L’emergenza globale e gli effetti del dissesto planetario che stiamo toccando con mano non sono altro che il risultato di uno sviluppo fuori misura della specie che domina il pianeta. La Natura si fonda su determinati equilibri, tra prede erbivore e predatori carnivori, tra parassiti e organismi più o meno ospitali, tra specie associate che traggono reciproco vantaggio, ovvero in un legame definito simbiosi, parola che deriva dal greco e significa vivere insieme. Un rapporto simbiotico che può essere mutualistico, commensalistico o appunto, parassitario, come il nostro atteggiamento nei confronti di Madre Terra.

L’Homo Sapiens appare nell’Olocene, era geologica dal clima stabile e causa della sua indole onnivora e predatoria, e prende in pochi millenni il sopravvento sulle altre specie grazie ad un’evoluzione tecnologica senza pari. Noi discendenti di questi Sapiens e testimoni degli effetti sconvolgenti di questa conquista del mondo, ci ritroviamo catapultati in un’altra Era geologica: l’Antropocene, nome assunto dal responsabile di questo impatto devastante. Si tratta di un’Era in cui è opportuno diventare protagonisti consapevoli di un’inversione di rotta. Il problema è come deviare un’inerzia così schiacciante? L’anti-specismo e l’emancipazione femminile, fondamentali in questo passaggio cruciale, hanno in fondo un’unica ragion d’essere. Annamaria Manzoni, in prima linea su questi due fronti, sostiene infatti che:

“Il cammino dell’emancipazione femminile deve governare il rischio dell’uniformazione a quello maschile… Da millenni la divisione di genere è stata il criterio principale per determinare l’esistenza delle persone, con gli uomini al potere e le donne in posizione di sudditanza, esattamente come lo specismo è stato il criterio per definire il posto di umani e nonumani nel mondo. La strada verso il superamento del sessismo deve coincidere con la lotta a tutte le forme di sudditanza e prevaricazione e non può non essere condotta contestualmente alla lotta per la liberazione animale…”.

Ogni organismo è composto da un certo numero di cellule con il medesimo DNA che lavorano in sinergia: allo stesso modo ogni specie vivente è composta da una mole di individui con un patrimonio genetico pressoché identico, che agiscono e interagiscono seguendo dei principi universali mediati da una dose personale di libero arbitrio. La complessità delle relazioni imprime una direzione all’intera società, a cui ogni individuo appartiene e dove ognuno deve mediare tra i propri interessi e il proprio bisogno di socialità. “Per quanto egocentrici, siamo fatti per stare in relazione e ne abbiamo bisogno sia dal punto di vista genetico che culturale. Tuttavia sul palcoscenico dell’interazione siamo troppo abituati al monologo. Da una parte quindi abbiamo questa propensione, dall’altra il ritiro e la diseducazione alla cultura di gruppo, all’alterità”. E’ la considerazione di Pino De Sario, psicologo sociale, specialista in facilitazione, autore di numerosi libri che riguardano la comunicazione ecologica, direttore della Scuola Facilitatori. Sempre suoi anche i virgolettati a seguire.

Un’altra rivoluzione che ci attende al varco è quella a livello individuale, come discendenti molto sviluppati mentalmente e, a causa dell’impatto tecnologico, menomati di tante capacità sensoriali, contemplative e creative, oltre che di prestanza fisica. Lo stile di vita attuale ci spinge alle prove generali del ‘noncorpo’, ossia quell’attitudine crescente tutta centrata su comunicazioni mediate da tecnologie e bip smaterializzati, centrati solo su pensieri e velocità”. Un progresso esasperato ci sta abituando ad una governance virtuale, intangibile, e adun’intelligenza artificiale che pervade la nostra esistenza in modo esponenziale.Ma il richiamo del corpo è solerte, col suo portato ingombrante, incarnato, emotivo, naturale”.

Ogni singola persona deve fare i conti con i propri impulsi: se aumenta la consapevolezza nei confronti dei propri difetti comportamentali e dei codici comunicativi non-verbali che interferiscono sulla qualità dell’ascolto, riusciamo a comunicare meglio quello che siamo. “In fondo lo facciamo anche quando crediamo di non comunicar nulla, anche quando nel passaggio fra emittente e ricevente il messaggio perde il suo significato originario (vedi alla voce ‘malinteso’) perché ciascuno ha il suo filtro per leggere e interpretare il mondo.”

Stare assieme agli altri non è sempre facile… Ma come creare un’armonia di gruppo? A questo argomento verranno dedicate le due prossime puntate, a presto!

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