Il giorno successivo al mio concerto al Teatro Brancaccio di Roma, esattamente il 21 maggio scorso, ho impiegato circa 1h per fare 6 km in auto, cioè per andare dal mio hotel alla stazione di Roma Termini, rischiando anche di perdere il treno per tornare a casa a Milano, dopo 10 giorni di vagabondaggio tra una data e l’altra.

Il motivo? La città era paralizzata dalla sfilata per la manifestazione Scegliamo la vita dei ProLife guidati da Pillon, con cori e striscioni non solo contro l’aborto ma anche contro eutanasia e vaccini!

Il Premio ReWriters 2022 a Loredana Bertè, Teatro Brancaccio, Roma

Cioè contro diritti che mirano a tutelare la vita e la dignità delle persone, in primis le donne. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, dopo 44 anni ancora persone (soprattutto uomini) che vogliono decidere del corpo di una donna. Eh sì, perché di questo si tratta, come recitava un celebre slogan dei movimenti femministi degli anni ’70 “il corpo è mio e lo gestisco io”: in quanto donna sono una persona fisica con dei diritti, un embrione non è ancora una persona, possono esserci mille motivi per cui decido di abortire.

Si va dal più grave (lo stupro) al più semplice (non sono ancora pronta) ma sono motivi personali e imprescindibili. Un bambino deve essere desiderato, non frutto di un errore e nemmeno messo in condizioni di vita che si sa già saranno difficoltose a livello economico, emotivo o persino fisico.

In Italia gli orfanotrofi sono pieni (anche perché difficilmente li danno in adozione, ma questa è un’altra faccenda…) e tanti bambini vengono ancora lasciati nei cassonetti o fuori alle chiese: chiediamoci il perché! E invece no, ancora oggi la legge 194 sull’aborto permette l’obiezione di coscienza e questo fa sì che esistano strutture sanitarie con l’80-100% di obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri e operatori socio sanitari.

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Forse, dopo quasi mezzo secolo, legislatori e legislatrici dovrebbero intervenire con le modifiche necessarie per rendere la legge effettiva e applicata. Il governo dovrebbe pubblicare i dati aggiornati sull’applicazione della legge 194 per far sapere alle donne italiane quanti sono gli obiettori e quali Regioni offrano realmente la possibilità di eseguire le interruzioni farmacologiche in regime ambulatoriale e quindi sicuro per la propria salute!

Vorrei ricordare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda alle donne, di ricorrere ad aborti legali e sicuri: ma ogni anno nel mondo si praticano ancora aborti clandestini, causando  morti e milioni di ricoveri ospedalieri. Non è forse femminicidio anche questo?

Come spesso ripeto e mi ripeto: a volte mi sembra di assistere al nuovo Medioevo, pandemia inclusa! Oltre ad un pericoloso avanzare di gruppi e idee di estrema destra in tutto il mondo, poche settimane fa leggevo che nei tanto moderni e democratici USA, un gruppo di giudici repubblicani vorrebbe abolire il diritto all’aborto.

Ma vi rendete conto che durante il fascismo l’interruzione volontaria era illegale in qualsiasi caso e punita dai 5 ai 10 anni di galera?

Ritengo però l’obiezione di coscienza una sorta di dittatura sanitaria silenziosa  tutta italiana (altro che la solfa della dittatura sanitaria derivante dal vaccino anti Covid, tanto cara ai no vax) perché, nonostante metta a rischio la salute di tante donne, nessuno ne parla.

In Italia, a differenza che in paesi più evoluti, appare normale preservare l’integrità di coscienza di poche persone come qualcosa di più importante della garanzia del diritto di milioni di donne a decidere della propria vita.

E sappiate che a parlare è una che avrebbe desiderato tanto essere madre ma che, per varie circostanze, non ha potuto e che in giovane età io stessa sono ricorsa all’aborto, perché non era il momento, perché non ero pronta, perché non ci sarebbe stato un partner giusto accanto, perché viaggiavo tanto… perché sono caxxi miei!

Poi quando sono arrivati il momento e la persona giusta, purtroppo non è stato possibile. Ricordo ancora il giorno in cui andammo a votare a favore dell’aborto, nel 1978, il mio amico Albertino Marozzi ed io, all’uscita dei seggi, siamo stati presi a sassate, catenate, calci e pugni da un gruppo di squadristi di estrema destra.

Questo per dire che come ho preso le botte per far approvare la legge sull’aborto, sono pronta a riprenderle per difenderla e mantenerla! Quindi sono coerente con me stessa ed il mio pensiero: la libertà personale e il diritto di scelta vengono prima di tutto. Scegliamo di essere libere e di esserlo in modo sicuro.

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