La poesia, se è veramente tale, restituisce forma al non detto. Possiede anche un modo originale, fatto di senso, ritmo, suono, per dire il contemporaneo. Anche così si può riscrivere la realtà e l’opera prima di Valentina Furlotti, Fosforescenze (Interno Libri) ci riesce percorrendo una strada poco battuta.

Sin da subito il lettore viene investito dal chiarore diffuso degli spazi aperti o degli animali marini che emergono dagli abissi dove a qualche grado sopra lo zero una luce brilla. Segue la sezione Supernova che investe di esplosioni stellari un amore come tanti ma che approda alla contemporaneità filtrata da luci poco ordinarie. Per esempio quelle sanitarie. Fulgori che attraversano pelle e ossa, lastre radioattive che illuminano i nostri organi, farmaci che brillano le coscienze:

Hai scoperto dopo mesi 
in una radiografia 
la scheggia abbagliante 
nel pollice destro, reliquia
di portiera andata in pezzi
quando una notte, sull’argine
la 500X si capovolse
e tu ne uscisti illesa 
senz’anima viva, protetta 
da tutti i morti del mondo.

Poesia, “Bagliori blu risorti dalla pietra”

Sino a quando non brillano le vere e proprie Fosforescenze che regalano il titolo alla raccolta. E allora il viaggio inizia tra le luminescenti ricerche dei coniugi Curie che spiano anime nel laboratorio, bagliori blu risorti dalla pietra, e attraverso gli anni del radio e della scienza che accende il futuro ma anche i corpi delle Radium girls, il gruppo di operaie che, attorno al 1917, scrive Valentina Furlotti nelle note a fine testo, furono vittime di un mortale avvelenamento da radiazioni nella United States Radium Corporation.

Il Radio si trovava nella vernice luminescente Undark con cui dipingevano i quadranti degli orologi. Le ragazze, rassicurate dai dirigenti circa l’innocuità del Radio – i quali però si guardavano bene dall’entrare in contatto con esso -, erano solite affinare il pennello mettendolo in bocca. Alcune si pitturavano le unghie e vestiti con la vernice per creare un effetto brillante. In seguito al caso fu riconosciuto ai lavoratori il diritto di citare in giudizio le aziende per abuso sul luogo di lavoro.

Brillavano al buio, nella sala
da ballo, le ragazze del radio
operaie ad Orange, New Jersey:
tutto il giorno a dipingere lancette
con la vernice radioattiva Undark
a leccare pennelli per fare
la punta sottile. “Dosi innocue “
Dicevano scienziati, dirigenti
vestendo abiti di piombo, pinze
d’avorio, “al massimo avrete
le guance rosa. Cinque anni dopo 
i primi malesseri: denti che cadono
ossa a nido d’ape, emorragie.
Brillano al buio, le ragazze del radio
verdi scheletri luminescenti.

L’orrore dimenticato del Radithor

Tra strofe limpide e approcci visionari, emergono storie che abbiamo dimenticato o che forse nessuno si era preso la briga di raccontarci per bene. Come quella di Eben Byers, golfista di talento ed imprenditore di talento che nei primi anni Trenta del secolo scorso, rimase gravemente menomato dopo avere bevuto il Radio; colpa di un trattamento prescrittogli da un medico per curare un trauma al braccio che gli avrebbe impedito di proseguire con serenità la sua vita sportiva.

Il Radithor, brevettato da W.J.A. Bailey, era definito un medicinale composto semplicemente di un flaconcino di acqua distillata con un microcurie di Radio 226 (226Ra) e 228 (228Ra). A Byers, che ne bevve 1400 fiale, cadde letteralmente la mascella. Una orribile mutilazione seguita da morte per collasso multi organo.

Eben Byers

Lo intervistano dal letto della clinica
la fronte di crateri e una voragine 
al posto del mento. Era famoso per altro
prima di perdere la mascella. Golfista
imprenditore. “Fu a causa del Radithor”.
conferma, “al giorno boccette tre”
che la luce lo scelse come casa.

Nella prefazione a Fosforescenze, il poeta Valerio Grutt sottolinea giustamente che

“la poesia di Valentina Furlotti solleva la pellicola al reale, ci lascia entrare nella visione viva di ferite e illuminazioni”, “è talento e ricerca”,

atmosfera al tempo stesso

“magica e scientifica”. 

Stupiscono questi versi così contemporanei eppure senza tempo; ma forse non dovrebbe essere così. Cosa c’è di più indicato della poesia per illuminare l’invisibile? 

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