Maggio è stato il mese della sensibilizzazione sulla salute mentale, ma maggio, quest’anno, è stato anche il mese delle campagne elettorali per le amministrative, le prime post pandemia. E si sa, nelle campagne elettorali, la questione giovanile la fa sempre un po’ da padrone.

Il perché di questa mia associazione salute mentale + campagna elettorale + giovani è presto detto. Secondo i dati dell’OMS il suicidio è la seconda causa di morte per i giovani di età compresa fra i 15 e i 29 anni ma non solo.

Uno studio condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha rilevato che i tentativi di suicidio e autolesionismo marcato sono aumentati del 30% durante la seconda ondata della pandemia da Covid19. Le ospedalizzazioni per tentativi o idee di suicidio sono passate dal 17% nel gennaio 2020 al 45% del totale nel gennaio 2021.

Sono esplosi i disturbi del comportamento alimentare: solo per l’anoressia un +28% di richieste di aiuto.  A questi dati decisamente allarmanti si contrappongono quelli relativi alle azioni concrete che il servizio pubblico mette in atto per arginare la situazione.

Secondo il Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità, redatto da Cittadinanzattiva vi sono numerose carenze del SSN in relazione alla salute mentale e, paradossalmente, proprio nel momento in cui i disturbi si fanno più gravi, i servizi dedicati diminuiscono.

Dai dati raccolti, infatti, si evince che nel pubblico la media nazionale è di appena 3,3 psicologi ogni 100mila abitanti, con una forbice che va da 16 in Valle d’Aosta a 1,3 in Piemonte. A fornire assistenza pubblica sono 126 Dipartimenti per la salute mentale e un totale di 1.299 strutture territoriali, pari a 2,6 per 100mila abitanti.

Se a questo si aggiunge che, secondo Massimo Di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria, l’obiettivo di avere il 5% dei fondi stanziati per la salute mentale sarebbe molto lontano, dato che le Asl mettono a disposizione circa il 3.2-3.3% del loro budget e che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) redatto dal Governo italiano non contenga espliciti riferimenti alla salute mentale, la relazione iniziale appare sempre più evidente.

#GiovaniAssenti è la campagna di Visionary per denunciare l’assenza di proposte concrete per l’emergenza giovani nei programmi elettorali

Ora tra due giorni si va al voto. Io ho vissuto tante campagne elettorali in prima persona e le ho vissute da diverse parti politiche, di salute mentale non se ne parla praticamente mai e questa tornata elettorale non ha fatto eccezioni perciò non ci sarebbe nulla di sconvolgente se non fosse che, appunto, la situazione sfiora ormai vette altissime di emergenza, che il target 3.1 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite consiste nel “ridurre [entro il 2030 n.d.r.] di un terzo la mortalità prematura da malattie non trasmissibili attraverso la prevenzione e il trattamento e promuovere benessere e salute mentale” e che Il Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale rilanciato per il quadriennio 2021-2025, prevede di “rafforzare gli impegni per promuovere la salute mentale in diversi settori, inclusa la costruzione di ambienti che supportino una salute mentale positiva e la resilienza, e che aumentino l’alfabetizzazione alla salute mentale tra i professionisti oltre i confini della salute mentale”.

E allora, come è possibile che nonostante tutti questi dati, queste sollecitazioni e queste direttive internazionali, la politica italiana si dimentichi in maniera pressoché totale di occuparsi di salute mentale?

L’argomento giovani in campagna elettorale equivale a lavoro e sviluppo economico, eppure se questi dati saranno confermati c’è il concreto rischio che i nostri giovani non arrivino neppure a cercare un lavoro o a creare sviluppo.

Si parla dei ragazzi solo in relazione alla loro produttività, all’idea di un futuro economicamente indipendente, che consenta loro di raggiungere il successo e di essere volano del rilancio di questo Paese, ma di quello che accade nel frattempo nessuno se ne occupa.

Tra la fine dell’età infantile e l’inizio dell’età produttiva esistono gli anni in cui le coscienze dei giovani si formano che vengono invece abbandonati in un limbo, in attesa che il tempo passi e che i più forti approdino a nuovi lidi. In questa traversata sono da soli.

I programmi elettorali sono pieni di proposte di sviluppo economico, di sportelli per l’avviamento al lavoro, di impianti sportivi, e ad essere meno drammatici, in alcuni casi, anche di turismo e grandi eventi, di cui magari qualcuno anche di spessore culturale elevato, ma sono rarissimi i casi in cui sono previsti sportelli d’ascolto, finanziamenti ad associazioni di auto mutuo aiuto, protocolli d’intesa con gli psicologi, giornate di formazione sulla saluta mentale.

E tutto questo ha dei motivi evidenti ai miei occhi: la salute mentale non sposta voti intanto perché molti dei ragazzi che soffrono di disturbi mentali se ne vergognano e votare in questo senso è un’ammissione di colpa. In secondo luogo perché i disturbi mentali sono sinonimo di fragilità e i fragili non producono, non contribuiscono allo sviluppo della società e occuparsi di loro in campagna elettorale significa sprecare risorse per un argomento che potrebbe non portare giovamento alla comunità.

In ultimo lo stigma. Occuparsi di salute mentale significa ammettere che c’è un problema e che c’è nella propria città, in quella che si vuole amministrare, e che credibilità ha un sindaco che dice ai suoi elettori che tra di loro ci potrebbero essere dei pazzi?

E mentre la politica si rincorre su come intercettare e spendere i fondi europei destinati, probabilmente, all’ennesima grande opera che paralizzerà le risorse per mesi, i tentativi di suicidio di giovani sotto i 30 anni raddoppiano e di questo passo faremo fatica a conservare intatta la generazione per la quale diciamo di voler rilanciare il Paese.

Per approfondire: Quelli normali – Il Podcast di Lavinia Nocelli

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