attività dice che il gap è abbastanza generalizzato: le donne executive nel settore bancario e assicurativo sono il 17%, fanno poco meglio il commercio con il 18%, ed i servizi con il 20%.

Insomma, il 2053 si avvicina e la parità non è più un obiettivo irraggiungibile. Donne e Uomini alla pari come numero in azienda. Ma su chi comanderà ci sono ancora tanti dubbi.

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