“Baby Reindeer” e il problema della percezione in René Magritte
Baby Reindeer. La serie su Netflix e la spirale di eventi che ha innescato rimandano al conflitto realtà-finzione tanto caro ai surrealisti.
Baby Reindeer. La serie su Netflix e la spirale di eventi che ha innescato rimandano al conflitto realtà-finzione tanto caro ai surrealisti.
Baby Reindeer è una serie tv di gran successo, uscita su Netflix ad aprile, che racconta lo stalkeraggio subito dal protagonista Donny (interpretato da Richard Gadd), da parte di una donna, Martha (interpretata dalla bravissima Jessica Gunning).
Richard Gadd ha dichiarato che la storia è basata su fatti realmente accaduti tra il 2015 e il 2018, quando lui stesso venne perseguitato da una stalker e subì degli abusi ad inizio della sua carriera di attore.
La serie, particolarmente apprezzata da pubblico e critica, ha suscitato anche numerose polemiche e si caratterizza per un insieme di accadimenti collegati proprio alla protagonista, Martha.
Nonostante le raccomandazioni espresse da Gadd affinché si evitasse che dalla serie si potesse risalire all’identità della persona che lo aveva perseguitato, la diretta interessata (Fiona Harvey, così sembrerebbe) si è dichiarata vittima dell’operazione, nonché oggetto di minacce online, che lei stessa rimanda al pubblico, continuando a recitare (o vivere?) quello stesso ruolo con cui è stata rappresentata nel film.
La persecuzione via social sembra aver colpito anche lo scrittore e regista britannico Sean Foley, identificato da alcuni utenti come il Darrien della serie, il personaggio che aggredisce e stupra Donny, gettando quest’ultimo ancor di più nella depressione e nello sconforto, alla ricerca del proprio orientamento sessuale.
In questa spirale che sembra senza fine, tra denunce e smentite, si sono persi di vista i tanti punti di forza della serie, ossia la sua capacità di narrare il lato oscuro delle relazioni, la tossicità a livelli estremi di entrambi i protagonisti, la difficoltà di denunciare alla polizia i fatti accaduti, il doppio coming out tra Gadd e i genitori.
Il tutto condito dalle reazioni di una parte del pubblico, vittima (o complice) di una nuova stereotipia di genere (qui ribaltata, in quanto Martha è una signora sovrappeso che perseguita un giovane uomo) ed incapace di cogliere la complessità degli eventi e della variegata umanità presente nelle serie.
Quello che sta accadendo fuori dallo schermo, probabilmente anche aldilà di quanto voluto dal protagonista o dalla macchina del marketing, è sempre più simile ad una sorta di meta-racconto, nel quale sono coinvolti non solo i diretti interessati, ma tutti coloro che interagiscono, direttamente o indirettamente, con gli stessi, contribuendo ad alimentare il cortocircuito attraverso una ulteriore narrazione della storia nella storia (che potrebbe essere anche la base di un eventuale sequel).
Potremmo finire la pagina qui, riflettendo sulle conseguenze della continua sovrapposizione tra reale e virtuale e sulla perenne intrusione delle piattaforme social nella nostra vita.
Potremmo però andare oltre, riconoscendo i limiti della nostra percezione e l’impossibilità di una ‘reale’ comprensione del mondo.
Era il 1937 quando René Magritte realizzava La Riproduzione Vietata, un olio su tela oggi conservato al Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam.
In quest’opera (come in gran parte della sua produzione) Magritte gioca con la percezione e l’illusione, dipingendo nello specchio un uomo riflesso di spalle invece che di fronte, molto probabilmente il commissionante del quadro (oltre che amico): il poeta inglese Edward James.
Il surrealismo di Magritte mescola la realtà (sorprendentemente riprodotta attraverso la tecnica iperrealista e lo spazio rigorosamente prospettico) con il fantastico e l’assurdo, scaturito da un fortissimo elemento di disturbo: nello specchio è (correttamente) riflesso un libro, poggiato sulla mensola in marmo alla destra dell’uomo, (la Storia di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, uno degli autori preferiti dall’artista), ma, allo stesso tempo, ci è preclusa la possibilità di riconoscere l’uomo ritratto nella tela.
Lo specchio ha quindi abdicato al suo ruolo tradizionale, almeno in parte, rilevandosi un piano illusorio nel quale veniamo proiettati, alla ricerca del vero volto del protagonista che non riusciremmo mai a vedere.
« La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione. »
René Magritte