Il Teatro Altrove esiste a Roma da pochi anni, affermatosi con rapidità e stima da parte degli spettatori romani, tradizionalmente abitudinari. Chiediamo a Ottavia Bianchi e Giorgio Latini, rispettivamente direttore artistico e presidente di Teatro Altrove, un breve excursus della sua storia, con particolare accento sulle difficoltà affrontate e sulle maggiori soddisfazioni ricevute.

Giorgio Latini: le difficoltà maggiori sono forse state due: la prima è stata la costruzione degli spazi del teatro in senso letterale. La struttura era un magazzino in disuso dagli anni sessanta: farne un gioiello mettendolo completamente a norma in pochi mesi è stata un’impresa ardua. Nessuno credeva che ci saremmo riusciti e invece ce l’abbiamo fatta. La seconda difficoltà è stata quella di fidelizzare un pubblico prima di quartiere e poi di amanti del teatro senza scendere a compromessi sulla qualità degli spettacoli e degli interpreti. Anzi per fortuna ma forse grazie ad un lavoro continuo da parte nostra, abbiamo visto addirittura aumentare i numeri in termini di abbonamenti.

Con quali criteri assortite il vostro cartellone e come scegliete gli artisti da ospitare?

Ottavia Bianchi: siamo uno spazio che ospita e predilige le nuove drammaturgie contemporanee. Esistono nuovi testi che raccontano l’oggi senza perdere il contatto con la tradizione della buona prosa e soprattutto ben recitata. L’eccellenza esiste e risiede nella professionalità di attori dall’ottima formazione che spesso, senza essere anacronistici o elitari, rimane quella accademica o comunque strutturata su curriculum ed esperienze di alto livello. In sintesi, direi che scegliamo rispetto a due requisiti: storie belle e interessanti, fruibili da un pubblico trasversale e non solo di addetti ai lavori, e attori di ottima professionalità. Questo fino ad oggi ci ha permesso di farci conoscere e di affermarci come teatro di cultura popolare.

Questo anno ci sono in cartellone anche due vostre produzioni, Le Sorellastre e Mi sono scordata, volete accennarcene?

Ottavia Bianchi: sono entrambi scritti da me e diretti da Giorgio Latini che nella seconda è anche interprete. Le Sorellastre è una commedia drammatica a tema familiare che, partendo da una serie di interviste fatte a donne di varia estrazione culturale, sviluppa il tòpos della camera chiusa affrontando una serie di tematiche al femminile. Quattro sorelle ormai lontane da molti anni si ritrovano nella casa di famiglia alla morte della vecchia madre. Un’eredità inaspettata e un gioco al massacro a cui dovranno partecipare per venirne in possesso scatenerà una serie di colpi di scena molto esilaranti. La commedia ha vinto due premi di drammaturgia ma soprattutto, sarà perché la famiglia genera mostri, ha riscosso un tale successo di pubblico che replicherà ancora il 28, 29 e 30 dicembre prossimi.

Ah, mi sono scordata, è una commedia musicale in cui libero la mia seconda natura che è quella di cantautrice. Giorgio Latini interpreta uno scrittore nevrotico e solitario che s’imbatte in una sconosciuta che ha perso la memoria e che, in preda a degli attacchi di sonnambulismo, canta i suoi ricordi perduti. Un musicista assoldato apposta per l’impresa aiuterà il giovane romanziere a dipanare il mistero. La tematica sotterranea è sempre la perdita ma stavolta ho voluto cercare toni meno grotteschi.

Lo spazio dell’Altrove ha uno sguardo privilegiato anche per la formazione: chi frequenta i vostri corsi e che tipo di addestramento offrite loro? Due righe anche sui testi ricevuti per il Premio di drammaturgia che proponete: che Italia ha urgenza di raccontarsi (se avete già ricevuto qualcosa)?

Giorgio Latini: i nostri corsi spaziano da quelli per adolescenti a quelli professionali (dei quali noi ci occupiamo direttamente) con la volontà di organizzare seminari mirati che offrano esperienze significative. Fondamentale è che l’apprendimento della tecnica, sulla falsa riga di quello che noi stessi abbiamo appreso nei nostri studi, sia la base della didattica in cui l’amore per la parola e per i grandi autori ma anche per la musica, il canto e il movimento fanno parte del programma. Ci consideriamo un ottimo ponte per il professionismo, sia esso l’approdo alle accademie d’eccellenza o direttamente l’ingresso nel mondo del lavoro con delle competenze che rendano competitivi. In generale chi studia da noi, anche se per diletto, riceve una formazione anche da spettatore. I giovani sono il pubblico di domani e nella costruzione delle stagioni teatrali puntiamo molto anche su di loro. Riguardo a “Prosit!” il nostro concorso di drammaturgia, il bando verrà pubblicato il primo dicembre.

Il periodo post-para-pandemico vede cambiamenti significativi nella relazione con il pubblico e, se sì, in che senso?

Giorgio Latini: chi non torna ha ancora paura o semplicemente non è vaccinato. In generale chi sta tornando desidera una rinascita ma per smuovere la gente c’è bisogno di linfa nuova, di creare un pubblico più giovane ed esigente. Le realtà produttive legate anacronisticamente al passato e ai nomi televisivi non vogliono comprenderlo. Quello dell’Italia dei dinosauri che non investe sull’eccellenza è un discorso conosciuto e tragicamente vero. Noi non ci siamo fatti cacciare dal nostro paese e per tutta risposta su questa mediocrità abbiamo costruito un teatro intero.

Condividi: