La mascherina chirurgica ci ha cambiati moltissimo, ma forse non ce ne siamo accorti perché siamo bravi ad abituarci a tutto. Altre cose ci vengono così così, ma di abitudine siamo maestri.

Comunque la mascherina ci ha cambiati e, soprattutto per la nostra vanità è avvenuta una vera rivoluzione: non intendo solo di tipo comportamentale, qualcosa di simpatico connesso ai siparietti di quelli che se la alzano fino alla fronte per poter gridare ad un amico dall’altra parte della corsia del supermercato, sembrando Vasco Rossi, ai tempi delle sue improbabili apparizioni in tv con la bandana e molto drogato, oppure a quelli che usano la mascherina anche in casa, spaventando i bambini, al mattino, svegliandoli con la faccia tutta bianca, di garza, come mummie.

Intendo dire che è capitato qualcosa di strano e anche brutto e che è evidentemente accaduto a danno dei nostri connotati che, con franchezza, non avevano proprio bisogno di altre cose brutte. Anche per questo, più che i virologi, in questo periodo mi piacerebbe ascoltare i sociologi e gli psichiatri, sentire la loro opinione che non sarebbe così variegata e divergente, come quella dei virologi, e poi farebbero anche meno danni di questi ultimi e dei giornalisti che trascrivono ciò che dicono.

Io li vorrei in campo, i sociologi e gli psichiatri. Mi pare giusto.
Urge una fotografia di cosa stiamo diventando.

Bisognerebbe raccontare i danni che apporta una semplice giornata tipo di qualcuno come noi: un individuo che si è costruito qualcosa che pensava potesse essere granitico, come una carriera professionale ed invece, se già non fosse bastata la delusione del crollo della famiglia granitica, ora si è anche abituato ad andare in giro solo per far fronte alle necessità vitali, abbigliato esattamente come fino a pochi mesi fa era proibito abbigliarsi e cioè col volto coperto, all’interno di esercizi pubblici.

Abbiamo ormai svariate analogie coi latitanti pur non avendo il loro stesso fascino.

I criminali accampati nelle grotte sarebbero disposti a tutto pur di cavare la testa fuori di casa e regalarsi momenti di svago, mentre noi non vediamo l’ora di rientrare nella nostra cuccia per sfuggire ai germi ed eliminiamo qualsiasi strato batterico dalla nostra povera pelle che somiglia sempre più a quella di Renato Balestra.

Questo, per tantissime persone è stato il primo anno vissuto interamente indossando un costume di carnevale fuori stagione, come quando qualche amico stronzo organizza una festa in maschera a luglio e non sai come giustificare il fatto di fermarti a far benzina vestito da Gandalf.

Forse i criminali veri avranno approfittato della bizzarra situazione di avere per strada un sacco di gente imbavagliata e si saranno mimetizzati con piacere, con le loro mascherine a fiori, in seta o garza di chiffon, di Fendi.

Sarebbe anche giusta una digressione su dove possa spingersi la nostra audacia, in fatto di scelta del modello di mascherina: il mio parrucchiere ha una specie di mutanda contenitiva color crema, la maggior parte delle mie amiche ne indossa due, una nera con filtro ed un’altra sopra, coi fiori o gli uccellini ad evocare cose belle persino in questa situazione. E son certa che le cose belle, se vedessero le mie amiche così abbigliate, scapperebbero.

Che poi anch’io ci son cascata e mi sono pesantemente invaghita delle mascherine addolci-pandemia di Pagliani e Brasseur.

C’è stato un momento in cui non eravamo ancora abituati a tutto ciò.

Ci sono stati giorni in cui abbiamo fatto venire le piaghe al nostro cane per portarlo fuori a pisciare, giorni in cui abbiamo consumato le suole delle scarpe sul nostro pianerottolo di casa, con gli occhi iniettati di sangue e abbiamo fatto paura al nostro dirimpettaio o all’impiegato delle poste, andandocene tutti i giorni all’ufficio postale e appostandoci, pensa tu che parola azzeccata, dentro alla sala aperta al pubblico per spedire le cartoline ai parenti creandoci un alibi.
Che poi le cartoline non si spediscono da almeno trentacinque anni, ma il pretesto fa l’uomo ladro e noi, come ladri, ce ne andiamo in giro con la mascherina, come se niente fosse.

Vestiti tutti di nero, lo eravamo anche prima, soprattutto a Milano.

Vestiti in total-black, col fazzolettino nero che ci copre mezzo viso, come se niente fosse, come Zorro, senza spada ma con tutto il resto, anche i baffetti purtroppo.
Si potrebbe anche tentare di uscire col casco integrale, solo per il gusto di far immaginare agli altri una rapina, come ai vecchi tempi ma niente, ormai sono tutti abituati.

Ci si abitua proprio a tutto.
Ci si abitua proprio a tutti.

Sono tutti abituati a girare come dei brigadisti senza ormai alcuna velleità di rapire o ammazzare, ma solo con la voglia che arrivi presto il proprio turno di ingresso al supermarket sotto casa per comprarsi la cena aspettando che i virologi alla tv ci dicano come vada disinfettata. Mentre invece io vorrei gli studiosi della mente e della società, seduti su quelle poltrone, a dirci dove andremo a finire e se, una volta arrivati lì, alla fine, vi siano, eventualmente degli igienizzanti.

Per chi volesse consultare i sociologi, ecco un aiutino.

Condividi: