Tra qualche giorno sarà Natale. Un po’ come come dire che dopo il giorno ci sarà la notte. Inderogabile e abitudinario. Quest’anno ho preso questo tempo in maniera lenta. Non ho ancora messo nessuna luce ad illuminare le scale e neanche ghirlande con palline colorate e babbi appesi a decorare le porte. Nessun segno di riconoscimento per chiunque passi. Una volta reazionaria, almeno per qualche giorno.

Il Natale, il Luna Park,
i ricordi: “Pupazzo o bottiglia?”

Così a proposito di questo ho pensato a quando ero ragazzina e questi era il periodo che il Luna Park arrivava in periferia, in questi spazi che prendevano vita solo con le giostre o il circo. Sono certa di non essere la sola, vista la mia giovinezza diversa, ad essere andata con la compagnia (a quel tempo le amiche e gli amici si chiamavano così) a buttarsi tra autoscontri, calcinculo, disco volante. Ma la sfida vera era al tiro a segno o al tiro al pesce.

Sarei curiosa di sapere quanti di noi hanno portato a casa pesci rossi in sacchetti che tragicamente si rompevano con la fine prematura del poverino. E se anche fossero arrivati a casa diventava un litigio con la mamma che al grido

“questo qui non entra”

ci costringeva a rubare barattoli di vetro per farlo sopravvivere pò di più. L’altro, il tiro a segno, che si declinava in più varianti, aveva per noi, il fascino del proibito. All’assegnazione della vincita c’era la domanda:

“pupazzo o bottiglia?”.

Nessun dubbio: bottiglia. Diciamo che legge dell’alcool ai minori era ancora a discrezione e per noi la trasgressione aveva quella immagine. Capsula dorata che nascondeva la gabbietta di metallo e tappo a fungo di plastica. Apertura con il botto e tracanno a bocca. Era zucchero liquido con delle bolle che che sembravano fatte lì per lì. La gradazione poteva essere intorno ai 5 gradi. Però quell’idea di bere era bellissima, coinvolgente e ci faceva faceva ridere di ogni battuta. Quella bottiglia vinta così aveva un nome: spumante Asti. Costava poco certamente e non pretendeva niente di più di quell’effetto. Certo durante quella gioventù manco ci pensavo che stavo abbruttendo un pezzo di storia così importante per l’Italia.

Il Moscato, storia e nascita di un grande prodotto italiano

Carlo Gancia nel 1896 dopo essere stato nello Champagne (si torna sempre lì) cominciò a vinificare il Moscato bianco, uva tipica della zona astigiana, con il Metodo Classico e non solo ad adoperarlo per il vermouth. Qualche anno dopo un altro genio italiano, Federico Martinotti, realizzò il primo metodo di spumantizzazione più rapido in autoclave. Diciamo che gli anni a seguire sono stati il compimento del progetto di un grande prodotto italiano tanto da arrivare nel 1967 alla DOC e nel 1993 alla DOCG. Queste poche righe non sono altro che un accenno di un pezzo così fondante per la nostra viticoltura, giusto per tornare da dove ero partita.

Il Natale, con assenza di decori, ma con un menù pieno di certezze. Per esempio il panettone o il pandoro, sui quali non voglio neanche provare a pensare quanti se ne sono inventati, con anche la domanda, era necessario? Reazionaria anche qui. Io sono per il classico dolce milanese canditi inclusi, con l’accompagnamento di un nettare dolce, come appunto il Moscato d’Asti che può essere anche nella tipologia Asti spumante. Chi beve il Prosecco con il dessert, non merita menzione. Un territorio ampio che tocca Alessandria, Asti e Cuneo.

Moscato d’Asti uva – Photo by Confagricoltura Asti

E tra tutte queste vigne, mi sono innamorata del Moscato d’Asti Canelli della cantina di Vittorio Bera al primo sorso, che senza la presa di spuma, ha una sua vivacità naturale. Così ho fatto pace con tutti i Luna Park e i tiro a segno possibili. Fermentazione spontanea in autoclave con successivo blocco e affinamento nello stesso contenitore. Sono vignaioli dal 1758 e precursori nella conversione al biologico già del 1964. Fanno parte della famiglia delle Triple “A”, vale a dire Artigiani, Artisti e Agricoltori, quindi con la naturalità al primo posto. Ma tutto questo non dice, come sia degustarlo. Vorrei tanto scovare un esempio per descrivere quella sensazione di pace dei sensi che appartiene a questo Moscato. La pesca, gli agrumi, la mineralità elegante e quella dolcezza che assomiglia a quelle carezze che non ricordiamo più. Quelle sulle guance che ti tranquillizzavano e ci assicuravano che andava tutto bene.

Consiglio, aprite una bottiglia e riempite il bicchiere prima di scartare i regali: sono sicura che vi sembreranno tutti più belli!

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