Nel contesto della stagione espositiva 2023 di Palazzo Te a Mantova intitolata Mantova: l’Europa delle città, organizzata dalla Fondazione Palazzo Te in collaborazione con il Comune di Mantova e il Museo Civico di Palazzo Te, fino al 25 giugno sarà possibile visitare la mostra dossier L’imperatore e il Duca. Carlo V a Mantova a cura di Daniela Sogliani e Marsel Grosso.

La prima di una serie di iniziative che in un anno esploreranno il senso culturale dell’Europa contemporanea con la valorizzazione di alcuni dei momenti fondativi del suo percorso di costruzione.

Carlo V d’Asburgo, nato a Gand in Belgio il 24 Febbraio del 1500 e morto a San Jeronimo de Yuste in Spagna il 21 Settembre del 1558, figlio dell’arciduca d’Austria Filippo I d’Asburgo detto il Bello e di Giovanna regina di Aragona e Castiglia detta La Pazza fu imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, arciduca d’Austria dal 1519, re di Spagna dal 1516, principe sovrano dei Paesi Bassi e duca di Borgogna dal 1506.

Riunì vasti territori dell’Europa occidentale, centrale e meridionale, le colonie spagnole nelle Americhe e in Asia, divenendo capo di un impero fiammingo, spagnolo ma soprattutto europeo e globale.

Photo by Nicola Saccani – L’imperatore e il Duca. Carlo V a Mantova – Palazzo Te, Mantova

Carlo V e Federico II Gonzaga,
tra sfarzo e rituali

L’imperatore e il Duca. Carlo V a Mantova, è una mostra dedicata all’arrivo di Carlo V a Mantova nel 1530 e nel 1532, ma in particolare alla sontuosa festa del 2 Aprile 1530 che Federico II Gonzaga (Mantova, 17 maggio 1500 – Marmirolo, Mantova, 28 Giugno 1540) e i nobili della città organizzarono, per accoglierlo, nelle sale di Palazzo Te.

Una serata sfarzosa di intrattenimento e danze con gli apparati scenici del palazzo, nel percorso di avvicinamento dell’imperatore, che deve necessariamente essere considerata elemento simbolico e rituale inseparabile dalla presenza del sovrano e dalle strategie culturali di Federico II per riconoscere la propria posizione nell’Impero.

Tiziano Vecellio, Federico II Gonzaga, 1529, olio su tavola, Al. 125 x La. 99 cm. –
Museo del Prado, Spagna (Opera di dominio pubblico)

E’ attraverso la biografia di Carlo V, scritta da Prudencio de Sandoval (Valladolid, Spagna, 1553 – Pamplona, Spagna 1620), che possiamo comprendere come negli ultimi anni di vita dell’imperatore si assista alla volontà di lasciare ai posteri un messaggio preciso: il desiderio di conquista della gloria celeste “paragonabile solo all’ambizione di cui il sovrano aveva dato prova nel perseguire quella mondana” (L’imperatore e il Duca. Carlo v a Mantova, catalogo della mostra a cura di D. Sogliani e M.Grosso, Skira, Milano 2023. p. 57)

Jakob Seisenegger, Carlo V con il cane, 1532, olio su tela, Al. 231 x La. 149 cm. Kunsthistorisches Museum, Vienna, Austria (Opera di dominio pubblico)

La storiografia moderna, invece, ci racconta un’altra storia.

Le cose di cui scrivo appartengono a un secolo inquieto. Io scrivo di imperi, corone, scettri, cose tenute in alta considerazione agli occhi di tutti gli uomini. Tratto di guerre, del massacro di mezzo milione di uomini, di imprese durate cinquant’anni, della cattura di re, del sacco di Roma, dell’offesa recata a ogni cosa, sacra e profana, di sfide e offese scambiate tra principi, di leghe, di giuramenti e trattati rotti e violati, della scoperta di un nuovo mondo e della conquista di grandi e ricchi regni prima sconosciuti e di cui non si sospettava l’esistenza.” (Ibidem p. 57).

Tiziano Vecellio, Carlo V con il cane, 1533, Al. 194 x La. 112,7 cm.
Museo del Prado, Madrid, Spagna. (Opera di dominio pubblico)

Ritiratosi il 3 Febbraio del 1557 nel convento di San Jeronimo de Yuste nell’Estremadura in Spagna, Carlo V non visse una vita ascetica o monacale e nell’isolamento non ripudiò il mondo e le sue lotte, ma vigilò costantemente sulle vicende politiche e militari del suo primogenito Filippo II (Valladolid, Spagna, 21 Maggio 1527 – San Lorenzo de El Escorial, Spagna, 13 Settembre 1598), tanto che la sua scelta di abdicare venne considerata “l’esito finale di una vita errabonda quale nessun altro sovrano prima di lui ebbe mai” (Ibidem p. 57).

La più intima natura dell’imperatore

Ed è nell’opera intitolata La Trinità di Tiziano Vecellio, commissionatagli ad Augusta nel 1551, in cui lo storico tedesco Karl Brandi (Meppen, Germania, 20 Maggio 1868 – Gottinga, Germania, 9 Marzo 1946) nella sua biografia di Carlo V, afferma si manifesti esplicitamente la più intima natura dell’imperatore.

Il potente dipinto mostra nell’alto dei cieli la santa Trinità, avente a lato la Madre di Dio. Innanzi e intorno, i cori delle schiere celesti, gli angeli, i santi e i beati. Nel mezzo degli eletti, più degni di godere la visione di Dio, l’imperatore aveva osato far raffigurare sé stesso con a fianco la consorte passata all’eternità, tutt’e due guidati da angeli adoranti e già trasfigurati. […]. Questa fu la più umile e tuttavia la più superba espressione del senso vitale dell’imperatore della certezza, di essere stato chiamato dalla suprema volontà di Dio;” (Ibidem p. 58)

Tiziano Vecellio, La Trinità, 1551-1554, olio su tela, Al. 346 x La. 240 cm.
Museo del Prado, Madrid, Spagna. (Opera di dominio pubblico)

Nella scenografia predisposta per il ricevimento di Carlo V a Palazzo Te è evidente che l’imperatore sia l’Europa che Federico II Gonzaga scelga per il futuro del suo Stato. Il corpo dell’imperatore accolto, riverito e accompagnato, rappresenta quell’insieme

“di prossimità personale, meraviglia, lusso, disinvolta sprezzatura ed esitante reverenza che compone il senso dell’apparato della corte padana. Un luogo in cui il potere, calcolo, meraviglia, domesticità, intimità, lusso, distanza, fede e cinismo, forza e desiderio, convivono in un equilibrio garantito dalla maestà”. (Ibidem p.10).

Federico II scelse per l’imperatore un palazzo privo di riferimenti religiosi, che racconta miti, umanesimo e che esalta il piacere e la gioia di vivere. Palazzo Te è uno spazio di libertà e quindi di cambiamento, dove i temi del palazzo raccontano, all’interno di questo spettacolare scrigno prezioso, tutto ciò che Carlo V sarà in grado di apprezzare e comprendere. La magnificenza della festa in onore di Carlo V a Palazzo Te, come lo stesso Palazzo Te, sono perfettamente in armonia prima che i tempi, già in percorso di evoluzione, mutino profondamente la scena politica del continente.

Photo by Nicola Saccani – Dott.ssa Daniela Soliani presenta L’imperatore e il Duca. Carlo V a Mantova
Palazzo Te, Mantova

Attraverso il prezioso lavoro d’archivio, nella selezione delle testimonianze epistolari riportate in catalogo, assistiamo all’organizzazione della straordinaria festa a Palazzo Te con la preparazione di tutti gli apparati celebrativi per il corteo imperiale, la predisposizione degli arredi e le indicazioni dell’abbigliamento.

Per formazione, propensione e profondo interesse nell’indagare le forme d’arte e la letteratura che si riferiscono, rappresentano o alludono alla morte e al morire, porto con piacere alla vostra attenzione una missiva che la curatrice Dott.ssa Daniela Sogliani, da molti anni responsabile delle mostre e dei progetti di ricerca della Fondazione Palazzo Te, inserisce in chiusura del suo testo in catalogo.

Inviata a Mantova da Annibale Cavriani, ambasciatore mantovano ad Augusta il 26 Febbraio del 1559 e presente nell’Archivio Gonzaga (ASMn, AG, b. 446, f. XI 2, cc. 159-166.) descrive la cerimonia funebre di Carlo V morto nel monastero di Yuste il 21 Settembre 1558; racconta delle esequie imperiali e di uno spettacolo della morte che si contrappone a qualsivoglia corteo imperiale allestito per le celebrazioni d’accoglienza di Carlo V nelle molte città italiane in cui era giunto, non soltanto per gli apparati solenni allestiti per l’occasione, ma anche per gli abiti scelti: bianchi per la festa, neri per la morte.

Un imperatore che a Mantova venne accolto con tutti gli onori sia nel 1530 che nel 1532 con grande attenzione alla ritualità dell’apparire, al racconto dei poteri attraverso il lavoro di pittori, scultori e apparatori impegnati nella realizzazione di archi trionfali ideati da un unico regista, Giulio Pippi detto il Romano.

(Per l’autorizzazione alla pubblicazione su ReWriters delle fotografie di Nicola Saccani ringrazio Federica Leoni – Ufficio Stampa – Comunicazione Fondazione Palazzo Te).

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