La pena di morte sembra una questione lontana dalla nostra Europa, qualcosa che subito ci fa pensare agli Stati Uniti. E’ di pochi giorni fa infatti la raccapricciante esecuzione in Alabama di Kenneth Smith, giustiziato con l’azoto. Eppure fino al 1981 la condanna a morte era legge anche in Francia, nel cuore della vecchia cara Europa.

A ricordarcelo oggi è la morte dell’ex ministro della giustizia francese Robert Badinter, che si è spento all’età di 95 anni il 9 febbraio scorso. Robert Badinter è stato, e sarà per sempre ricordato come il padre dell’abolizione della pena di morte in Francia, una delle prime misure adottate dal presidente socialista François Mitterrand all’inizio degli anni ’80.

La battaglia di Badinter contro
la pena di morte in Francia

E’ il 17 settembre 1981, François Mitterrand è al potere solo da qualche mese e Robert Badinter, in Parlamento, si lancia in un acceso discorso contro la pena di morte. Terrà i colleghi deputati appesi alla sua bocca per due interminabili ore, convincendoli ad andare contro l’opinione pubblica e nella direzione della storia.

“Per quanto terribili e odiose possano essere le loro azioni, non c’è essere umano su questa terra di cui dobbiamo disperare completamente per sempre. E per quanto riguarda la giustizia, per quanto attenta possa essere, non c’è nulla che non possa cambiare. Possa questa giustizia essere umana e quindi fallibile”.

Il giorno successivo il Parlamento vota e approva il testo, e il 9 ottobre 1981 viene promulgata ufficialmente l’abolizione della pena di morte. Ma Robert Badinter non si ferma, perché l’abolizione della pena capitale in tutto il mondo resterà la battaglia della sua vita, tanto da fargli pronunciare, 40 anni dopo, queste potenti parole:

“Finché nel mondo si continuerà a impiccare, decapitare, lapidare e fucilare, tutti coloro che considerano il diritto alla vita un valore morale assoluto devono continuare la loro lotta. La pena di morte è destinata a scomparire da questo mondo perché è una vergogna per l’umanità”.

Con questo discorso Robert Badinter trasforma la sua battaglia francese contro la pena di morte in una battaglia mondiale, sottolineando l’universalità della sua lotta. La sua è una storia di quelle che colpiscono, e che il primo segretario del Partito Socialista Olivier Faure ricorda ai microfoni di RFI: era ancora un bambino quando il padre, ebreo, morì in un campo di concentramento. Eppure questo dolore non si è trasformato in vendetta, ma al contrario è diventato la spinta per difendere gli stessi criminali, chiedendo per loro che questa vergogna, come lui stesso chiamava la pena di morte, fosse un giorno abolita per sempre.

Robert Badinter e la sua eredità

Dalla sua battaglia di una vita nasce anche un libro, che noi tutti dovremmo leggere proprio alla luce dell’ultima esecuzione in Alabama, per non abbassare la guardia davanti a una giustizia che in ogni momento può trasformarsi in vendicatrice. Il libro, dal titolo Contro la pena di morte, si presenta come una raccolta di scritti che vanno dal 1970 al 2006, in cui Robert Badinter misura la strada percorsa e quella ancora da fare nell’incrollabile convinzione che la sanzione estrema sia una sconfitta per l’umanità.

Una lotta che si gioca dagli USA alla Cina, ovunque i principi si confondono con i rimedi. “Verrà un giorno in cui non ci saranno più condannati a morte in nome della giustizia…”, scrive l’autore nel suo testo. Secondo Robert Badinter la pena di morte è destinata a scomparire e l’essere umano alla fine vincerà su se stesso, ma fino ad allora scontra forti retaggi culturali e resistenze politiche. Come l’esecuzione di Kenneth Smith in Alabama sta a ricordarci.

Sapere che la ghigliottina era in uso fino a circa 40 anni fa in Europa è qualcosa che fa rabbrividire. Ma del resto essa è ancora in vigore in Bielorussia, che pur non facendo parte dell’Unione Europea, è tuttavia un Paese dell’Est Europa e quindi a noi molto vicino, e nel resto del mondo alcuni Paesi come l’Iran e l’Arabia Saudita registrano continui aumenti del numero di esecuzioni capitali.

Altri Stati come ad esempio Singapore, applicano la pena di morte anche in casi correlati al traffico di droga e persino in casi in cui i cittadini esprimono le proprie opinioni sui social media o per strada, come si sottolinea sul sito del Consiglio Europeo.

La pena di morte è una punizione disumana e umiliante e costituisce la massima negazione della dignità umana. E’ dimostrato che non ha effetti dissuasivi sulla criminalità e rende irreversibili gli eventuali errori giudiziari.

L’intellettuale ebreo Robert Badinter ha tracciato un solco, in Europa e nel mondo, che non dovrà mai essere cancellato. E sta a noi e alle future generazioni conservarlo e proteggerlo, soprattutto in questi tempi in cui soffiano venti portatori di violenza e prevaricazione.

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