Corto, medio o lungo, un film oltre che per genere e formato può essere definito anche in base alla durata. Il lungometraggio è la classica opera cinematografica che andiamo a vedere in sala che si contraddistingue per una durata di almeno 40 minuti, il cortometraggio non raggiunge i 30 minuti e nel mezzo si colloca il medio.

Per alcuni il cinema breve è una sorta di esercitazione per mettere alla prova le proprie abilità tecniche, tappa obbligata che precede l’approdo al lungometraggio.
Di fatto, per fasi e modalità di realizzazione, attenzione per i dettagli e contenuto, non vi sono sostanziali discrepanze, è unicamente la durata a fare la differenza o potremmo dire la lunghezza se ragionassimo in metri riferendoci alla pellicola. Nel concreto la vera differenza sta nella capacità di uscire dal circuito festivaliero e dalla possibilità di trovare un canale distributivo che corrisponda anche un alto grado di visibilità nel tempo.

Il cortometraggio è più facile?

Non dobbiamo farci trarre in inganno dall’idea che corto voglia dire più facile. Così come nella scrittura l’abilità di sintesi nel racconto per immagini è tutt’altro che semplice. Talvolta la breve durata mette in profonda difficoltà l’autore che deve riuscire a raccontare una storia sfruttando anche pochi minuti (talvolta secondi).

In Francia con la legge 26 ottobre del 1940 si definirono per la prima volta i tipi di programmazione possibili nelle sale cinematografiche pubbliche e nel 1964 un decreto legislativo stabilì che un film veniva considerato un lungometraggio quando superava i sessanta minuti, 1600 metri tradotto in metraggio.

I registi e il loro approccio
al cortometraggio

Negli Anni ’50-’60 furono i cineasti della Nouvelle Vague a fare le loro prime esperienze con il cortometraggio: François Truffaut (L’età difficile – Les mistons), Jacques Demy (Lo zoccolaio della Valle della Loira – Le sabotier de Val de Loire), Jacques Rivette (Il colpo del pastore – Le coup du berger), Agnès Varda (La Pointe Courte) e Chris Marker (Junkopia).

In Italia furono Luciano Emmer, Michelangelo Antonioni negli Anni Cinquanta e più tardi Mario Monicelli a cimentarsi nella versione breve, in Danimarca uno straordinario contributo arrivava da Carl Theodor Dreyer mentre negli Stati Uniti provarono a misurarsi con gli short films registi del calibro di Martin Scorsese e Robert Flaherty.

Gli anni settanta crearono i presupposti per la rinascita o forse la nascita vera e propria di una cultura del cortometraggio che vedrà un crescendo di esperienze e sperimentazioni, ma è proprio guardando al cinema delle origini che facciamo un’importante scoperta: il cinema nasce breve, anzi corto. La proiezione del 28 dicembre 1895 dei fratelli Lumière, ufficilmente la prima proiezione pubblica nonchè data della nascita dell Cinema, si avvaleva di cortometraggi. E lo stesso vale per un’altra pietra miliare del periodo del muto, Le Voyage dans la lune (1902) di George Méliès che non superava i 15 minuti.

Ma oggi che ruolo ha il cortometraggio?

Leggendo i numeri riportati sul sito www.cinemabreve.org potremmo dire che il successo sia dovuto principalmente al ruolo dei festival cinematografici che divengono delle vere e proprie vetrine per queste opere. Solo in Italia se ne contano ben 864!

Sussiste comunque il problema relativo alla distribuzione e al rischio che, dopo la partecipazione alle pur numerose manifestazioni, non ci siano altri canali che diano la giusta visibilità a queste piccole grandi opere cinematografiche.

Se l’esperienza dell’emergenza sanitaria ha lasciato qualcosa di positivo sicuramente è da ricercare nell’utilizzo più performante della rete per favorire la fruizione dei prodotti audiovisivi (termine non casuale).
In questo senso la piattaforma simbolo del cinema breve nel nostro paese è sicuramente WeShort una nuova startup italiana che porta gli shorts nel mondo facendo scoprire e riscoprire il loro valore tra premi oscar, attori hollywoodiani e i migliori corti nazionali e internazionali

Il cinema breve è stato l’origine del cinematografo, e Alessandro Loprieno, founder e CEO di WeShort, ritiene che oggi i cortometraggi possano assumere nuovi essenziali significati, fondendosi perfettamente con i linguaggi e le tecnologie contemporanee e ridando la possibilità a giovani artisti o a piccole produzioni di vedere i loro corti come un’opera d’arte apprezzata. Il corto spesso non ha un futuro distributivo e impedisce a tanti autori che non abbiano una grossa produzione di avere una voce. Non solo lo short film ritroverà la sua importanza come una forma di cinema autonoma, ma soprattutto riporterà la settima arte a dare voce al talento, anche quando proviene dal basso.

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