La notizia sembra essere passata un po’ in sordina: non che non ne abbiano parlato tutti i media, ma la grande novità del primo vertice internazionale sull’energia nucleare non sembra aver catturato l’attenzione più del minimo sindacale. Nessun talk show di approfondimento, nessuno speciale dedicato. Eppure per la prima volta a Bruxelles, circa trenta Paesi riuniti in un vertice organizzato dal Belgio e dall’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, hanno deciso di triplicare la capacità di produzione nucleare entro il 2050 per soddisfare le esigenze della transizione energetica.

Detta così sembra suonare anche bene. Ma è tutt’altro.

Insomma nessun annuncio eclatante, eppure questa riunione, che è stata l’incontro di più alto livello mai realizzato sul tema dell’energia nucleare, segna il rilancio del nucleare e condiziona il nostro prossimo futuro. Non è bastata la più devastante sciagura nucleare della storia, quella dello stabilimento nucleare di Chernobyl del 1986, dove la fuoriuscita di radiazioni sparse in tutta Europa causò la morte di 31 persone subito, e di migliaia di persone in seguito, per gli effetti delle radiazioni. Non sono bastati i disastri della centrale nucleare di Fukushima in Giappone del 2011 e neanche le paure intorno alla centrale nucleare di Zaporižžja in Ucraina, colpita durante il conflitto russo-ucraino nella notte tra il 3 e 4 marzo 2022.

Il nucleare è sicuro… abbastanza!?

A Bruxelles si è deciso che il nucleare è sicuro, sufficientemente sicuro, abbastanza sicuro. Ma gli avverbi abbastanza e sufficiente non sono certo rassicuranti perché lasciano un margine di incertezza. E già da soli basterebbero per rinunciare a questo folle progetto per il principio di precauzione, che costituisce indubbiamente uno dei cardini del Diritto Ambientale contemporaneo e secondo il quale bisogna adottare misure cautelative in presenza di situazioni di incertezza scientifica. Insomma un principio che ci dice quale è il livello massimo di accettabilità del rischio. 

Ma al primo vertice internazionale sull’energia nucleare si è anche deciso che il nucleare è addirittura parte della risposta all’emergenza climatica. E questo è davvero un paradosso. Già perché l’energia nucleare non è affatto un’energia rinnovabile, ma anzi consuma uranio, un minerale radioattivo presente naturalmente nel sottosuolo terrestre, e anche se durante la fase di fissione del combustibile nel reattore nucleare non viene rilasciata CO2, è tutto il processo nel suo insieme che diventa fortemente energivoro, dall’estrazione del minerale alla costruzione delle centrali in cemento e acciaio, dallo smantellamento degli impianti che giungono a fine vita fino alla gestione delle scorie. Ma i partecipanti al vertice sostengono che l’energia nucleare, pur non essendo rinnovabile, emette pochi gas serra, e quindi può essere complementare all’energia solare o eolica.

Dunque siamo in mano a una politica che guarda all’oggi e non riesce ad allungare il suo sguardo oltre la punta del proprio naso.

Ma quanto costa una centrale atomica?

La costruzione di nuove centrali nucleari è costosa, anche molto costosa. Ed è stata proprio questa una delle tematiche sollevate al primo vertice internazionale sull’energia nucleare, cioè come finanziare le nuove centrali.

L’IAEA, ovvero l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, insieme ad altri partecipanti come il Belgio e la Francia, hanno chiesto che siano le banche pubbliche internazionali a prestare denaro, in futuro, a quei Paesi che vorranno costruire reattori nucleari.

Naturalmente questo ha scatenato le reazioni di tutte le associazioni ambientaliste antinucleari, che hanno manifestato in piazza per chiedere che i soldi destinati al nucleare vadano invece alle energie rinnovabili.

Greenpeace stima che per raggiungere l’obiettivo di triplicare la capacità nucleare globale entro il 2050 sarebbe necessario costruire 70 reattori all’anno tra il 2040 e il 2050. In realtà, a livello globale, tra il 2020 e il 2023 sono stati collegati alla rete elettrica appena 21 reattori, mentre 24 sono stati spenti. Dunque un progetto che sembra procedere a passo di gambero.

La dichiarazione congiunta contro il nucleare

E’ per questo che è stata firmata e pubblicata una dichiarazione congiunta da parte di oltre 600 organizzazioni in tutto il mondo per invitare i governi a non sprecare altro tempo e a non sottrarre risorse economiche a soluzioni climatiche reali in favore della lobby del nucleare.

Le favole nucleari dell’AIEA, come sono state definite nella dichiarazione congiunta, stanno portando le nazioni – e tutti noi – verso la catastrofe climatica.

Inoltre c’è da riflettere sulle limitate disponibilità di uranio, minerale che è presente solo in alcuni territori del pianeta: Kazakistan, Canada e Australia forniscono il 65% della produzione globale. Altre miniere di uranio sono presenti in Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan e Stati Uniti. E le miniere sono controllate solo da una decina di multinazionali. Questo significa che la scelta di triplicare la produzione di nucleare espone le nazioni al ricatto economico di poche grandi aziende, con il rischio di creare un potente oligopolio.

In tutto questo c’è un aspetto inquietante di cui si preferisce non parlare per non allarmare la popolazione: il legame tra impianti nucleari a scopi pacifici ed armi nucleari.

E’ il fisico Enrico Turrini che mette in luce questo occulto aspetto del nucleare, attraverso i suoi approfonditi studi sul tema. Enrico Turrini, membro del comitato scientifico dell’Università internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace e presidente della Camera dei ricorsi di Fisica II dell’Ufficio europeo dei brevetti di Monaco di Baviera, è uno che in Italia ha sempre fatto paura a tutte le multinazionali del nucleare, per il suo modo di dire tutto, nero su bianco, senza remore.

E la sua battaglia contro il nucleare inizia da lontano quando, nel 1987, gli italiani dissero no al nucleare con un referendum. E’ dello stesso anno infatti questa sua pubblicazione che oggi torna più attuale che mai, perché in essa Enrico Turrini spiega in breve quanto sia sbagliata la soluzione nucleare rispetto all’opportunità delle risorse energetiche naturali e quanto sia pericoloso il legame tra centrali nucleari e bombe atomiche.

Il nucleare è una minaccia senza scampo

Le recenti crisi internazionali e il sempre più incombente rischio di una terza guerra mondiale mettono in luce tutti i rischi del nucleare in termini di arma in grado di portare alla quasi completa distruzione dell’umanità. Ed è proprio su questo aspetto che il fisico Enrico Turrini mette l’accento. Ecco, punto per punto, tutte le ragioni per dire no al nucleare civile, anticamera di quello militare.

  1. Enrico Turrini sostiene che la scelta del nucleare per produrre energia provoca un accentramento del potere e una limitazione delle nostre libertà per ragioni di sicurezza. Basti pensare al fatto che i sistemi di addestramento e controllo del personale degli impianti nucleari civili sono analoghi a quelli dei depositi di armi nucleari.
  2. Inoltre aumenta il rischio di catastrofi dovute a guasti o errori operativi di dimensioni nuove nello spazio e nel tempo. Cernobyl è solo un piccolissimo esempio di ciò che potrebbe succedere in futuro.
  3. In caso di sabotaggi ci sarebbe la liberazione di grandi quantitativi di radioattività, a cui si aggiunge il rischio che una guerra convenzionale in un Paese con centrali elettronucleari può trasformarsi in guerra nucleare.
  4. Rimane il problema irrisolto delle scorie radioattive: triplicando la capacità di produzione nucleare entro il 2050, ne verrebbero prodotte decine di migliaia di tonnellate all’anno, che resterebbero radioattive per centinaia di anni, a cui si aggiungerebbero centinaia di tonnellate di plutonio altamente tossico.
  5. Infine sarebbe inevitabile la proliferazione di armi nucleari, perché il combustibile nelle stazioni di arricchimento e le scorie, dopo adeguato ri-processamento, possono essere utilizzati per costruire armi nucleari. Paesi come Brasile, Argentina, Sud Africa, India, Pakistan hanno potuto avviare la costruzione di bombe atomiche proprio grazie al knowhow per realizzare i reattori di potenza fornito dai Paesi industrializzati.

Ecco perché l’alternativa al nucleare in campo energetico è non solo possibile, attraverso energie veramente rinnovabili, ma necessaria e indispensabile per salvaguardare la pace sul pianeta. Ed ecco perché questo primo vertice internazionale sull’energia nucleare ci deve spaventare e mettere in allarme, perché è un primo passo verso una strada senza sbocchi.

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