Scopro il nome della scrittrice Daisy Johnson la scorsa estate. La più giovane scrittrice nella storia finalista del prestigioso Man Booker Prize. Mi entusiasmo in una frazione di secondo.

Daisy Johnson è nata nel 1990, vive a Oxford. Nel 2018 pubblica Everything Under (Jonathan Cape), consacrandosi come nuova voce della letteratura contemporanea britannica. Nel 2020 pubblica Sisters (Jonathan Cape).

A questo punto dentro di me si rompe una sacca segreta e carnosa di sangue, la sacca del desiderio, e il suo contenuto mi dilaga. Quel sangue estraneo si mescola al mio e mi comanda: leggere il primo romanzo di Daisy Johnson.

Primi approcci fisici con il libro
mentre la sacca carnosa si rigenera

Everything Under è stato pubblicato in Italia da Fazi nel 2019 con il titolo Nel profondo, traduzione di Stefano Tummolini. Lo ricevo per il compleanno come regalo pilotato.

Finalmente il romanzo è mio, dunque. La sacca carnosa di sangue pulsa ancora, però comincia a rigenerarsi dai suoi stessi brandelli. I desideri sopravvivono così, tramite meccanismi chirurgici interni fatti di cellule e vene. Seguono una logica paradossale secondo cui il sangue uccide e salva allo stesso modo.

Il peso del libro è gradevole; sono 274 pagine, né troppo corto, né troppo lungo. Perfetto per leggerlo a letto tenendolo sulla pancia; oppure perfetto per tenerlo con 3 dita mentre cammino per casa e non guardo dove vado (tanto dove dovrei andare? La casa è sempre la stessa, non posso sbagliare – a meno che mia madre non allestisca lo stendino con i panni ad asciugare proprio in corridoio e io non lo travolga).

I capitoli non seguono un ordine cronologico, ma è comunque facile entrare nel flusso di questo tempo. La lettura comincia a correre, no, a scorrere. È una storia liquida, mutabile, prende qualsiasi forma e stato fisico, non può avere niente di rigido come le ossa per correre. È una storia che non si spezza, cambia solamente.

Una storia liquida

La madre di Gretel è scomparsa 16 anni fa senza lasciare nessuna traccia. Gretel oggi è un’adulta che vive sola, con un buon lavoro, ma la sua caccia alla madre non è mai terminata. Quando finalmente la ritrova, davanti a sé vede una donna invecchiata e confusa, afflitta da Alzheimer. Sarà difficile districare i ricordi e le immaginazioni della madre: la verità dai segreti, dalle bugie, dagli incubi, per tracciare finalmente la storia del passato e capire cosa è successo quando vivevano sul fiume.

Tutto quello di cui abbiamo paura

Ho letto Nel profondo in 2 giorni, non riuscivo a uscire dalla storia. Per 2 giorni, quindi, mi sono trasformata in una sagoma respirante agli occhi degli altri, sempre con la testa calata sulle pagine. Mi sono portata il libro in tutte le stanze della casa. Continuavo a leggere anche mentre mi lavavo i denti, avrò macchiato di dentifricio qualche pagina. Il libro si abbina bene all’acqua, leggevo e sentivo scorrere il rubinetto, sentivo il fiume.

Ero fuori dalla realtà, mi sentivo protetta. Ma è solo un inganno credere di tenere le due dimensioni separate: realtà-libro e realtà-realtà. Il libro, infatti, superava il confine delle pagine e si scriveva fuori continuamente. Cambiava la mia percezione delle cose, la infettava, l’aumentava, la riempiva di nuovi incubi: il Bonak.

Prima di venire abbandonata, Gretel è nata e cresciuta con sua madre su un fiume, la loro casa era una barca. Vivevano da sole, senza contatti con il mondo della terraferma. Negli anni avevano inventano un linguaggio tutto loro per comunicare, come la parola Bonak.

Bonak è il nome della creatura mostruosa che vive nel fiume, e anche la parola che indica tutto quello di cui abbiamo paura. La vita sulla barca, il microcosmo linguistico di Gretel e la madre, cambia per sempre, quando un giorno arriva uno strano ragazzo, che dice di chiamarsi Maurice.

Dentro il fiume, dentro la gola

In quei giorni, mentre le pagine del libro si gonfiavano fra le mie mani, mentre aggiungevo nuovi graffi alla copertina, il fiume, il Bonak e Maurice erano ovunque nella realtà-realtà. Nella macchia di umidità sul soffitto della mia stanza, in fondo a una traversa stretta dietro casa, dentro la sua gola, il Bonak, sempre. E dietro il Bonak, Maurice e la sua voce che mi confonde.

«Sei davvero tu? Perché non me l’hai detto prima?»
«Te lo sto dicendo adesso.»
«Non credo a niente di quello che dici.»
«Allora prima o adesso, che cambia?»

Maurice che mi lecca il collo, che fa una cosa normale come quelle che fanno tutti ma ha la testa e la lingua diversa, è tutto normale ma è anche troppo diverso. E bisogna fare in fretta prima di accorgersi della differenza.

È una questione anatomica: la testa, la lingua, la bocca, è più piccola rispetto a quella di un uomo, «quindi tra di noi deve essere sbagliato per forza». Le cose piccole devono andare con quelle grandi, femmina con maschio, altrimenti non si incastrano, fanno solo scintille, ma di quelle inutili, tutta scena. «Si è messo a sfregare i pugni tra di loro, rideva e mi diceva: “Potete fare solo scintille”. L’ho odiato, ma poi ripeteva che stava solo scherzando».

Maurice è così uguale a me, dev’essere per quel tono strano nella voce. Certe volte penso che la faccia di proposito quella voce, per farmi fare tutto ciò che vuole. Certe volte la sento anche quando ha la bocca chiusa.

«Ti ricordi quando la nonna ti chiedeva se fossi maschio o femmina?»
«No. E comunque non capiva più niente con la vecchiaia.»
«Stai ancora mentendo».

Maurice torna ancora oggi, dopo mesi dalla lettura. Così come il fiume, che infetta tutto quello che tocca. Il fiume è una malattia; e nascosto dentro c’è il Bonak, che mi ricorda di avere sempre paura.

Post scriptum

Consiglio Nel profondo di Daisy Johnson a chi vuole leggere una storia originale, misteriosa e indimenticabile. Una storia aggressiva, sensuale, umida di alghe e di poesia, che ti scorre dentro.

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