In un momento di straordinaria fertilità creativa e di fortuna realizzativa incontriamo felicemente l’artista a tutto tondo Caroline Pagani.

A febbraio per te un appuntamento importante al Festival della Poesia di Ferrara. Raccontaci del lavoro su Herbert Pagani.
Si tratta di uno spettacolo teatrale musicale, ma anche concerto e mostra d’arte. Gli arrangiamenti per lo spettacolo, bellissimi, sono fatti da Alessandro Nidi che mi accompagnerà al pianoforte, la regia è curata da Giuseppe Marini, regista colto, sensibile e profondo. Studio queste canzoni di cui sono innamorata da una vita, assiduamente da due anni con una Maestra unica come Francesca Della Monica. Lo spettacolo è un viaggio e un ritratto di Herbert come uomo e artista: paroliere, cantautore, pittore, scultore, pacifista, disk jockey, visto anche attraverso i miei occhi di bambina. Ho cercato con questo testo di mostrare la sua produzione artistica a 360 gradi, in Italia ha avuto un successo intenso ma relativamente breve, in Francia era osannato e molto amato.

Caroline Pagani e Vittorio Sgarbi

Come ti interfaccerai con Sgarbi in proposito? Pagani, che disco sta nascendo da questo lavoro?
Ci interfacceremo per la conferenza stampa in cui presenteremo lo spettacolo  concerto e, se possibile, interverrà a fine spettacolo per parlare delle opere d’arte che il pubblico potrà vedere videoproiettate nello spettacolo e in forma di mostra virtuale nel foyer del Teatro Comunale di FerraraVittorio Sgarbi critico d’arte per me è inarrivabile e insuperabile, e anche se il contemporaneo non è propriamente il suo ambito specialistico, poiché è un grande esperto soprattutto del Rinascimento, sa fiutare e riconoscere i progetti belli, di qualità e di valore. Ha visto le opere di Herbert nella mostra che era stata fatta postuma a Palazzo dei Diamanti e se ne innamorò e considera Herbert uno dei più grandi poeti e cantautori del Novecento.

Il disco è un doppio album, preceduto da un singolo “Palcoscenico”, sul mondo del Teatro in tutte le sue forme. Si tratta di un album con canzoni in italiano e francese e pezzi in prosa e poesia, cantati e interpretati da me e da ospiti, fra cui Danilo Rea, Fabio Concato, Shel Shapiro, Giorgio Conte, Moni Ovadia e altri.

Ti vedremo poi presente in Vivien a Marzo, che ruolo interpreti in questa ricostruzione di Vivien Leigh?
Interpreto Vivien Leigh. Una Vivian Mary Hartley donna, irrequieta, complessa e multisfaccettata, che poi diventa l’icona Vivien Leigh, attrice di teatro, attrice di cinema, amante, moglie e madre. Il testo è di Donatella Busini e la regia di Mauro Toscanelli.

Hai ricevuto molte soddisfazioni con il tuo recente Mobbing Dick vuoi riassumerne qualcuna?
Il Premio Fersen alla Regia, il bando Shakespeare nel Parco, il Festival Teatri Riflessi. Sono contenta più che altro perché è uno spettacolo che tratta il tema delle molestie, degli abusi, del ricatto e del mobbing nell’ambiente dello show business, in maniera ironica, ma anche sarcastica e inevitabilmente amara.

L’erotismo in scena

Hai scelto l’erotismo come principale binario artistico come viene accolta questa tua scelta in questo paese? Viene capita o banalizzata?
Più che erotismo direi il femminile e l’Eros, soprattutto, ma non solo, in Shakespeare. Il teatro elisabettiano, quello shakespeariano in particolare, è il mio ambito principe di studio, ricerca e specializzazione. Ci ho fatto due tesi di laurea e stavo per votarmi alla carriera universitaria, poi fortunatamente sono rinsavita dedicandomi totalmente alla scrittura, alla recitazione, al canto, alla regia. Si tratta di un erotismo non tanto legato agli ormoni del qui e ora quanto al desiderio, al desiderare, alla sessualità immaginata, evocata, inscenata attraverso le parole, i suoni, le immagini.  Il nudo in scena ha senso se ha una necessità poetica e soprattutto se non è gratuito, se ha una ragione, drammaturgica, registica, di essere. 

In questo paese viene accolta bene, all’estero viene capita ancora meglio.

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